Ulivo, Cofferati pone le sue condizioni

Ulivo, Cofferati pone le sue condizioni PRIMA USCITA DOPO FIRENZE: «MI SENTO IN FORMA, NIENTE SCISSIONI» Ulivo, Cofferati pone le sue condizioni A Fassino e Rutelli chiede «unità e apertura ai movimenti» Jacopo lacoboni inviato a RUBIERA peggio Emilia) La politica, da alcuni additata come teatrino, diventa infine politica nel teatro. Sergio Cofferati arriva a Rubiera, due passi da Reggio, sale su un altro palco (dell'Herberia) dove gli tributano l'ennesimo bagno di folla, parla di «cultura del lavoro», cita Pasolini Ottieri Volponi («quando la cultura era politica), menziona il cinema «che non è solo Ken Loach, anche noi abbiamo i nostri Virzì, o i Muccino», e dialoga con Ascanio Celestini, giovano teatrante impegnato alla Marco Paolini, che ha scritto un'opera intitolata «Fabbrica». Poteva mancare l'ex segretario del Sindacato? E infatti appare. Quando scende dalla 166 blu ha gli stessi vestiti e lo stesso abito mentale di Firenze. Parla di «esercizio della memoria da riscoprire anche a sinistra» (il monologo di Celestini ha come sfondo sonoro un mucchio di voci di vecchi operai). Recita una parte che riscalda anche qui: in sala entrerebbero trecento persone ma ce ne saranno cento di più. Dice una bugia («sono un semp ice cittadino»), una semiverità («per partire col progetto comune del Nuovo Ulivo ci vogliono solo due parole- chiave: unità e apertura ai movimenti») e una solenne verità: «Beh si, sono proprio in forma». Tanto da rispondere alla «chiamata» ulivista? Il Cinese non farà, neanche una volta, i nomi di Piero Fassino e Massimo D'Alema. L'apertura del segretario dei Ds, però, è sul tavolo: ignorarla è difficile. Se questa politica va in un teatro, vale la pena avvicinare il primo attore nel backstage e salutarlo scusandosi per il disturbo, per apprendere che «volutamente» il leader non personalizza: «Mettersi a realizzare il progetto comune non è una questione di leader. E' una questione di merito». Fassino? «Sui nomi non sentirà una parola di più». Quindi, manda i saluti a un collega cronista e sgomma via: «Domani devo lavorare a Milano...». Poco prima, la sala s'era accesa e voleva domandargli tutto, forse anche consigli su come aggiustare una lampadina. Un signore dalla balaustra: «Ma i dirigenti della sinistra si vergognano a usare la parola "comunista"? Io la preferisco a diessini, che mi fa pensare più che altro a Seveso...». Cofferati pacioso, ma non asseconda. Uno in platea: «Perché, quando c'erano D'Alema e Amato, non avete fatto due-tre scioperi? e sì che di cose contro di noi (lavoratori, ndr.) ne hanno fatte anche loro...». Il Cinese: «Lo sciopero mica è un esercizio ginnico. Quei due governi di centrosinistra li ho anche criticati, ma dopo le mie critiche non hanno tradotto in leggi le proposte che non condividevo», e non è chiaro se sia un riconoscimento a «quei due governi» o al se stesso di un'era fa. Si alza un appassionatissimo discendente dei Cervi, tale Adelmo, maglione rosso idee non di meno e baffoni ruspanti. Letteralmente (lo si deduce dal gesto di soprassalto della bella ragazza seduta alla sua destra), grida: «Ma insomma, nella sinistra ci sarà più spazio per il lavoro, la memoria, i diritti e tutto quello di cui stiamo parlando?». Cofferati: «Anch'io voglio la vittoria di chi oggi sta all'opposizione. Ma per vincere...». Ecco: «Servono due parole chiave. Unità, ricostruire l'unità, e bisogna farlo subito, prima delle prossime elezioni amministrative (come sapete, auspico almeno un patto con Rifondazione)». Quindi: «Apertura ai movimenti, non si può avere verso di loro un atteggiamento sbagliato, per esempio pensare di egemonizzarli. Occorre un rapporto sistematico e paritario». E a proposito del pericolo di scissione: «Se qualcuno oggi pensa che sia il momento di fare una nuova formazione politica è fuori dalla storia». AI Polo riserva legnate diffuse («I signori della Casa delle libertà che idea hanno della libertà?», «creano il consenso con il massimo di distorsione mediatica», «di cultura mi pare si curino poco, si sono persino inventati il mito celtico...»), agli innominati Fassino e D'Alema un «semi-sì» («metto a disposizione le energie di cui dispongo per le due parole chiave di cui dicevo»), e solo alla fine un monito in politichese: «Siccome dicono di essere disponibili, è bene che ci provino, a determinare questo progetto». Sergio Cofferati, ex segretario della Cgil

Luoghi citati: Emilia, Firenze, Milano, Reggio, Rubiera, Seveso