Bush, un dilemma vecchio dì tre mesi di Maurizio Molinari
Bush, un dilemma vecchio dì tre mesi UV Lt^lIMblttlbgBiPOWELL E QUElfif DURA M^ELD iTMNJEY Bush, un dilemma vecchio dì tre mesi Attacco solitario o guerra con il coinvolgimento dell'Onu analisi Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK LI INVIO di uomini e mezzi nel Golfo da parte del Pentagono e l'affermazione da parte della Casa Bianca che «non vi sono scadenze né calendari» per il lavoro degli ispettori dell'Onu testimoniano che il presidente George Bush lascia aperte due ipotesi: la guerra contro l'Iraq in tempi brevi o un prolungamento della missione degli uomini di Hans Blix, forse con una nuova risoluzione. Entrambe le strade sono percorribili. «Siamo in una situazione molto simile a quella precedente l'approvazione in novembre della risoluzione 1441 da parte del Consiglio di Sicurezza - spiega Ivo Daalder, della Brookings Institution, ai tempi di Clinton sherpa di punta del Consiglio di sicurezza nazionale - anche allora Bush al fine di disarmare Saddam poteva rimanere nella cornice dell'Onu, puntando sulle ispezioni, o andare alla guerra assieme a un numero ristretto di Paesi». Allora a prevalere all'interno dell'Amministrazione fu il Segretario di Stato, Colin Powell, sostenitore della necessità di costruire la coalizione anti-Saddam nel quadro Onu, mentre il vicepresidente Dick Cheney e il Segretario alla Difesa Donald Rum- sfeld in estate si erano detti a favore di un'azione unilaterale. Nel settembre precedente era stato sempre Powell a imporsi, convincendo il Presidente a parlare di fronte all'Assemblea dell'Onu con un linguaggio che diede inizio al processo che portò alla risoluzione. «Adesso questo confronto fra Powell e Cheney si sta ripetendo - sottolinea Larry Korb, ex vicesegretario alla Difesa ai tempi di Reagan - e s} gioca sul che fare dopo il 27 gennaio, quando verrà presentato al Consiglio di Sicurezza il rapporto degli ispettori sul lavoro svolto». Molto dipenderà da cosa vi sarà scritto: se Blix affermerà che l'Iraq «coopera» e chiederà più tempo per completare la missione, il Consiglio di Sicurezza potrebbe decidere una proroga; se invece Blix lamenterà «mancanza di cooperazione» potrebbe innescare la guerra in tempi rapidi. Bush prenderà la sua decisione anche, ma non solo, sulla base del testo degli ispettori. A pesare di più saranno le considerazioni interne all'Amministrazione, come la necessità di tenere uniti gli alleati, europei ed islamici. Il Segretario di Stato resta fedele alla sua impostazione e non vuole uscire dall'ambito dell'Onu: per questo ha già iniziato consultazioni con i colleghi di Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna per concordare quale potrebbe essere il prossimo passo da compiere assieme, ad esempio un semplice voto, una dichiarazione della presidenza o nuova risoluzione per tenere Saddam alle corde. Cheney resta invece l'alfiere dell'intervento militare da parte di una coalizione guidata dagli Usa. Vero regista dell'Aniministrazione, ministro della Difesa di Bush padre nel 1991 e da sempre fautore della necessità di chiudere la partita con il Raiss, Cheney ritiene giustificato l'attacco perché «in base alla risoluzione 1441 Saddam ha compiuto una violazione materiale - sono le parole di Richard Perle, capo del "Defence Policy Board" - non provando di aver distrutto le armi chimiche e batteriologiche di cui l'Onu nel 1998 attestò l'esistenza». Il Presidente si trova così ancora una volta al bivio sul come ottenere il disarmo Saddam: agire sotto l'ombrello dell'Onu oppure no. La partita si gioca tutta dentro l'Amministrazione, con il premier britannico Tony Blair nel ruolo dell'unico esterno capace di influenzare gli eventi, abile nel dimostrarsi ora spalla di Powell nei negoziati, ora partner di Cheney inviando la portaerei «Ark Royal» in prima linea. Rispetto allo scorso novembre c'è però una differenza: il Pentagono sta inviando le truppe attorno ai confini dell'Iraq, creando un dato di fatto sul terreno che renderebbe molto difficile a Bush affrontare un'attesa di lunghi mesi o addirittura una marcia indietro. «Per far tornare a casa questi soldati servirà qualcosa di molto evidente - è l'opinione di Warren Bass del Council on Foreign Relations - come un rovesciamento Saddam o la sua totale "trasformazione"». Firmando negli ultimi venti giorni gli ordini di mobilitazione di circa 90 mila uomini, autorizzati da Bush, è stato il ministro Rumsfeld a disegnare il nuovo scenario: per la prima volta dal 1991 l'America è in grado di lanciare contro l'Iraq un'attacco da basi in Kuwait, Arabia Saudita, Bahrein, Oman, Qatar (e forse Turchia) assieme a forze britanniche ed australiane, e può farlo entro aprile, quando la temperatura sarà troppo alta per combattere con indosso le nuove tute antigas.
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