«La tv italiana? È un inferno» «Accusa falsa e bacchettona»

«La tv italiana? È un inferno» «Accusa falsa e bacchettona» «La tv italiana? È un inferno» «Accusa falsa e bacchettona» Claudia Carucci Una profonda conoscenza della storia televisiva del nostro paese. Quattro anni trascorsi in Italia, a Parma. Un'intera giornata di festa passata in quella città, davanti alla tv. Tobias Jones, saggista inglese, autore del libro «The DarkHeart of Italy», diario impietoso dell'Italia berlusconiana, ha concentrato tre elementi e ne ha fatto benzina per un suo articolo di fuoco pubblicato ieri sul «Financial Times», il quotidiano economico londinese. Bersaglio dell'attacco, feroce, ma sostenuto in ogni parte da intelligenti osservazioni, i programmi televisivi delle reti Mediaset e Rai. «Il mio inferno televisivo italiano», è il titolo che troneggia su un pezzo a cinque colonne nel quale il critico britannico descrive la nostra tv come un contenitore di volgarità dove impazzano canzoni, giochi a quiz, ma soprattutto donne seminude. «Metto su Raiuno e trovo "Domenica In" - scrive -, una trasmissione che dura sei ore. Dopo cinque minuti mi sento già ubriaco per tutto quel ballare, quelle luci, quelle risate. Giro su Canale 5 e trovo una cosa praticamente identica. Si chiama "Buona Domenica" e anche li applaudono a tutto spiano, mentre delle ragazze girano in bikini per lo studio». «Crit che ingiuste e poco documentate», commenta Cesare Lanza, opinionista di «Domenica In». «Se il "Financial Times" desse un'occhiata a cosa accade in Usa si renderebbe conto che quello che da noi è definito trash è nulla in confronto». Si irrita anche Gasparri; «Quel pezzo è un misto di bacchettonismo e di marxismo. Degno di un paese dove c'è ancora un ramo del Parlamento in cui gli uomini usano la parrucca», dice il ministro. Lo scritto di Jones incalza. «Pare che l'unica cosa da proporre al telespettatore italiano siano canzoni e soldi facili da vincere. Il tutto, chiuso come l'imbottitura di un sandwich tra imponenti blocchi di spot». Il discorso vale per Mediaset, ma anche per la Rai che dà spazio ai «consigli per gli acquisti», nonostante faccia anche pa¬ gare un canone annuale di 97 Euro. Un colpo al cercliio e uno alla botte, ma le staccate più dure firmate da Jones sono per i canali di Berlusconi e per il premier stesso definito «un astuto marinaio che ha cominciato come cantante sulle navi da crociera e che ha trasformato la tv in un succedersi infinito di pubblicità e cabaret». E non si ferma. «Berlusconi oggi ha un quasi completo monopolio dei mass media. Chiunque si azzardi a dire il contrario si gioca il posto. Quelli che lavorano in televisione sanno che per i prossimi cinque o sei anni, la camera dipenderà da Berlusconi». Un passo indietro con la memoria per spiegare che «l'impero televisivo ài Berlusconi deve qualcosa anche ad un anomalo contesto economico. Negli anni ottanta, quando divenne un mogul dei media, la tv commerciale era del tutto priva di regole». Poi, nel mirino di Jones, riappaiono le trasmissioni Mediaset. Non soltanto «Buona Domenica», ma anche «Uomini e donne», dove «mariti e mogli urlano e litigano davanti agli La copertina dell'inserto Weekend del «Financial Times» ieri in edicola spettatori». A questo punto arriva la replica di Costanzo e de'ìa moglie De Filippi: «Le nostre ballerine della domenica non hanno il sedere in vista perchè portano i pantaloni e a "Uomini e donne" non si litiga più da anni, si tratta di un divertente gioco di corteggiamenti». «Picconate» a parte, Tobias Jones, si butta anche alla ricerca delle ragioni profonde della teledipendenza degli italiani. E scopre tre motivi. Il fatto che l'Italia sia una terra più legata all'«immagine» che non alla «scrittura»; lo confermerebbero le opere d'arte e gli splendidi film della nostra cinematografia. Poi il considerare quel cubo che trasmette figure e suoni il nostro nuovo «focolare domestico», attorno al quale tutta la famiglia si riunisce e sta insieme. «Lo trattano come un parente - dice Jones». Ultima, ma davvero non ultima, ragione del potere televisivo, lo strettissimo rapporto fra tv e politica, a partire dalla Rai lottizzata, per arrivare al «semi-monopolio» di Silvio Berlusconi. IL FINANCIAL TIMES ATTACCA, REPLICANO GASPARRI E LE STAR DEL PICCOLO SCHERMO

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