Finì: se questo è il clima niente riforme di Antonella Rampino

Finì: se questo è il clima niente riforme PREVALGONO LE POSIZIONI DI BANDIERA. IL VICEPREMIER: LA SINISTRA CI LEGITTIMA SOLO SE STIAMO ALL'OPPOSIZIONE Finì: se questo è il clima niente riforme Chiuso il dibattito al Senato. Follini: argomenti decotti Antonella Rampino ROMA Con le elezioni amministrative alle viste, riprendere il filo delle riforme istituzionah, «uno stracotto, che cuoce da dieci anni» per dirla con il centrista Marco Follini, forse non sarà la fatica di Sisifo, ma quasi. La difficoltà è ben presente al presidente del Senato Marcello Pera, che ha fortemente voluto la due giorni di libero dibattito in Senato sull'annoso tema, nonostante la partenza sia sotto i massimi auspici del Colle (contatti frequenti tra Ciampi e Pera, visite dei consiglieri politici al Colle solo per stare alle ' ultime ventiquattr'ore) e il cammino idealmente già tracciato. «Procede la riforma del regolamento del Senato in una commissione creata ad hoc, e parallelamente quella della forma di govemo alla Affari costituzionali» ha dichiarato lo stesso Pera. Il che significa riunioni settimanali per costruire la convergenza sul premierato, per arrivare poi a un'accelerazione finale. Ma intanto ieri, pur in una discussione d'Aula che ha registrato cinquanta interventi, sono stati ben chiari da un lato i punti di avvicinamento, e dall'altro le reciproche distanze. Pera, nell'intervento conclusivo, s'è detto soddisfatto, per via del «pessimismo della ragione», un modo per sottolineare come nessuno si faccia ott«nistiche illusioni, ma anche per marcare la «ragione», la necessità delle riforme, invocata peraltro all'unispno in Aula. Pera ha anche risposto a Giulio Andreotti, allarmato dalla «leucemia parlamentare» che «invece questo di¬ battito è stato vivace, il Senato è ben vivo». Perché per esempio, pur rivendicando le ragioni del semipresidenzialismo («In Francia c'è l'antidoto contro i ribaltoni che l'articolo 88 della nostra Costituzione ancora prevede»), il finiano Nania ha rispezzato una lancia in favore del premierato. Incastonandola in un discorso nel quale ricordava che «noi, se dovesse vincere il centrosinistra le elezioni, ne riconosceremmo automaticamente la legittimità»: ragionamento speculare a quello che in altra sede pronunciava Gianfranco Fini, «la sinistra ci riconosce il ruolo di avversario e non di nemico solo se stiamo all'opposizione, se è così non è clima da riforme». E se il clima non fosse adatto al dialogo, è tornato a dire Fini, allora c'è «sempre l'articolo 138», come dire le riforme a maggioran¬ za. Per non dire poi di Bossi. Reduce da un colloquio col presidente del Senato che ne aveva colto la disponibilità, il ministro per le Rifoime s'è presentato al Senato con un discorso in mano, ha spianato anche lui la strada delle riforme, ha strizzato l'occhio al premierato, ma poi, alla fine, ha sollevato gli occhi dal foglietto e ha detto «la devolution non si discute». E così, immediata alzata di scudi del diessino Angius, «non fanno neanche un passo in avanti». Angius, che aveva appena terminato il suo intervento derubricando da «indispensabile» a «contestuale» l'eventuale riforma del conflitto d'interessi che per l'Ulivo è prerequisito di an dialogo. Posizioni di bandiera, certo, dall'una e dall'altra parte, quando alle viste ci sono le elezioni amministrative. Ma il guaio è che lungo il percorso già tracciato, ovvero la convergenza in commissione di due testi sul premiereato, quella del forzista Malan e quella del diessino Tonini, c'è uno scoglio «ulivista». La novità di ieri è che Giuliano Amato ha firmato la proposta Tonini, prendendo pubDlica ed autorevole posizione. Ma Amato, nelle settimane scorse, non aveva rifiutato all'amico Franco Bassanini di metter mano, assieme, a una forma di «modello Westmister». Proposta di legge pronta, controfirmata tra gli altri anche da Nicola Mancino. Ma proposta ben lontana dalla Tonini, tanto che sembra fatta apposta per alzare il fuoco di sbarramento al dialogo. Verrà presentata ufficialmente stamattina, ma Bassanini anticipa che «è l'autentica inter- pretazione dei 12 punti fissati in materia dall'ultimo documento di coalizione». Il nodo è il potere di scioglimento al premier: il documento dell'Ulivo apriva alla possibilità di realizzarlo in accordo col capo dello Stato. Il ddl Bassanini invece, oltre a definire ineleggibile «chi detiene mezzi di comunicazione di massa» e a non prevedere l'indicazione del premier sulla scheda elettorale, rafforza i poteri con l'istituto della sfiducia costruttiva. Il che, per l'attuale maggioranza, è come fumo negli occhi. Per questo Angius minimizza, «è una proposta di legge, ce ne sono anche altre, e siamo solo all'inizio. Si tratterà, poi, di armonizzarle». II segretario dell'Udc Marco Follini

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