Don Chisciotte, un sogno grandioso e fantastico

Don Chisciotte, un sogno grandioso e fantastico Una immagine del «Don Quichotte» di Massenet nell'allestimento di Piero Faggioni in scena al Teatro Regio Paolo Gallarati TORINO Grande successa, nel Regio gremita, con molte ovazioni alla fine del «Don Chisciotte» di Jules Massenet. L'opera è andata in scena con la garbata direzione di Patrick Foumillier e la regia di Piero Faggioni, scenografo e costumista di questo spettacolo famoso, nato a Venezia nel 1982, e ampiamente lodato da critica e pubblico. Faggioni ha studiato musica al Conservatorio: e si vede subito. La sua regia, ancora piuttosto fresca dopo vent'anni, nasce dalla partitura e la serve fedelmente nei suoi valori fondamentali: il lirismo, il sogno, l'incanto della fantastìcheria amorosa, la delicatezza e la grazia. Questo è, nella sua essenza, il «Don Chisciotte» di Massenet (1910) che rimpicciolisce il colossale personaggio di Cervantes, con tutte le sue implicazioni mitiche, antropologiche, metafisiche, in quella dimensione sentimentale e riservata che costituisce l'aspetto più tranquillizzante del gusto borghese «fin de siede». Le pagine più vere dell'opera, che non tocca l'altezza di «Manon» e «Werthen, ma rivela più sempre una mano maestra, soprattutto nell'orchestrazione e nell'armonia - mentre il declamato è piuttosto scialbo nei suoi rapporti con la parola - sono le canzoni che Don Chisciotte rivolge alle stelle e a Dulcinea (Ravel nel 1933 ne farà un capolavoro della musica modema), la preghiera con l'organo nella scena dei briganti, i preludi ai singoli atti, veramente squisiti nella loro delicatezza, specie il quarto, esotico e spagnolesco (sintesi di «Carmen» e «Aida») e il quinto, in cui Massenet coglie, in un melodizzare errabondo, l'esistenza interiore e esteriore di Don Chisciotte, ma anche un presagio di morte: tutto è piano, delicato, soffuso. La scena unica grigio-azzurra, che rappresenta una carbonaia, rispecchia bene questo clima d'illusione fantastica dove c'è poca azione e molta contemplazione: l'uso delle luci lo esalta, i fumi e le nebbie che si levano, forse con troppa abbondanza, circondano la figura dell' eroe, sul suo cavallo di legno infantile e fiero, con un polverio di riflessi. Sul palcoscenico c'è parecchia gente che guarda l'azione come in un ideale teatro nel teatro, allusione evidente all'universalità del mito incentrato sui tre protagonisti; Don Chisciotte, che Michele Pertusi rende con intensità e commozione, Sancho Panza che un caratterista provetto come Roberto de Candia incarna con la sua figura robusta e popolare, affettuosa e cordiale; Dulcinea, che Massenet fa oscillare tra una malinconica delicatezza e la sensualità di Carmen. Nella atmosfera di lirismo generale, Dulcinea introduce alcuni vivaci spunti spagnoleschi, un po' da cartolina illustrata: scatti di nacchere, ritmi ballabili, esibizioni da soubrette che Anna Caterina Antonacci, interprete elegante e bella di voce e di figura, piazza qua e là come gradevoli diversivi. Lo spettacolo li valorizza, offrendo alla partitura puntelli essenziali per reggere l'intera serata . Non avrebbe bisogno di aiuto, invece, il breve atto finale che, a parte l'indebita strombazzata conclusiva, rappresenta il nobile cavaliere mentre sprofonda nell' oblio della morte: pagina intensa, per il senso di abbandono, e per il pianto di Sancho che l'accompagna. Patrick Four- nillier l'ha diretta assai bene, mettendo ir. rilievo, qui e in altre pagine della partitura, la qualità raffinata dell'orchestrazione di Massenet: in particolare, l'idea di collegare l'immagine di Don Chisciotte a quella del violoncello, come gi aveva fatto Richard Strauss, nel uema sinfonico del 1897, lavoro trionfae e sontuoso, debordante di inventiva lirica e drammatica; l'esatto opposto del teatro riservato, pudico, e un po' sonnacdioso, di questo tardo Massenet. Nove amprimari, tra cantanti e attori completwano la compagnia che Faggioni ha aimonizzato, curando molto bene la recitazione e i movimenti di scena: bella la nevicata del terzo atto e sorprendente la battaglia dei mulini a vento, con le grandi pale che ruotano ai lati del palcoscenico. La scena è sempre molto affollala, secondo un gosto oggi un po' fuori nnoda: ma folla, movimento, danze, vivarità di azione contribuiscono in modo essenziale al successo, che si annuncia molto buono, anche per l'Orchestra del 1 Regio, che ha dato ottima prova d'eleganfa, e per il Coro, assai soffice, diretto da Claudio Marino Moretti. L'OPERA DI MASSENET ISPIRATA A CERVANTES E ANDATA IN SCENA CON SUCCESSO AL TEATRO REGIO Don Chisciotte, un sogno grandioso e fantastico Dopo venti anni lo storico allestimento di Faggioni continua a incantare il pubblico

Luoghi citati: Dulcinea, Torino, Venezia