«Euro più forte? Timori ingiustificati» di Roberto Ippolito

«Euro più forte? Timori ingiustificati» L'ECONOMISTA DEL MIT IERJ OSPITE DELLA CONFINDUSTRIA «Euro più forte? Timori ingiustificati» Ross: è sbagliato sostenere sia i cambi sia i mercati azionari intervista Roberto Ippolito E che c'è di strano? Stephen Ross, titolare della cattedra di economia e finanza intitolata a Franco Modighani al Massachussetts Insitute of Technology, non vede alcun problema nel rafforzamento dell'euro. Anzi; «Con il rapporto uno a uno tra euro e dollaro è tutto più facile». Spesso contro corrente, Ross, ospite della Confindustria e dell'università Luiss per la quarta lezione Angelo Costa e consigliere di molte amministrazioni americane, sdrammatizza l'attuale fase dell'economia, convinto che negli Stati Uniti non manchi la fiducia. Professor Ross, l'euro forte allora è un bene? «L'euro forte è più comodo. E' positivo che stia bene. Bisogna smettere di pensare alle basi del cambio come a qualcosa di buono o di cattivo. Non condivido i tentativi dei governi di sostenere le proprie monete». E' giusto quindi che gli Stati Uniti lascino andare giù il dollaro? «Sì. E l'Europa dovrebbe fare lo stesso. Ogni volta che l'euro si rivaluta, l'Europa teme per la competitività dei suoi prodotti. Ma cosa significa esportare? Si cedono beni prodotti per avere pezzi di carta: non è meglio dare pezzi di carta?». Per lei l'euro è una realtà? E come valuta i mercati finanziari europei? «Valuto l'euro una realtà più di quanto lo considerino molti europei. E' impossibile invece che i mercati finanziari conservino le strutture attuali. Molte società dovranno andare in borsa e diventeranno public company, aperte ai capitali privati». Dunque l'euro è una realtà e la borsa europea lo sarà? «Ci sarà un'esplosione del numero di società europee che saranno quotate. Ci sarà maggiore integrazione. E questo non significa tassi uguali dovunque, ma totale libertà di circolazione dei capitali in europa». Così il mercato dei capitali si espanderà? «Certo, ci sarà un'espansione. Non c'è ancora libertà per l'offerta dei prodotti finanziari». Sono adeguate le regole europee per i mercati finanziari? «Sì. Credo sia giusto che esistano ancora regole nazionali. Ci vorrà molto tempo prima che le differenze culturali dei vari paesi europei vengano superate». Come mai, l'Europa sta conoscendo meno scandali finanziari degli Stati Uniti? «In Europa ci sono più società a controllo privato rispetto agli Stati Uniti. E le borse europee sono molto più piccole. Nella percezione della gente c'è poi confusione tra la diminuzione del valore di una società e la frode: non tutte le società perdono valore per una frode. Poi anche nel caso dell'Enron non c'è un'accusa di frode». Negli Stati Uniti è comunque più delicato il problema della corretta gestione societaria, no? «Non so se è giusto dire che negli Stati Uniti i manager hanno comportamenti più censurabili. In tutto l'Occidente i principi etici sono forti. Le società con cui ho maggiore dimestichezza sono gestite da dirigenti offesi e che provano vergogna per gli episodi negativi avvenuti». C'è un problema di regole... «Credo si debbano usare gli strumenti previsti dalla legge, non credo sia auspicabile la corsa a nuove leggi sulla scia dei casi di scorrettezza». Gli Stati Uniti hanno poi un problema di scarsa fiducia, vero? «Perché un problema? La stampa scrive che non c'è fiducia negli Stati Uniti. Il Dow Jones, l'indice di borsa, è a 9 mila: cosa diremmo se fosse a 4 mila? C'è molta fiducia: l'opinione pubblica si rende conto che i casi di scorrettezza delle società sono un'eccezione». Approva il taglio delle tasse sui dividendi deciso dal presidente George Bush per stimolare l'economia? «Questa è una politica assurda dal momento che i dividendi hanno un effetto limitato. Gran parte degli azionisti, come i fondi pensione, non paga imposte sui dividendi. Ridurle è pertanto un'azione minima». Con scarsi effetti perciò? «Non credo ci saranno effetti. E non so se sia compito del governo ridare spinta ai mercati finanziari. Prima l'indice era a 12 mila e molti giudicavano il livello troppo alto». E' finita la bolla finanziaria degli anni scorsi? «Ogni giorno che passa mettiamo alle spalle quello che è successo. Ma sappiamo che le bolle sono bolle so o quando scoppiano». ^6k Nonèvero ™" che negli Usa c'è poca fiducia: ora l'indice Dow Jones è a quota 9 mila cosa dovremmo dire se fosse a quota 4 mila? L'opinione pubblica si rende conto che gli scandali sono circoscritti 99

Persone citate: Angelo Costa, Franco Modighani, George Bush, Professor Ross, Stephen Ross