Garrincha, la finta che spiazzò il mondo

Garrincha, la finta che spiazzò il mondo IL 20 GENNAIO DEL 1983 MORIVA A RIO DE JANEIRO, IN SOLITUDINE, L'ALA PIÙ' ALA DI TUTTI I TEMPI, UN GIOCATORE CHE HA SCRITTO LA STORIA DEL CALCIO M * Garrincha, la finta che spiazzò il mondo Due Rimet, tante donne, troppo alcol: un romanzo Garrindia: campione del Mondo con il Brasile nel 1958 e nel 1962.41 presenze in Nazionalee una sola sconfitta personaggio Roberto Beccantìni SULLE «ali» della fantasia, si scriveva una volta, quando il calcio componeva poesie e il dribbling era la sua penna. Il 20 gennaio del 1983 moriva Garrincha. Che di quel calcio e di quel ruolo, l'ala destra, fu sommo ed esclusivo interprete. Manuel Francisco Dos Santos, campione del Mondo con il Brasile nel 1958 e nel 1962, 41 presenze in Nazionale e una sola sconfitta. La risposta «maledetta» all'ordine artistico di Pelè. Figlio di un operaio lessile, a spulciare l'archivio. Personaggio da Jorge Amado, a rileggerne la vita e la carriera, folgorante questa, dissoluta quella. Puro romanzo, dalla trama incalzante e spiazzante come la sua finta di corpo. Garrincha. Letteralmente, piccolo uccello tropicale dalla testa grossa. L'idea venne a uno dei fratelli. Nacque il 23 ottobre del 1933 nella foresta di Pau Grande, alla periferia di Rio, joliomelite e povertà, una gamja più corta dell'altra: il padre le legò, gracili e malferme com'erano, ai pedali di un triciclo. Comincia a camminare a otto anni; a quindici si sposa e, di botto, sono sette figlie. In totale, le mogli saranno cinque, per tredici figli «ufficiali», e chissà quanti «ufficiosi» (uno anche da una tifosa svedese, rimorchiata durante i Mondiali). L'incipit sportivo è un calvario. Vasco da Gama, America e Fluminense lo scartano: ragazzo, non hai il fisico. Succede. Al Botafogo, viceversa, passa l'esame di Nilton Santos, terzino fra i più celebri, non a caso ribattezzato «A Enciclopedia», e viene arruolato. Maglia numero sette: tre «scudetti» di Rio, due Coppe Rimet, la fama e non più la fame. Garrincha non si risparmia nulla, in campo e fuori. Soprattutto fuori. In Svezia, nel 1958, accompagna e favorisce l'ascesa di Pelè; quattro anni dopo, in Cile, Pelè s'infortuna e lui. Mane, vince praticamente da solo. Vero, sempre: anche troppo. E «finto» solo per vocazione stilistica. Quel suo subdolo e micidiale ancheggiare, Gianni Brera ne rimase impressionato: «Fingeva di avviarsi con il piede sinistro; scambiava rabbiosamente il sinistro con il destro evitando il tackle avversario, poi comodamente avanzava per il cross... Il passaggio di Garrincha era così invitante che chiunque sarebbe riuscito a trasformarlo in gol». Analfabeta e istintivo, lontano dal perbenismo di Pelè, divise il Brasile: il bello o la bestia? Chi lo marcava, ne usciva pazzo. Pazzo, come Garrincha per le soltane. S'innamora perdutamente di Elsa Soares, regina del samba, scappa con lei: naturalmente la sposa, naturalmente la mette incinta. Era così. Mane Garrincha: fuggiva chi lo braccava, braccava chi lo fuggiva. Quando finiva lo spettacolo. Elsa lo invitava sul palco, un po' clown e un po' cagnolino, e la gente gli dedicava applausi forti ma strani, alla memoria più che alla presenza. Sotto la finta, troppo. Piano piano, Garrincha si butta via. Anche Elsa esce dalla sua vita. non prima di essersi scagliata contro il doping, «l'hanno rovinalo quelle luride iniezioni che gli facevano al ginocchio, per costringerlo a giocare anche quando non poteva». Improvvisamente, eccolo a Brindisi, estemporaneo «domatore» di ragazzi. Mangia, beve, si gonfia, il fegato a pezzi. La Federazione brasiliana, mossa a pietà, gli offre una sorla di vitalizio. Ogni volta che lo ricoverano, dribbla gli infermieri e se la svigna. Il «passerotto» non vola più. Annaspa, fa la vecchia gloria, fischiato, deriso, evitalo. Muore, quasi cinquantenne, in una camera dell'ospedale neurologico Allo Boavista di Rio. Vent'anni oggi. Fra coloro che hanno cercato di imitarne gli eccessi, di talento e di talamo, soltanto George Best ci è andato vicino. Vinicius de Moraes non ha mai nascosto il suo tifo: «Il calcio, come la letteratura, se lien praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un goal di Garrincha è un momento eterno. Non lo dimentica nessuno». Proprio così: nessuno.

Luoghi citati: Ala, America, Brasile, Brindisi, Cile, Rio De Janeiro, Svezia