A Roma l'avamposto dei no global dì destra di Aldo Cazzullo

A Roma l'avamposto dei no global dì destra SETTANTA RAGAZZI «DIFENDONO» IL CASALE ABBANDONATO DALL'ORDINE DI SGOMBERO ORDINATO DA VELTRONI A Roma l'avamposto dei no global dì destra «Contro la società del consumo, solidarismo corporativo» storia Aldo Cazzullo ROMA GHIACCIO bollente, fuoco gelato; delfini che arano il campo, buoi che saltano tra le onde; e anche, nell'infinita vertigine dei possibili, «l'unico centro sociale di destra d'Italia», in rivolta contro lo sgombero ordinato dal «neostalinista Veltroni». Asserragliati. Senza piercing, ma con i cani di strada (dogo argentini). Con i capelli corti, ma senza riscaldamento. Musica: i canti del regime e Massimo Morsello, il De Gregori nero. Gualche libro: Tolkien, Celine, Nietzsche. Un ossimoro, una mutazione, un «nucleo di resistenza» come si definiscono. «Alla globalizzazione, alla banalità, al consumismo». Sono molto gentili e fanno un po' di confusione ideologica. «Siamo ribelli». No global di destra. Sono settanta ragazzi, che difendono dalla giunta ulivista anzi «neostalinista» di Roma un casale abbandonato sulla via Tiberina, già Casa del Fascio e scuola elementare, a 10 chilometri dal centro Rai di Saxa Rubra e dalla borgata di Prima Porta. Periferia. CascinaH diroccati e altri ristrutturati da ricchi. Prostitute slave di rara bruttezza una di loro due anni fa fu trovata impiccata in quella che adesso è la sala del calciobalilla -. Pecore. Campi spelacchiati. Un venditore ambulante di statue di santi. Biciclette abbando¬ nate. Uno striscione: «CASA MONTAG». Il centro sociale si chiama come il protagonista di Fahrenheit 451. «Anche noi vogliamo salvare i libri dal rogo, sottrarci all'omologazione, combattere il potere». Con l'appoggio di qualche consigliere comunale di Alleanza nazionale. «La destra sociale di An è il nostro riferimento» dice il leader Gianmaria Camillacci. Ma i ragazzi che occupano non parlano volentieri dei partiti. Il nome di Gianfranco Fini evoca «il tradimento». Quello di Berlusconi, indifferenza. «Un simpaticone». Quelli di Cofferati e D'Alema, smorfie di disgusto. «Con i no global siamo d'accordo su molte cose: la lotta alle multinazionali, la difesa dell'ambiente. Ma della globaUzzazione la sinistra è stata l'agente. La cartina di tornasole del capitalismo. Non siamo stati né a Genova né a Firenze. Non abbiamo nulla contro i ragazzi dei centri sociali. Qualcuno di loro è venuto a trovarci. Però li troviamo passivi». Loro invece si raccontano attivissimi. Ad esempio in difesa delle ragazze madri. Antiabortisti, si mobilitano per le mamme sole e i loro figli. Se ne occupa un'apposita sezione femminile; denaro, latte, biscotti, vestiti, accoghenza, turni di baby-sitting. A Natale, raccolta di giocattoli per i bambini poveri del Tiburtino. Il 6 gennaio. Befana benefica per gli orfani di Tor Bella Monaca e i nihos argentini, in concomitanza con quella finanziata in piazza Navona da D'Alema Fassino e Veltroni. Un container pieno di pasta è partito per il Sud America, destinazio- Le regole: 8,30 sveglia 10 passare straccio 11,30 controllo animali 21,30 chiudere il gas «In città ci sono 25 centri sociali "rossi" perché dobbiamo andarcene solo noi?» ne «Nuestra Familia», il gruppo di monsignor Maggi. Qualcuno viene dall'Azione cattolica, altri hanno frequentato la comunità benedettina di Subiaco. Altri ancora escono dal Fronte della Gioventù. Sono quasi tutti romanisti. L'associazione è nata cinque anni fa, il casale è occupato da sei mesi. Crocefisso alle pareti, replica di quello di Giotto. Brandine. Cucina. Lampadine. Canile improvvisato