Torino record: 44 anni in giudizio per una eredità

Torino record: 44 anni in giudizio per una eredità UNA CAUSA INIZIATA NEL '58 SI E' CONCLUSA SOLO PERCHE' LE PARTI HANNO RAGGIUNTO UN ACCORDO Torino record: 44 anni in giudizio per una eredità Nino Pietropinto TORINO Ci sono voluti 20 giudici e uno stuolo di avvocati per arrivare a comporre una «querelle» giudiziaria che si è trascinata per tre generazioni. Un fascicolo lumaca, la cui lentezza ha battuto tutti i record: la causa per un'eredità contesa si era iniziata nel 1958 e si è chiusa solo il 10 luglio scorso. E dopo 44 anni sono stato le parti a mettersi d'accordo, non c'è voluta neppure la sentenza. La causa più vecchia del tribunale s'è meritata ieri una citazione nella relazione del procuratore Caselli. Iniziò tutto nel 1958 quando due fratelli si ritrovarono eredi di un grosso patrimonio. Vari alloggi, alcuni terreni, locali in affitto. Con un grosso problema però: come dividere quei beni senza un accordo tra i fratelli? C'è una sola strada, quella del tribunale. Lunga, tortuosa, ma neppure la più fervida immaginazione poteva immaginare nel lontano '58 che solo all'alba del nuovo millennio la querelle si sarebbe conclusa. A metà degli Anni Sessanta c'è il primo intoppo, muore uno degli avvocati. Bisogna cercarne un altro. Si va avanti, con rinvìi di mesi, poi di anni. Intanto cambiano anche i giudici, uno si trasferisce, un altro è destinato ad altro incarico. Anni Ottanta: il tribunale partorisce finalmente la sentenza che individua i criteri per la separazione del patrimonio. A quel punto occorre fissare però concretamente i lotti, e stabilire come attribuirli agli eredi (occorre cioè una sentenza bis). Altro intoppo: muore uno dei fratelli e la causa va riassunta a ruolo con gli eredi dal defunto. Si riprende la marcia faticosa. Il Procuratore Generale della Corte dì Appello di Roma Renato Carmelo Calderone Una delle parti non è contenta e ricorre in appello contro la sentenza del tribunale. E, in attesa che decidano i giudici di secondo grado, si bloccano in tribunale le udienze per fissare i lotti. Diventa sempre più difficile seguire il percorso delle cause. Negli Anni Novanta si chiude la causa in appello e può riprendere quella sull'attribuzione dei lotti che si era bloccata nel frattempo. Gli anni passano. Viene nominato un perito per valutare i beni. Scade il termine per la perizie, occorre altro tempo. Intanto si deve decidere se assegnare le parti col sorteggio. Altro tempo. Siamo nel 2001. Parte il «program¬ ma di Strasburgo» del presidente del tribunale Mario Barbuto per eliminare le cause stagionate (un sistema, quello ideato a Torino, che s'è meritato il plauso del Consiglio d'Europa). Barbuto definisce 20 regole semplici, raccolte in una sorta di decalogo processuale destinato a giudici, cancellieri, avvocati. L'invito è perentorio: «Se la causa dura più di tre anni, in base ad una regola comunitaria il cittadino può chiedere un indennizzo allo Stato. Quindi niente rinvìi lunghi e soprattutto deve essere il giudice a stabilire i ritmi delle udienze». A luglio 2002, a sorpresa, le parti raggiungono l'accordo.

Persone citate: Barbuto, Caselli, Mario Barbuto, Nino Pietropinto, Renato Carmelo Calderone

Luoghi citati: Roma, Strasburgo, Torino