Giovanni XXIII, l'ingenuo sapiente di Marco Tosatti
Giovanni XXIII, l'ingenuo sapiente UN CONVEGNO DELLA RIVISTA «MILLENOVECENTO» CORREGGE I LUOGHI COMUNI SUL «PAPA BUONO» Giovanni XXIII, l'ingenuo sapiente Marco Tosatti ROMA GIOVANNI XXIII ingenuo? Proprio no! Un convegno promosso dalla rivista Millenovecento, che ha dedicato il suo ultimo numero al «Papa Buono», ha messo intorno allo stesso tavolo personaggi come il cardinale Achille Silvestrini e Giulio Andreotti, Andrea Riccardi, presidente di sant'Egidio e Valentino Parlato. E soprattutto ha corrotto non pochi dei luoghi comuni che per forza d'inerzia continuano a circolare intorno alla figura di Angolo Roncalli. Il cardinale Silvestrini ha parlato di una «capacità furtiva» di innovare, anche se il termine «rivoluzione» appare esagerato: «Giovanni XXIII si è proposto un aggiornamento; ma non un ritocco cosmetico, un reale mettersi al giorno della Chiesa». Un rapido excursus di alcuni dei momenti più famosi del Pontificato può chiarire il concetto. Per esempio dice il porporato, quando la Chiesa abolì dalla preghiera della settimana di Pasqua il termine «perfidi» riferito al popolo ebraico, la cosa avvenne senza grande clamore: «Il venerdì Santo del '59 chiama il cerimoniere e gli dice: togli il "perfidi"; non l'aveva anticipato a nessuno, ma l'aveva pensato certamente». Cosi come il 25 gennaio annuncia il Concilio Vaticano II senza avere fatto consultazioni fra i vescovi, ed è una sorpresa per tutti. Su questo punto il professor Andrea Riccardi si chiede: «Perché Pio XI e Pio XII non arrivarono alla decisione del Concilio?». E si risponde: «Perché lo fanno preparare prima di deciderlo, si crea una commissione... Lui, Giovanni XXIII, lo decide prima di farlo preparare». Un Pontefice buono, di grande umanità, certamente, ma anche un Papa abile, navigato, raffinato nel trattare. L'incontro, «casuale» con il genero di Kruscev, Adjubei, è esemplare. Un segnale fortissimo, nel momento in cui l'Impero del Male è ancora in pieno fulgore. Molta simpatia, ma al sovietico che spinge perché si arrivi allo relazioni diretto fra Mosca e il Vaticano, Giovanni XXIII risponde che «la creazione ha sette giorni, siamo al primo». La persecuzione dei cattolici ò durissima, in tutta l'Europa orientale; i cattolici di rito greco, in Ucraina, sono stati semplicemente cancellati, uniti di forza alla chiesa ortodossa, o costretti alla clandestinità. Giovanni XXIII non tocca il problema con il suo ospite, direttore de La Pravda; ma un funzionario della Segreteria di Stato ricorderà ad Adjubei che il problema dei cattolici di rito greco in Ucraina esiste, per la Santa Sede, eccome. Far fare, lasciar fare, dar da fare: così un giorno Papa Roncalli dipinse il mestiere di Pontefice. E quando Jules Isaac gli chiese, in un famoso colloquio, di far seguire all'abolizione del «perfidi» una dichiarazione distensiva nei rapporti ebraico cristiani, Giovanni XXIII gli disse: «Vada a parlarne con la persona che adesso le dirò». Era il cardinale Agostino Bea, e nacque la Nostra Aetate, che rivoluzionò i rapporti fra Chiesa e Sinagoga. «Un'ingenuità sapiente», l'ha definita Riccardi. In un dibattito con il cardinale Achille Silvestrini, Giulio Andreotti, Valentino Parlato e il presidente di Sant'Egidio Andrea Riccardi emerge il ritratto di un abile navigatore che riformava senza clamore
Luoghi citati: Adjubei, Mosca, Roma, Sant'egidio, Ucraina
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