«Lotterò fino alle dimissioni dì Carraro» di Marco Ansaldo

«Lotterò fino alle dimissioni dì Carraro» «Lotterò fino alle dimissioni dì Carraro» Preziosi: gli arbitri ci hanno bastonato con metodo Marco Ansaldo invialo a COMO Può darsi che un comasco resti senza il pane, certamente non gli verranno mai a mancare le cravatte o i foulard. In questo mondo fatto di seta che straripa da ogni capannone grigiastro, l'oggetto più ruvido è la società di calcio che gratta la serie A come la pietra pomice sul vetro. Brutta e cattiva viene da definirla guardando alla posizione in classifica e alla teoria di punizioni che la colpiscono: c'è una squadra ultima e ancora a secco di vittorie, c'è un presidente che sfiora la radiazione dalla Federcalcio ogni volta che apre bocca, ci sono ultras incendiari le cui imprese costano quattro turni di squalifica al campo e tesori di multe, l'ultima per una pallata di neve tirata domenica addosso a up guardalinee. Como «la Svizzera» fatica a riconoscersi nell' immagine indisciplinata al punto da ribaltare la prospettiva: siamo come vogliono dipingerci e soltanto perché siamo stati i più decisi ad alzare la testa. Nello studio di Enrico Preziosi, il presidente, ci sono più ritagli di quotidiani sportivi che cataloghi di giocattoli, sebbene il suo regno e la sua ricchezza siano i giochi. Lui, più di Sensi, è il protagonista delle battaglie contro il Palazzo, l'uomo che ha sfiorato la rissa con Carraro al quale non volle stringere la mano. «Mi fanno passare per un Masaniello fesso e chiassoso dice in un rotolare di parole -, nelle foto sembro invasato: nessuno sottolinea che un imprenditore partito dal nulla per costruire un'azienda leader in Europa il sale in zucca lo deve avere. Però la gente mi capisce: da un sondaggio è emerso che il 97,30Zo degli intervistati la pensa come me e quasi il 100 per cento crede che Carraro se ne dovrebbe andare». En passant, il 70 per cento degli intervistati ritiene anche che Preziosi si scornerà di brutto in questa battaglia già persa contro il potere. «Se non avessi inseguito i sogni, lottando perché si avverassero, oggi non sarei quello che sono», ribatte lui, sebbene ammetta che «non ci si può illudere di vincere la guerra avendo Como alle spalle». Infatti è in cerca di una grande piazza. Cinque anni fa pensava al Toro («poi venne fuori ima storia di assegni con Calieri e mi fermai»), in estate alla Fiorentina, oggi al Napoli, «il mio sogno da tifoso, tuttavia le cose non stanno come le scrivono i giornali». I suoi giocatori glielo hanno consigliato molte volte: «Presidente, taccia. Non vede che più parla e più ci massacrano?». Parole al vento. Adesso Preziosi ha trovato di sponda un giovane allenatore di 60 anni che s'è giocato mezza carriera per una frase di vent'anni fa. «Come allenatore, mi vergogno di Bearzot», disse Eugenio Pascetti dopo i primi turni dei Mondiali in Spagna. L'ha pagata: sebbene fosse in anticipo di dieci anni su Sacchi, che si faceva spedire i suoi appunti, il grande calcio lo ha sempre lasciato di riserva. Era, e resta, un ribelle. «Il rimpianto - racconta Pascetti - è non aver mantenuto il posto al Toro dopo che l'avevo portato in A, nel '90: quella squadra avtva grandi potenzialità e Borsano era un buon presidente. L'errore fu mio. Avrei dovuto parlargli direttamente, invece di affidare i miei pensieri a un messaggero che mi costò il licenziamento perché non si pò- teva licenziare lui». «Quel Toro - aggiunge, aspettando di affrontare domenica proprio i granata - era già costruito per stare in alto e ci riuscì. Questo, al confronto, è un miracolo che abbia fatto quel che ha fatto. Dovevano innalzare un monumento a Camolese, invece si sono illusi che fosse grande la squadra più che lui. Non han considerato che certi giocatori un anno valgono cento e il successivo la metà». Al Como hanno seguito, con lo stesso risultato, il percorso inverso. Preziosi ha sbaraccato la squadra che ha vinto la B con 75 punti, un record, e ne ha voluto costruire una nuovissima. Ora, probabilmente, ha capito lo sbaglio. Sebbene ci giri intorno. «Ci troviamo in fondo anche per le colpe nostre. L'erro- re più grosso? Non ho calcolato che l'ambientamento di tanti giocatori avrebbe richiesto altre basi. Ma sono convinto che il potenziale del Como venga subito sotto quello delle prime sei o sette: in estate dicevano che saremmo stati il nuovo Chievo». La differenza tra le speranze e la realtà sarebbe lastricata dalle ingiustizie che sono costate troppi punti. Ancora Preziosi: «Gli arbitri ci hanno bastonato contro le grandi e contro le piccole, con metodo, provocandoci. L'ho detto e aspetto che Bolognino e Trentalange mi querelino; finora hanno soltanto minacciato di farlo, ci divertiremo. La realtà è che nessuno nel calcio ha il coraggio di abbattere un sistema che non funziona più: io mi sono trovato allo scoperto, dopo la battaglia per la pay tv, il mio peccato originale. Mi sono trovato in una compagnia di deboli». Preziosi dice che lotterà fino alla vittoria. Cioè alla salvezza? No, alle dimissioni di Carraro. Per quanto la situazione sia disperata («con i giocatori provati nel morale dalle ingiustizie», dice lui), la prima è meno impossibile delle seconde. «Quest'anno ci si salverà a quote molto sotto i 40 punti - osserva Pascetti - non credo che il Piacenza, quintultimo, potrà farne altri 28. Credo nella salvezza e comunque se retrocederemo lo faremo con dignità, non come la Fiorentina l'anno scorso: l'immagine dei brutti e cattivi la cancelleremo in campo. Sapendo che non è vera». IL COMO CONTRO I GRANATA, DUE SQUADRE IN LOTTA PER LA SALVEZZA

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