Russia barbarica secondo Cìajkovskij di Giorgio Pestelli
Russia barbarica secondo CìajkovskijIL URICO DI CAGLIARI HA APERTO LA STAGIONE CON UNA PRIMA ESECUZIONE ITALIANA Russia barbarica secondo Cìajkovskij «Opricnik» diretto dal grande Rozhdestvenskij, Vickalla regia Giorgio Pestelli CAGLIARI Il Teatro Lirico di Caghari, secondo la sua bella abitudine di portare ogni anno in scena una rarità meritevole di attenzione, ha inaugurato la sua stagione con r«Opricnik», cioè «L'ufficiale della guardia», la prima opera compiuta di Ciaikovskij ( 1874), mai rappresentata in Italia e di fuggevole presenza in alcuni teatri europei; altra bella abitudine di Cagliari, che convalida l'esperienza della prima, è quella di presentare l'opera rara in una esecuzione di alta qualità, in uno spettacolo meditato e coerente che consente di farsi un'idea attendibile del lavoro riscoperto: come avviene qui con la cura di un direttore come Gennadi Rozhdestvensky, che sa tutto dell' opera russa, del regista Graham Vick e di una compagnia vocale ben armonizzata con alarne punte di notevolissima bravura. E l'idea che si riporta nella memoria dopo il primo incontro in palcoscenico è più o meno questa: Ciaikovskij trentenne è già il grande musicista che sappiamo, mentre il teatrante si va rivelando fra evidenti derivazioni dall'opera francese e italiana e spunti originali vitalizzati dall'immersione nel folclore russo e da un intuito psicologico già esperto dei tormenti dell'animo umano. L'«Opricnik» è un fastoso quadro storico di vita russa, da accostare anche per una certa brutalità insistita a «Mazeppa» (presentata qualche anno fa alla Scala, ma resa irriconoscibile da troppi tagli); ammirevole tutta la parte corale (bravissimo il coro cagharitano istruito da Paolo Vero), che svaria da episodi impetuosi, a momenti di ieratica solennità religiosa, a delicatissime pagine di grazia femminile; alla lettura dello spartito il personaggio più riuscito sembrerebbe quello della boiarina Morozova, ma il suo rihevo, per la prova un poco scialba del mezzo soprano Anne-Marie Owens, cede il primo posto ai due protagonisti Elena Lassoskaya e Vsevolod Grivnov, che incarnano con slancio e autorità le parti di Natalia e Andrej, i due giovani sul cui amore constrastato s'impernia la vicenda. Altro suggerimento ricavato dall'esecuzione dal vivo: il finale dell'atto secondo, che sembrerebbe una riedizione enfatica dei finah alla Meyerbeer, è stato riscattato dalla maiuscola prestazione del basso Vladimir Ognovenko nei panni del crudelissimo principe Vjazminskij, il capo dei pretoriani di Ivan il Terribile (gli opricniki appunto), tanto da risultare uno dei momenti di maggior presa dello spettacolo. Scorrevole e puntuale la regia di Vick, nitide le scene Yannis Thavoris, autore pure dei costumi: il branco degh opricniki, lungocriniti o rapati alla circassa, rivestito di lunghe pellicce sotto cui s'intravedono i nudi petti di bravacci, in contrasto con le caste tinte che avvolgono i personaggi femminili (esemplare l'allestimento della splendida canzone dell' anatrella e dell'usignolo nel primo atto). Esperta, paziente, adatta alla lunga durata la direzione di Rozhdestvensky; forse un poco lenta nella prima parte, dove la vitalità folclorica e l'amabile settecentismo della superba partitura potrebbero avvalersi di una realizzazione più brillante. Lusinghiero il successo nel teatro esaurito. Il direttore Gennadlj Rozhdestvenskij
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