PAROLAIO di Pierluigi Battista

PAROLAIO Pierluigi Battista PICCOLO MORFEO. Peccato. Davvero è un peccato che si omettano i nomi e i cognomi, che si alluda e non si dica, che si voglia far capire ma fino a un certo punto. Il direttore del Piccolo di Milano Sergio Escobar manda al Riformista un lungo articolo per smentire che il regista Luca Ronconi sia sull'orlo della rottura con quel glorioso teatro. Se la prende con i «pettegolezzi», con le «non notizie», con le «ipocrisie». A un certo punto Escobar racconta un episodio avvenuto durante la prima del Prometeo ronconiano e che ha per protagonista un signore indicato senza nome e nemmeno il cognome: «Una autorevole persona che rappresenta il fronte avanzato democratico di Milano, alle parole di Eschilo ha dormito per metà del tempo». E ancora: può essere che a questa persona non interessi nulla del Piccolo, di Ronconi, il grave è che non gli interessa nulla di Prometeo: tanto lo conosce e dorme sulla certezza che sarebbe, ora, tra i sottoscrittori di qualche appello indignato». Un'autorevole persona, per di più appartenente al «fronte democratico avanzato di Milano», si addormenta durante uno spettacolo di Ronconi, ronfa alla faccia della regia di Ronconi, russa rumorosamente malgrado l'allestimento di Ronconi, ed Escobar non ne fa neanche il nome? Urge telecamera fissa, e per il primo che si appisola siano sbarrate le porte del «fronte» ancorché «democratico». EGO. Reazioni molto diverse all'uscita del film di Roberto Faenza Prendimi l'anima che racconta i rapporti molto complicati e ambivalenti tra Sigmund Freud, Cari Gustav Jung e la paziente Sabine Spielrein. Recensendo il film sul Giornale, lo psicanalista Claudio Rise avanza molte riserve sul modo con cui il regista Faenza ha raffigurato Jung, presentato «come un collegiale alle prime armi che al primo scoprir di seno della fanciulla perde inesorabilmente la trebisonda, fino a ri- schiare di lasciarsi possedere dalla stessa sui divani dell'Opera di Zurigo». Si tratterebbe, secondo Rise, di una indebita «banalizzazione», portando pericolosamente il film alle soglie di Roberto Faenza, regista del film Prendimi l'anima che suscita reazioni molto diverse su psicoanalisi e storia dell'Urss. Luca Ronconi (nella foto in alto): un autorevole personaggio del «fronte democratico avanzato» ha dormito e russato alla prima del Prometeo «un'inutile scivolata nel torrido filone "camice bianco, paziente assatanata"». Che poi non è detto che non sia una soluzione niente male. Cinematograficamente parlando. ES. Considerazioni diverse sul film di Roberto Faenza vengono invece svolte da Alberto Crespi sull'Unità, incline a una rivisita¬ zione vagamente nostalgica degli anni dell'Unione Sovietica. Che c'entra l'Unione Sovietica con Jung e la psicanalisi? C'entra, perché nel film, scrive Crespi, una ragazza cerca le tracce di Sabina «in una Russia post-comunista dove il caos burocratico e la rimozione della storia sono ancora più praticati che nella vecchia Urss». Singolare considerazione che però si sposa con le parole di Crespi teneramente dedicate a «una delle più singolari esperienze pedagogiche di quel singolare paese che era l'Unione Sovietica leninista». Singolare dimenticanza della «rimozione della storia» che nella singolare Urss colpiva i dirigenti caduti in disgrazia, spediti nel Gulag e cancellati dalla memoria ufficiale. Singolarmente. AMEN. «La Chiesa è davvero così sessuofobica come denuncia Goffredo Fofi nell'editoriale del Messaggero?», si chiede su Avvenire Franco Garelli. La risposta apparsa sul quotidiano della Conferenza episcopale è: no, non è sessuofobica. Ma se non è sessuofobica, come mai è opinione tanto diffusa, e rilanciata da Fofi, che la Chiesa lo sia? Garelli non nega la delicatezza della questione: «i problemi non mancano, anche se in parte sono riconducibili ad un deficit di informazione e di comunicazione». Come sarebbe a dire? Un'istituzione millenaria, così sapiente e capillarmente diffusa come la Chiesa deve soffrire un «deficit di comunicazione»? Una storia lunga e gloriosa (e tormentata) ridotta alla contemporaneità assoluta del «deficit di comunicazione». Davvero non c'è più religione a questo mondo. CAMBIO. La rivista Critica Liberale, riferisce Mario Ajello sul Messaggero, considera «riformista» una «parola malata». Ma non solo: «La parola "riformista" è oggi altrettanto equivoca della parola "liberale"». Equivoco per equivoco. Critica Liberale sta cambiando nome? Critica illiberale, non sarebbe male. PAROLAIO

Luoghi citati: Milano, Russia, Unione Sovietica, Urss