Torna a casa un amore lungo 44 anni di Gianni Romeo
Torna a casa un amore lungo 44 anni LA CITTÀ OSPITÒ NEL '59, GRAZIE A NEBIOLO, LA PRIMA EDIZIONE DELLE GARE STUDENTESCHE Torna a casa un amore lungo 44 anni Gianni Romeo SE Livio Berruti non avesse casualmente avuto nella tasca della tuta il tesserino da poliziotto non avrebbe mai vinto i 100 metri, all'Universiade di Torino '59. Il giovane sprinter, prima della batteria, aveva pensato di Tare riscaldamento nella vicina e fresca Piazza d'Armi. Ma senza il numero di gara, senza altri segni di riconoscimento, aveva trovato sbarrate al ritomo tutte le porte del Comunale. Servizio d'ordine inflessibile, spiegheremo perchè. Quasi disperato, Livio affondava una mano in tasta e trovava quel benedetto tesserino, rilasciatogli dalle Fiamme Oro Padova in virtù del servizio militare prestato nel corpo. Gli inservienti non avevano creduto all'atleta ma accettarono il poliziotto, che riuscì a rientrare. Servizio inflessibile perchè erano in gara i cinesi e guai se ci fosse stata qualche infiltrazione, allo stadio. La Cina di Mao non aveva relazioni diplomatiche con l'Italia ed era fuori dallo sport ufficiale. Non partecipava alle Olimpiadi dal 1956, offesa per l'accettazione di Taiwan da parte del Ciò. Ma il diabolico Nebiolo aveva convinto i cinesi a dare un segnale di vita, 11 aveva fatti atterrare a Praga e poi arrivare a Torino con un visto turistico. Tutti sapevano e tutti facevano finta di non sapere. Così la Cina fu la curiosità di quella prima Universiade arrivata per caso in Piemonte. Perchè avrebbe dovuto servire da collaudo per Roma Olimpica '60, ma gli impianti nel '59 non erano pronti. Mario Saini, allora segretario romano del Coni ma torinese di origine, andò a chiedere ospitalità a Torino. Nebiolo dapprima si risenti perchè la sua creatura avrebbe avuto a Roma un palcoscenico migliore. Poi accettò. Fu la fortuna sua e della manifestazione. In quattro e quattr'otto, con un gruppo di amici, in testa Angelo Cremascoli, fece cose turche, anzi cinesi. Per la scella del nome (Universiade, al singolare) si affidò a uno che di invenzioni se ne intendeva: Massimo Della Pergola, giornalista, che una decina d'anni prima aveva inventato la Sisal, poi Totocalcio. Per la bandiera passò una notte in bianco con gli amici, fra i quali il geniale Antonio Donat-Cattin. Una grande «U», e poi le stelle per evitare sovrapposizioni con i cerchi olimpici. Successo di pubblico e di risultati. A Torino '59 oltre a Berruti vinsero campioni come Giusi Leone e Morale e Bravi, o Dennerlein e Pucci nel nuoto. Il mondo un anno prima di Roma '60 aveva scoperto lo sport italiano. E anche l'Universiade. Che ebbe un successo ancor più straordinario nella seconda edizione estiva, anno 1970, con la fiacco¬ la accesa nelle grotte di Pietro Micca, raffigurante la miccia famosa che fece saltare la Cittadella. Furono pochi i successi italiani nel '70, ma uno lasciò il segno. Quello della pallavolo guidata da Barbieri, il bombardiere rosso, cui la folla torinese si affezionò a tal punto da spaccare le vetrate del Palazzo del Lavoro, nella ressa. Partì allora il volo della pallavolo italiana nel mondo. Vinsero anche due personaggi importanti come Klaus Di Biasi nei tuffi e Franco Arese nei 1500 metri. «Ma non è solo il successo a farmi sentire nostalgia ricorda Arese - perchè c'era un clima di amicizia fra gli atleti del tutto scomparso, oggi. La sera dell'addio, la festa finale durò tutta la notte fra balli e canti...». In mezzo, fra il '59 e il '70, spuntò nel '66 l'Universiade dulia neve, bella partecipazione, 45 Paesi. Claviere era uno dei poli delle gare, stava fra Italia e Francia e il tesserino degli atleti venne considerato passaporto valido per muoversi fra i due Paesi. Condizione indispensabile per gareggiare, perchè il trampolino del salto partiva dalla Francia ma gli atleti atterravano in Italia. Ecco i primi Giochi senza frontiere... A Torino sono nate tante cose importanti, da un secolo a questa parte. E' nato il cinema, nata la Rai (allora Eiar), è naia la moda, è nata l'automobile... I torinesi devono essere affezionali anche a questa creatura che si chiama Universiade, inventala e coltivala qui con amore, capace di portare visibilità, lavoro, amicizia. Bene hanno fatto le forze politiche e sportive a impegnarsi per una sua rivisitazione. L'Universiade fra l'altro, a differenza di tante altre attività scippale alla nostra città, dimostra di essere fedele e grata a chi l'ha messa in vita: ogni tanto torna all'origine.
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