Giorno di sangue alla Parigi-Dakar Incidente sulle dune, muore francese di Stefano Mancini

Giorno di sangue alla Parigi-Dakar Incidente sulle dune, muore francese FERITO IL SUO COMPAGNO. ESCE DAL COMA IL PILOTA GIAPPONESE CHE SI ERA ROVESCIATO GIOVEDÌ' Giorno di sangue alla Parigi-Dakar Incidente sulle dune, muore francese Questa edizione della corsa è partita da Marsiglia e si concluderà a Sharm El Sheikh, dopo 8500 km Stefano Mancini Thierry Sabine sosteneva che la Parigi-Dakar è una sfida per chi parte e un sogno per chi la vede partire. Sabine è il padre di questa folle corsa nel deserto e una delle sue 41 vittime: seguiva l'edizione del 1986 da un elicottero nel deserto del Tenére quando fu investito da una tempesta di sabbia e si schiantò contro una duna. L'ultimo morto è Bruno Cauvy, 48 anni, francese, prima esperienza in questo rally, copilota di Daniel Nebot che se l'è cavata con un forte mal di schiena. Ieri, a metà della decima tappa, 512 chilometri in territorio libico da Zilla a Sarir, la loro Toyota si è rovesciata decollando da una duna o dopo aver urtato un sasso (la dinamica ancora non è chiara). I soccorritori sono arrivati dopo 27 minuti e non hanno potuto fare nulla. La carovana è di nuovo sotto choc, dopo aver tirato un sospiro di sollievo per la salute del giapponese Kenjiro Shinozuka, uscito dal coma in cui era precipitato giovedì. Shinozuka ha lasciato ieri il reparto di terapia intensiva di una clinica di Tunisi, la «Berges du Lac», dóve era stato ricoverato in fin di vita; Anche lui si era rovesciato sul fianco di una duna, al volante di una Nissan, Non ci sono strade lungo i deserti della «Dakar»: soltanto piste, colline di sabbia, rocce e un vento, il Ghibli, che cancella e ridisegna di continuo il paesaggio. Si può morire in tanti modi da quelle parti: nel '91, l'autista di un camion dell'assistenza, Paul Cabane, viene ucciso a fucilate in un villaggio, nel '96 il francese Laurent Guegen salta in aria su una mina nel Sud del Marocco. Bambini, spettatori, un agente di polizia sono stati travolti dai concorrenti delle venticinque edizioni. Lo show va avanti. Ha cambiato connotati, ha spostato gli itinerari lontano dalle zone di guerra, ha adottato nuovi sistemi di sicurezza. Sono rimasti il nome, anche se si parte da Marsiglia e si arriva a Sharm El Sheikh, in Egitto, migliaia di chilometri a Est della capitale del Senegal, e tanto deserto, dopo le tre prove europee: 14 tappe africane attraverso Tunisia (3), Libia (5) ed Egitto (6), 8552 chilometri di cui 5216 di speciali. Al via ili0 gennaio si sono presentati 155 moto, 125 auto e 45 camion, 440 concorrenti in tutto, tra i quali nove donne, Arrivati a Valencia, si sono imbarcati per cominciare l'avventura africana. In classifica adesso comandano i francesi: StephanePeterhansel è primo nella categoria auto, mentre nelle moto Richard Sainct e Cyril Despres hanno superato ieri l'italiano Fabrizio Meoni, campione in carica, attardato da noie al motore della sua Ktm. «Ognuno sa a quali rischi si va incontro», racconta Carlo Pemat, oggi manager di Loris Capirossi, dair'85 al '90 organizzatore di cinque Dakar alla guida del team Cagiva. Ogni mezzo è equipaggiato con una radio detta Balise che è collegata a un satelhte e fornisce agli organizzatori la posizione esatta dei concorrenti. Chi accende la Balise viene ritrovato dalle squadre di soccorso, portato in salvo e squalificato dalla corsa. «Ricordo piloti che sono morti piuttosto di schiacciare il pulsante dell'sos dice Pemat -. E altri che hanno rischiato di impazzire nelle tempeste di sabbia. Quando soffia il Ghibli, i motociclisti devono fermarsi e tenere il casco in testa per non essere colpiti dai sassi. Appena il vento si placa, appare un paesaggio diverso e non sanno più dove andare». Fino al '90 ci si orientava con la sola bussola e a qualcuno capitò di vagare per giorni prima di ritrovare 'itinerario (odi essere ritrovato), AThierry Sabine l'idea della ParigiDakar venne nel '77 durante il rally Abidjan-Nice. Si innamorò del de¬ serto libico in cui si era smarrito e decise di organizzare una corsa che attraversasse quelle distese di sabbia che separano il Nord Africa da Dakar. Il battesimo si tenne il giorno di Capodanno del '79, partenza dal Trocadero di Parigi. A cavallo degli Anni Ottanta e Novanta la corsa diviene evento e arriva a riunire mezzo milione di persone alla partenza, affascinate da questo mix di avventura, motori e mal d'Africa. «Chi partecipava aveva qualcosa da raccontare per tutta la vita», spiega Pemat. Oggi la corsa ha perso un po' del suo fascino. E' cresciuta la tecnologia, sono calati la magia e i grandi team, «Non so se questi piloti sono pazzi. Atleti estremi, questo sì. Hanno una resistenza al dolore impensabile per una persona normale». Medico rianimatore e appassionato di motori, Luciano Azzarà ne ha conosciuti e soccorsi durante il Rally dei Faraoni. «Li ho visti guidare auto con la clavicola fratturata e moto con la mano a pezzi racconta -, Uno voleva continuare la corsa malgrado una frattura alla colonna vertebrale: per fermarlo abbiamo dovuto ricorrere alla squalifica medica». Di Hubert Auriol, oggi organizzatore della Dakar, si narra che neh' 1986 percorse in moto 30 chilometri della penultima tappa con entrambe le caviglie fratturate. Tagliò il traguardo con 7 minuti di vantaggio. Il giorno dopo si arrese. La Parigi-Dakar edizione 2003 ha fatto al sua prima vittima