Un'alleanza Cina-America di fronte al ricatto di Kim

Un'alleanza Cina-America di fronte al ricatto di Kim 'jm*tt.';~r-r-~~':.::lm ~r SI APRE UN NUOVO SC -mfrtemmiim- ^ ' IO GEOPOLITICO Un'alleanza Cina-America di fronte al ricatto di Kim Pechino ha offerto appoggio contro l'Iraq in cambio della freddezza Usa nei confronti di Taiwan. Ora offre di placare i bollori dell'ingombrante vicino retroscena Francesco Sisci PECHINO LA Corea del Nord toma a far crescere giorno dopo giorno la tensione rubando ormai l'attenzione per quella che doveva essere l'imminente guerra in Iraq. Eppure mentre vicini e lontani prendono sempre più sul serio le minacce nordcoreane di fabbricare ordigni atomici, e magari anche, come Pyongyang ha detto ieri, di riprendere i test missilistici, i governi di Usa e Cina, soli, mantengono la calma e minimizzano. In nottata Washington spiegava che il ritiro della Corea del Nord dal trattato di non proliferazione nucleare era causa di preoccupazione, ma era una mossa era prevista. Qualche ora dopo, quasi a fargli eco, la portavoce del governo cinese Zhang Qiyue diceva di essere molto preoccupata dal comportamento nordcoreano ma che la Cina avrebbe continuato ad aiutare la Corea del Nord verso «una risoluzione pacifica della crisi». Appare così una convergenza di giudizi tra Stati Uniti e Cina sulla realtà della Corea del Nord. Il «caro leader» nordcoreano Kim Jong-il sta solo tirando la corda ma non avrebbe intenzione di portare avanti le sue minacce e costruire effettivamente un ordigno atomico o lanciare qualcuno dei suoi 500 missili sopra la testa del Giappone, come fece nel 1998. Inoltre appare esserci una grande concertazione politica tra Cina, Stati Uniti e Sud Corea per spingere Pyongyang a rivolgersi principalmente verso Seul. Per questo i prossimi colloqui del 21 gennaio tra Sud e Nord nella capitale sudcoreana, potranno essere una svolta, al di là delle minacce urlate in questi giorni. Ouei colloqui potrebbero fare iniziare concretamente il processo di distensione e riunifìcazione della penisola coreana. Così in realtà questa crisi coreana sta offrendo una nuova occasione per rafforzare la collaborazione tra Gina e Stati Uniti. Già nei mesi scorsi si raccontava di un patto stretto tra Cina e Usa riguardo alla guerra in Iraq. Pechino avrebbe offerto sostanzialmente il suo appoggio politico alla guerra in cambio di una freddezza americana alle spinte per l'indipendenza dell'isola di Taiwan, formalmente parte della Cina anche se di fatto assolutamente autonoma. Il patto si è saldato l'estate scorsa quando gli americani hanno gelato il presidente taiwanese Chen Shui-bian, che voleva indire un referendum per la dichiarazione di indipendenza dell'isola. Gli Stati Uniti sostennero che si trattava di una proposta provocatoria e guerrafondaia, Chen si tacitò e la Cina neppure commentò l'accaduto. Oggi la Corea del Nord è un'altra area di partnership concreta tra i due Paesi, anche perché la Cina, al di là dell'antica alleanza, è sempre più infastidita da Pyongyang. L'annuncio di ripresa del programma nucleare della Corea del Nord nell'ottobre scorso, arrivava pochi giorni dopo che il presidente cinese Jiang Zemin aveva detto al collega americano George Bush di essere favorevole a una penisola coreana denuclearizzata. Quindi se l'annuncio di Kim sul nucleare fosse stato uno schiaffo a Jiang, Kim diceva che la Cina era disinformata oppure mentiva riguardo alle intenzioni nordcoreane. A Pechino molti studiosi cinesi oggi sottolineano che in realtà i rapporti tra Cina e Nord Corea sono ben lungi dall'essere idilliaci, che la Cina non ha più l'influenza di una volta su Pyongyang. In qualche modo, la stessa dichiarazione nordcoreana fatta agli Usa di ripresa del programma nucleare, può essere vista quasi come una ril- -Uone alla vecchia tutela cinese e una decisione di aprire un canale autonomo di dialogo con gli Usa. D'altro canto il potere di pressione della Cina sulla Corea del Nord rimane enorme. Per decenni la Corea del Nord aveva mantenuto una larga autonomia verso Pechino grazie alla capacità del vecchio leader nordcoreano Kim Il-Sung di giocare i sovietici contro i cinesi. Il crollo dell'Urss, economico prima ancora che politico, e la contemporanea crescita dell'economia cinese spostavano però tutti gli equilibri. Pyongyang di fatto poteva contare solo sulla Cina per la sua sopravvivenza, visto che l'Urss si era dissolta. Pechino è così diventato il vero cordone ombelicale dell'esistenza della Corea dfil Nord,, e non solo per gli