dietro una lettiera, cinque cani e quattro gatti. Ovunque cartelli a stampatello con le regole, quasi monastiche: 8 e 30, sveglia; 10, passai e straccio; 11 e 30, controllo animali; 21 e 30, chiudere bombola del gas. La cagnetta trovatella Bea in particolare dà un sacco di lavoro. Loghi: Nutella, Marlboro, Adidas. Berretti degli ultras della Roma. Un'altra bacheca segnala i turni di occupazione, a tre per volta. Ora tocca a Manolo, Fabietto e Carlomanno; ma ognuno ha più soprannomi, Carlomanno ad esempio si chiama anche Zebina e Gallina, e studia ingegneria elettronica. Gli altri hanno lavori saltuari, molti a Cinecittà. Fanno i volontari alla Croce Rossa e suonano la batteria. La domenica ci si ritrova tutti per il pranzo e le corvées. C'è da rafforzare le strutture pericolanti, tenere in ordine il giardino, costruire il campo da calcetto, insonorizzare con le scatole vuote delle uova la sala di registrazione, da aprire ai gruppi musicali dei ragazzi delle borgate; rock, metal, crossover. Non è che abbiano molti posti dove andare. Oggi domenica di protesta. Manifestazione aperta alla stampa. «Non è che l'inizio - cita il leader Camillacci -. Abbiamo chiesto l'opinione del sindaco Veltroni, invano». ^Abbiamo provato anche noi, attraverso il suo portavoce, con lo stesso esito). «Ci ha ricevuto l'assessore al Patrimonio Minnelli, ma nel pieno della trattativa si è dovuto allontanare d'urgenza. E noi scateneremo contro il Comune una campagna goliardicissima. Ci sono 25 centri sociali di sinistra a Roma, e nessuno ha occupato l'Hilton o l'Hassler. Tutti stanno in palazzi fatiscenti, e si dedicano a campionati di bestemmie, di molotov, di canne. Il nostro centro è grande 700 metri quadrati, e solo 60 sono pericolanti. Siamo disposti a sistemarli. Perché proprio noi dobbiamo andarcene? E cosi in fretta?». Hanno grandi progetti: bibbo- teca, cinefonim. Per quali libri? Quali film? Hanno il culto del fantasy. «Essi vivono» di John Carpenter. «Dark City» di Alex Proyas. «Il Corvo». Un classico: «1984». E poi «Brazil» con De Niro. Hanno una fascinazione per l'Oriente e per il Medioevo. Kurosawa, le arti marziali, la thai-boxe, il mito del cavaliere errante. Alle pareti, il tricolore irlandese e la bandiera autoprodotta di Casa Montag, rossa e nera, con il numero 451. Negli scaffali, Bradbury e Orwell, Celine e Pasolini. Nella memoria, raccontano, Coleridge e Juenger, La Città del Sole di Campanella e il Signore degli Anelli di Tolkien, un po' meno «ora che se n'è impadronita Hollywood». E il Duce? Manolo: «Ci interessa il fascismo delle origini, quello rivoluzionario. Ci affascina la figura di Mussolini; il cambiamento che ha rappresentato per l'Italia, per la patria. Il regime, la dittatura, non ci interessano. Il cerchio di fuoco, il sabato fascista, quella roba lì». E Salò? «Ragazzi morti per l'onore, per la fedeltà alle loro idee. Non dalla parte sbagliata. Li rispettiamo». Forza Nuova? «Abbiamo letto dell'aggressione di Verona, ne abbiamo discusso. Un gesto che si poteva evitare. No, non abbiamo rapporti con loro». Stufette. Altro regolamento in sei articoli solo per disciplinare l'uso del lavandino. Televisore. Molti giornali: «Facciamo una rassegna stampa, dal Tempo al Manifesto». Cd: «Giovinezza» e tango, musiche del ventennio ed Edith Piaf, musica elettronica e testi che si intitolano «Legittima offesa» e «ScienceSViolence». Una scatola di Pocket Coffee. «Siamo esaltatori di differenze». Fotografie della missione in Calnerun, a comprare letti per i carcerati. «Siamo contro la società del controllo e del consumo, per un solidarismo diverso, corporativo». Felpa griffata Diesel.