L'urlo dì Rocca: ho rotto il ghiaccio

L'urlo dì Rocca: ho rotto il ghiaccio POTEVA DIVENTARE L'EREDE DI TOMBA MA INFORTUNI IN SERIE LO HANNO FRENATO: IERI HA VINTO LO SLALOM DI WENGEN j *4 | L'urlo dì Rocca: ho rotto il ghiaccio Dopo una lunga odissea, il primo successo dell'azzurro in Coppa Stefano Semeraro E' piombato sul traguardo urlando come una bomba che fischia sentendo il bersaglio. Lui ha sentito il boato dei suoi tifosi e non ha neppure guardato il tabellone, ha capito: boom, eccola, la prima vittoria in Coppa del Mondo. Lungamente attesa. Anche se la combinata è finita ad Aamodt, anche se in testa alla classifica di Coppa è tornato Bode Miller, lo slalom di Wengen è suo. Di Giorgio Rocca, 27 anni, nato a Coirà, nel Cantone dei Grigioni, in Svizzera, dove la madre faceva l'infermiera. Ma cresciuto a Livigno, dove il babbo lavorava come portinaio, e ma- turato fra gli infortuni, la tanta voglia di arrivare e l'ombra lunga, densa come colla, di Alberto Tomba. Gioirlo che che adesso può dire, con la legge- rezza del dopo: «Sapevo che prima o poi sarebbe successo, che avrei vinto anch'io una gara: finalmente ho rotto il ghiaccio». Rocca l'ha scoperto Deborah Compagnoni, che dieci anni fa diceva di lui; «C'è un ragazzo delle mie parti che scia da Dio, in gigante mi dà la paga, vedrete che farà strada». E tutti subito a sognare, gustandosi con gli occhi la sua sciata potente e naturale, il fisico esplosivo, alla Tomba. Tutti a pensare ad alta voce: è lui il piccolo Budda, la precoce reincarnazione di Albertone. Giorgio il socievole, il solare, l'amante della compagnia, dei rossi da tavola piemontesi, allora chiudeva l'audio, si isolava. Per riguardarsi una manche al videotape, per fare jogging, meglio non caricarsi di sguardi e di altre voci, di troppe attese. Meglio meditare, anche per scacciare il ricordo dei tanti infortuni inforcati dolorosamente. Il primo a Flachau, nel '96, con il ginocchio destro che gli esplode (legamento crociato anteriore, collaterale anteriore e menisco esterno) nella gara d'esordio in Coppa del mondo. Il podio di Coppa Rocca lo assaggiò due anni dopo a Kitzbuhel, insieme al retrogusto dolciastro dei paragoni rinnovati con Tomba; quello dei Mondiali lo fallì a Vail, quarto a un niente dalla medaglia. Nel dicembre '99 un altro guaio serio al ginocchio, il sinistro questa volta, durante lo slalom di Capodanno al Sestriere, un altro anno di anticamera e di riabihtazioni. Nella stagione prima delle Olimpiadi yankee Rocca aveva ricominciato la marcia d'avvicinamento; due secondi posti ad Aspen e a Campiglio, messi al macero da un nuovo infortunio, questa volta ai legamenti della caviglia sinistra, e da nuovi bisturi. A Salt Lake City, poi, una maledetta uscita, e al Sestriere un maledetto centesimo fra lui e Kostelic, il vincitutto. Molta sfortuna, insomma, e qualche volta poco talento - lui che di talento è ricolmo, che viene addirittura filmato dai tecnici stranieri che vogliono studiarne al ralenti lo stile purissimo -, poca convinzione nel cercarsi il guizzo giusto in pista. Ma Rocca quanto a motivazioni non è mai uscito dalla linea ideale, neppure quando si è trattato di navigare dentro il groviglio delle occasioni perse. Insieme a Roberto Manzoni, l'expreparatore della Compagnoni che lo segue da quattro anni («Roberto mi ha cambiato la vita») ha ripreso ad allenar¬ si, in compagnia anche di Karen Putzer. Insieme con la moglie Tanja, avvocatessa, sposata l'anno scorso, si è trasferito ad Asti. Ha cambiato aria e ambiente, completando l'evoluzione tecnica - il non facile adattamento agli sci corti, da un metro e 55 appena - e quella fisica. Ricavandone una muscolatura armoniosa come uno dei legni che ama intagliare seguendo un hobby davvero fuori stagione, per un giovane come lui. Giorgio, alla prima uscita comune di allenamento, all'Isola D'Elba, fu capace di stupire Roberto Manzoni, che la sera lo cercava per discoteche e lo trovò invece al porto, 0 suo metro e 82 di altezza accucciato fra due pescatori, avido di storie. Ora che si è finalmente raccontato una gara da vincente, che è maturato lasciandosi con serenità alle spalle l'ombra collosa del fenomeno Tomba («Lui è stato il più forte di tutti, la mia è un'altra storia»), che è sbucato indenne dal tunnel delle disdette. Rocca è pronto per dare tutto quello che ha dentro. E che non è poco. St. Moritz in fondo, non è lontana.

Luoghi citati: Aspen, Asti, Campiglio, Livigno, Salt Lake City, Sestriere, Svizzera