aiuti duetti che la Cina fornisce all'affamata Nord Corea, ma anche perchè molti degli aiuti intemazionali a Pyongyang fanno scalo nella capitale cinese. Inoltre c'è la questione dei profughi nordcoreani in Cina. Se, come hanno suggerito alcune associazioni umanitarie americane, la Cina aprisse completamente il suo confine con la Corea del Nord, la popolazione nordcoreana emigrerebbe in massa, provocando lo scioglimento del regime. Questo potrebbe non essere una semplice fantasia se gli Usa e il Giappone si impegnassero a versare aiuti alla Cina per il sostentamento dei profughi. Inoltre c'è il fatto che il secondo figlio di Kim, Jong-il, vive a Pechino in una villa di lusso, quasi ostaggio, come si usava nei secoli passati, del governo cinese. Pechino, in altre parole, ha molte frecce al suo arco per ferma¬ re Pyongyang prima che sia troppo tardi e far crollare quel regime. Ma Cina e Sud Corea non vogliono il crollo del regime che imporrebbe immensi costi per la ricostruzione del Paese e l'accoglienza di 22 milioni di nordcoreani. Questi costi dovrebbero essere nel caso anche sostenuti dagli Usa che, già alle prese con una profonda crisi economica e gli esosi preparativi di guerra, vorrebbe certo evitare nuovi esborsi. Quindi nessuno vuole premere a fondo contro la Corea del Nord nel timore di un suo effettivo crollo. Questo timore da un lato dà spazio alle iniziative militaresche di Pyongyang ma dall'altro rinforza la collaborazione tra Cina e Usa. In qualche modo, la più grande forza della Corea del Nord è la sua debolezza, la dissoluzione della Corea del Nord con la sua eredità di immensi problemi sociali fa più paura del e sue minacce di guerra. Anche le minacce poi hanno bisogno di tempi minimi per essere realizzate. L'atomica nordcoreana potrebbe essere prodotta hi un periodo fra i cinque-sei mesi, e lo stesso reattore nucleare non può diventare operativo, dicono, prima della metà di febbraio. Questi tempi potrebbero però allungarsi, viste le carenze tecniche ed economiche di Pyongyang. Rimangono i missili, che sono una forma di terrorismo psicologico diretto soprattutto al Giappone, la cui borsa è storicamente sensibile alle minacce nordcoreane. Di nuovo, né Cina né Stati Uniti vogliono ulteriori presswai contro la malandata economia giapponese, e Pyongyang sa che oggi un missile, dopo le minacce, avrebbe conseguenze imprevedibili. La Cina cosi cerca la mediazione, fa capire apli Stali Uniti che la Corea del Nord è orgogliosa, che non vuole apparire come un Pae¬ se che mendica aiuti ma che ha bisogno di sostegno per far riprendere la sua economia. Pechino spiega agli Usa che loro sono come un elefante e devono fare attenzione a dove posano la zampa perché poi un mucchio di formiche ne potranno soffrire. E la Corea del Nord è una formica, vuole solo sopravvivere, non siede su una montagna di risorse strategiche, come il petrolio dell'Iraq, né finanzia o organizza gruppi terroristi come succedeva per i taleban dell'Afghanistan, chiede solo aiuti economici. Il problema è che lo fa con una specie di ricatto da fumetto, da film di fantascienza, dove il criminale pazzo chiede un miliardo di dollari altrimenti farà saltare New York o Parigi. Ma nell'Asia che vuole la Cina in crescita economica, non c'è spazio per simili ricatti. La Cina vuole stabilità e tranquillità per lo sviluppo economico suo e della regione, cose che vogliono anche gli Usa, consci dei riflessi globali di una destabilizzazione asiatica. Questa profonda comunanza di interessi e propositi tra i due Paesi crea così un nuovo panorama geopohtico globale. La Cina nel suo auspicato rapporto da partner degli Usa non ha da offrire solo una tiepida neutralità o sostegno nella guerra in Iraq o Afghanistan, ma un appoggio diretto nel controllo della Corea del Nord. È un appoggio cruciale per la stabilità del globo, come si vfoie iif^jiirte ore, ed è insostituibile, nessuno può fare altrettanto con la Corea del Nord o qualche altro Paese-minaccia nel mondo. Allora proprio come nel 1950 per la Corea del Nord, Cina e Usa si fecero la guerra e Mao decise di rompere gli indugi e schierarsi con Mosca, oggi per la stessa Corea del Nord, Cina e Stati Uniti stanno formando un'alleanza che potrebbe dominare il secolo. Il presidente cinese Jiang Zemin Se si aprissero le frontiere la popolazione del Nord emigrerebbe in massa Il crollo del regime imporrebbe immensi costi per la ricostruzione e l'accoglienza di 22 milioni di persone Gli enormi problemi sociali del Paese fanno più paura delle sue minacce