Nuovi reazionari il partito italiano di Angelo D'orsi

Nuovi reazionari il partito italiano DOPO LE POLEMICHE A PARIGI PER IL PAMPHLET «RICHIAMO ALL'ORDINE», DA NOI LINDENBERG DI CHI AVREBBE PARLATO? Nuovi reazionari il partito italiano Dagli ex stalinisti diventati filo-Usa agli ex lontacontinuisti filo-Sharon agli arrabbiati del neo-moderatismo Angelo d'Orsi LA storia della cultura politica francese è zeppa di esempi di piccoli libri, anonimi o firmati, spesso destinati a far storia: i pamphlets. L'ultimo ad aver agitato il dibattito d'Oltralpe, eccitando la replica stizzita tanto di coloro che vi compaiono quanto degli esclusi, defraudati di un po' di pubblicità gratuita, è quello di Daniel Lindenberg, Le rappel à l'ordre. Molte delle idee sparse nelle novanta paginette (Seuil/La République des Idées), circolano abbondantemente sulla scena da tempo: che sia questo il nuovo fantasma che si aggira per l'Europa? In effetti, la più parte dei «nouveaux réactionnairs» (o «nouveaux reac», per i francesi, affetti dalla mania delle abbreviazioni), cui Lindenberg dedica la sua analisi, un po' sommaria e spesso discutibile, ma che non di rado coglie nel segno, finiscono per incarnare quasi degli idealtipi che dunque possono trovare una trasposizione in altri contesti. Secondo Lindenberg i «nuovi reazionari» sono filiazione di alcune precise idee-madre: il tradimento del Maggio '68, da parte di ex gauchistes; l'adesione a una piatta ideologia americana; la trasformazione del glorioso filone franco-giudaico, portatore di progresso nell'Ottocento, in un acritico sostegno alla politica dello Stato d'Israele, quale che essa sia; un liberalismo tanto conclamato quanto fasullo, al punto da essere diventato un vero e proprio illiberalismo, malgrado i continui e capziosi richiami a Tocqueville; l'antiegualitarismo, e più in generale una serpeggiante idea di ricupero di privilegi e di gerarchie, di disprezzo aristocraticistico per la massa, all'interno di una sottile, pervasiva critica della democrazia, che tende a ridurne via via il significato; un pericoloso populismo, con un ricupero di parole d'ordine storiche della destra estrema, come il contrasto tra paese reale e paese legale e la contrapposizione di un «popolo» buono a una politica cattiva; un modernismo reazionario, che tenta di coniugare innovazione e ricupero di istanze biecamente tradizionalistiche; la crociata antislamica; l'istanza riaffiorante della difesa di una identità, ossia di qualcosa che assomiglierebbe a una «purezza» regionale, nazionale, occidentale... In Italia, se volessimo scrivere un libretto analogo come riempiremmo le singole caselle? Chi sono, insomma, da noi i nuovi «réac» e che cosa vogliono? In che cosa consiste il loro «richiamo all'ordine»? Il gioco può essere rischioso, ma provo lo stesso, ad azzardare qualche colpo. In primo luogo, bisogna partire dal «partito amerikano», gli oltranzisti del sostegno alla democrazia a stelle e strisce, una bandiera in cui insospettabili critici statunitensi videro, molto anni fa, in luogo delle stelle, dei teschi. Quanti si sono avvolti in quella bandiera lo scorso anno (caso unico: una manifestazione prò guerra!), sono spesso gli stessi che hanno indossato le t-shirt con la stella di Davide azzurra: non una sacrosanta difesa del diritto degli Ebrei, ma un'acritica esaltazione della stolta politica di Sharon: i nomi sono tanti, dall'ex stalinista Giuliano Fer¬ rara a Massimo Teodori (e con lui tutto quello che tristemente è rimasto del fu Partito Radicale, in passato bacino di formazione di cultura di pace, divenuto una sentinella avanzata del blocco reazionario e guerraiolo transnazionale), fino a Gad Lerner, che cerca di smarcarsi dall'antica militanza lottacontinuista: anche separato da Ferrara ne è rimasto, diciamo così, sedotto e conquistato. Da tutti costoro, naturalmente appena qualcuno levi la voce a condannare Bush o Sharon giunge implacabile (si veda la «requisitoria» di Lerner contro Asor Rosa, in tv), il «dalli all'untore!»: «amico di Al-Qaeda!», «antisemita!», «filoterrorista!»...Ma ci sono anche gli ex sinistri moderati diventati gli arrabbiati del moderatismo, coniugato in chiave di modernizzazione, tutti cultori del nuovo «riformismo», sempre più prossimo a quello elaborato dallo staff di Arcore, non foss'altro per l'ostilità che manifestano verso «una certa» sinistra: dal politologo Gianfranco Pasquino al giornalista Antonio Polito, a loro volta succubi del pervasivo filone dei «liberali alle vongole» (come furono definiti, memorabilmente da Eugenio Scalfari), peraltro vastissimo. Su posizioni più a sé, Ernesto Galli della Loggia, che trova interlocutori preziosi in costoro e su altro versante nei «modernizzatori» liberali, sempre però schierato sulla linea «realistica» della tutela dei «valori occidentali», petrolio compreso, ma anche di un aristocraticismo snobistico che guarda con sfavore a quel che può indicare massa e suoi annessi. Sono massa anche i poveracci che uccidiamo con l'embargo e con le bombe, o no, caro Ernesto? Molti di costoro appaiono troppo spesso dimentichi di quel che Croce diceva: nel contrasto tra libertà in senso economico e libertà etica, è la seconda che deve prevalere. Che vengano da versanti filosofici come Antiseri, Mathieu, Matteucci; politologico come Panebianco, Urbani, Parsi; economico (Ricossa, per esempio), la musica è la stessa, cambiano solo gli strumenti; chi preferisce citare Popper, chi Hayek, chi un Machiavelli in salsa forzitaliota. Taluni, anche quando si dichiarino laici, sono attratti dal riemergente tradizionalismo e addirittura da qualche forma di fondamentalismo cattolico (si veda l'Excalibur televisivo, o l'imperversare del già cattosocialista, già craxiano e ora berlusconiano di ferro, «don» Baget Bozzo), o proclamandosi «democratici», cominciano sempre più a piegare Tocqueville verso Cari Schmitt. Conclusione? Una nuova «avanguardia regressiva», in tutta Europa, avanza e fa proseliti, sorretta direttamente o indirettamente dalle politiche delle destre al potere. Che può o deve fare la sinistra? Su quale fronte dovrebbero muoversi gli intellettuali che continuano a militare nella «gauche»? Non bastano i pamphlet alla Lindenberg. Occorre opporre, pazientemente, idee a idee, lavorando alla ricerca e alla circolazione di una verità che si fondii sui fatti,,sui dati, sulle conoscenze, non sulla propaganda, l'ingiuria, l'esclusione. La morale, anche in questo caso, rimane quella di Rosa Luxemburg: «C'è tanto da fare, ma soprattutto tanto da studiare». Uno studioso degli intellettuali prova a leggere la nostra situazione in chiave francese: «Il gioco è rischioso ma si può azzardare qualche colpo» Giuliano Ferrara Massimo Teodori Gad temer Gianfranco Pasquino Antonio Polito Ernesto Galli della Loggia Ci sono gli ex sinistri sostenitori di Bush e quelli rivelatisi cultori di un riformismo sempre più prossimo ai vertici della destra Su posizioni più a sé Galli della Loggia

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