«Una lobby per fare Torino più forte»

«Una lobby per fare Torino più forte» «Una lobby per fare Torino più forte» La città fa fronte comune contro l'asse Roma-Milano dibattito Giovanna Favro Cf È un indebolimento del nostro territorio sul piano economico-industriale? Sì, ma adesso dalle parole del presidente della Regione Enzo Ghigo e del sindaco Sergio Chiamparino salta fuori una preoccupazione ulteriore. Proprio a una Torino più incerta sul futuro, più fragile sul piano finanziario e industriale, corrisponde un rafforzamento dell'asse Roma-Milano, una perdita di peso politico dei nostro territorio, che puro avrebbe più che mai bisogno d'ascolto. Vero? E fino a che punto? E come combattono, i parlamentari piemontesi, la lotta impari con la corazzata «MiRò»? Il rettore dell'Università, Rinaldo Bertolino, pone una premessa: «Non so se questo avvenga, ma se la politica presta ascolto solo ai territori forti e vincenti, fallisce in pieno la sua missione». Eppure Enzo Ghigo ha annunciato apertamente il «rischio di indebolimento del peso della regione in conseguenza della crisi Fiat»: «Dobbiamo cercare - ha spiegato - di rompere le linee preferenziali tra Roma e Milano». Gli ha fatto eco il sindaco Chiamparino, che ha parlato addirittura di «asse del diavolo» tra Roma e Milano: «E' una battuta, che però segnala un rischio concreto di perdita di peso specifico del territorio a fronte di un rafforzamento ulteriore del polo Roma-Milano, da sempre portante. Segnalo un'impressione generale, un'aria che tira su un territorio già obiettivamente indebolito». Dietro all'«allarme preventivo» di Ghigo starebbero alcuni riscontri, come i quattrini piovuti per la sanità laziale conquistati da Storace imparagonabili con i fondi piemontesi. Osvaldo Napoli, parlamentare di Forza Italia, aggiunge altri elementi: «Torino è stata anche ben lontana dell'ottenere anche i quat- trini di Roma capitale, o di Milano, previsti dalla Finanziaria. Temo ci stiano facendo pagare la crisi Fiat: la logica è un po' quella dell'abbiamo già dato", come se il Piemonte e Torino si esaurissero nella Fiat. Occorrerebbe dunque riuscire a "fare lobby" in modo virtuoso: invito Ghigo a riunire i parlamentari piemontesi intorno ad alcuni punti da sostenere compattamente. Termini Imerese ha avuto tanta attenzione a Roma anche perché i siciliani hanno minacciato in blocco di non votare la Finanziaria». Per Marcello Pacini (Forza Italia) «L'attenzione verso il Piemonte non è in calo. Vista da Roma, Fiat e Torino sono tutt'uno, e gli ecoincentivi sono intesi anche come fondi per questo territorio. 11 problema è invece di stimolare il parlamento con proposte e iniziative innovative; sarebbe una buona idea riunire i deputati subalpini su alcuni temi, dalla Rai alle nuove tecnoglie alla cultura, dall'Egizio alle regge sabaude». Anche Agostino Chiglia (An) parla di compattezza, ma usa il tema contro e gli azzurri: «Della crisi è in gran parte responsabile il governo di sinistra della città, che ha a lungo coperto le difficoltà della Fiat. Ma è vero che il Piemonte non sa farsi ascoltare a Roma: non perché esista un asse Storace-Formigoni ma perché non esiste una lobby di centrodestra, grazie alle divisioni in Forza Italia. Ghigo tratta con il governo in virtù della sua autorevolezza, ma a Roma sanno che alle sue spalle non c'è un gruppo unito di deputati, come avviene per i siciliani o i lombardi, capaci di un "effetto testuggine"». Per il senatore Gian Paolo Zancan (Verdi): «Il punto è che Torino e il Piemonte hanno una tale fama da primi della classe, che si pensa che siamo capaci di fare da soli. Se a questo si aggiungono gli stanziamenti per le olimpiadi e per la Fiat, avanza ben poco. La Finanziaria, poi, ha premiato in alcuni casi chi più ha strillato, o chi è più vicino alla maggioranza, un modo inammissibile di gestire le finanze dello Stato». La tesi di Gianni Vernetti (Margherita)? «Questo territorio è malvisto a Roma perché ben governato dal centrosinistra, anche se sarebbe sciocco addebitarne alla destra tutti i problemi. Torino può rinascere, ma dovrebbe varare un'attività di lobbing internazionale, e candidarsi immediatamente ad ospitare un altro costruttore di auto: Toyota sta cercando una sede per il quinto stabilimento europeo». Per Marco Revelli, «Che la città sia indebolita nella contrattazione nazionale è una conferma della gravità della crisi che attraversa; sarebbe però un grave errore puntare alla benevolenza dei ministeri. Rinascerà se troverà da sé una nuova via. La città è sempre stata altra cosa dal sottogoverno romano o l'affarismo milanese. E' un fatto culturale, antropologico, di pelle, che la rende lontana dai governi, e da questo in particolare». Il senatore Franco Debenedetti (ds) è pacato; «E' indispensabile un federalismo solidale che corra non solo lungo l'asse nord-sud, ma anche all'interno del nord. Il problema è che il paese non cresce, e dunque è impossibile sostenere le regioni quanto necessario. Per questo occorrono le riforme, su cui sto lavorando». Studiosi come il sociologo Angelo Pichierri fanno piazza pulita delle divisioni tra destra e sinistra; «Avere un governo amico non guasta, ma se il sindaco fosse del polo cambierebbe ben poco. Il peso di una città dipende dalla competizione con altri territori, da posizionamenti strutturali che prescindono dal colore politico. Al di là della Fiat, Torino ha due grossi handicap, che ne riducono l'impatto e la massa critica. Pur essendo territorio di export è poco internazionale, differentemente da Milano, vera porta per l'Europa per flussi finanziari, di merci, traffici, turisti, trasporti. Inoltre è la capitale del Piemonte solo sul piano formale; dovrtbbe offrire servizi e convenienze alle altre città, che le riconoscerebbero leadership e ne accrescerebbero il peso. Aree d'eccellenza, come Cuneo o Novara, hanno invece ben altri baricentri». Un'immagine-simbolo di Torino: da città laboratorio a territorio in cerca di nuove identità Pacini (Forza Italia): «Sarebbe bene riunire tutti i deputati subalpini su alcuni temi, dalla Rai alle regge sabaude» Rinaldo Bertolino Il rettore Bertolino: «Se la politica presta ascolto solo ai territori forti e vincenti, fallisce la sua missione» Marcello Pacini Marco Revelli Il sociologo Revelli: «La città è sempre stata un'altra cosa rispetto al sottogoverno romano o all'affarismo milanese»