Quando la memoria se ne va di Marina Verna

Quando la memoria se ne va LA PRINCIPALE FONTE DI APPRENSIONE PER GLI ANZIANI NON È LA MORTE, MA LA DEMENZA Quando la memoria se ne va Marina Verna GLI anziani temono la demenza più della morte». A rovesciare quella che sembrava un'ovvietà - nulla è più spaventoso dell'idea di morire - è, dalle colonne dell'HeraW Tribune, ima neuropsicologa americana, Alexandra Bennett, che ha raccolto negli anni le confidenze di centinaia di pazienti. E le loro richieste di qualcosa - un farmaco, un esercizio, una dieta - che allontanasse lo spauracchio dell'Alzheimer, «più spaventoso della morte, perché quello ti ruba la personalità e ti rende del tutto dipendente dagli altri. E se la vita non è più vita, perché viverla?». Finché si riesce a pensare così, dice Bennett, vuol dire che il cervello funziona ancora. «Chi viene da me esprimendo queste paure, in genere è sano spiega la neuropsicologa -. I veri malati non si rendono conto dei loro pensieri sconnessi né dei vuoti di memoria». La paura di scivolare nel buio della demenza comincia con il ripetersi delle piccole smemoratezze di ogni giorno: un appuntamento dimenticato, un rubinetto lasciato aperto, un nome sulla punta della lingua che non vuole venir fuori. È questo il segnale?, ci si chiede angosciati. La mia mente se ne sta andando? Ho l'Alzheimer? Statisticamente ne soffrono il 5 per cento degli uomini e il 6 per cento delle donne oltre i sessant'anni. La maggior parte degli anziani, dunque, non ne sarà toccata realmente. Eppure ha paura, e la paura avvelena gli ultimi anni di vita. Eppure, dice Bennett, se non trovate le chiavi di casa, non c'è da preoccuparsi: probabilmente rincasando eravate soprappensiero, le avete posate sul primo ripiano a portata di mano e non avete impegnato la mente a memorizzare quale. Non preoccupatevi neppure se non riuscite a ricordare il numero di telefono che avete appena composto: la memoria «a breve» dura pochi secondi e ha una capacità limitata, non più di sette-otto cifre. Gli stimoli, nelle nostre vite, sono così incessanti che la memoria è sempre ingolfata. La domanda fatale è piuttosto questa: «Dove ho messo la macchina?». Ripetuta ogni giorno, dicono i neurofisiologi, è un campanello d'allarme. Ce ne sono anche altri. Per esempio, se la nonna dice un po' troppo spesso «Ai miei tempi...», non è solo un vezzo. Se il nonno cambia sempre discorso perché gli interessa parlare unicamente di «quando ho fatto la guerra...», non è solo monomaniaco. Quando la vecchia zia ripete tutto il giorno le preghierine della sua infanzia, non ci sono dubbi: la memoria a breve è irrimediabilmente perduta. Resta in funzione solo il magazzino dei ricordi lontani, dove si pescano vecchie memorie scambiandole per recenti. E l'assemblaggio, quando si è nel grigio dell'Alzheimer, è piuttosto dissennato. Di quanto ci stimola ogni giorno oggetti nel campo visivo, rumori, odori, sapori - il cervello immagazzina non più dell'uno per cento. Tutto il resto non serve e ingombrerebbe soltanto la mente. Attraverso l'attenzione, il cervello seleziona imo stimolo per volta quasi nessuno, ad esempio, riesce a seguire due conversazioni contemporaneamente - lo trattiene per qualche secondo, lo soppesa, poi decide se lasciarlo andare o conservarlo nel grande deposito dei ricordi indelebili. Dimenticare questo o quello, dunque, non è grave. Anche ricostruire un fatto più o meno esattamente è normale. La mente però vaneggia quando si costruisce ima realtà parallela, mettendo insieme spezzoni del passato incoerenti con il presente. «Il cervello dell'anziano non è più clastico - spiega il neurofisiologo del'Università di Torino Piergiorgio Strata -. Quando si intestardisce su una falsa memoria, è difficile fargli cambiare idea. Dire "ti sbagli" non va bene, l'anziano ci resta male e si intestardisce ancora di più». Che fare? «Distrarlo. Scorderà molto in fretta quello che voleva fare. Se esce per prendere l'autobus e andare in ufficio, basterà dirgli che c'è uno sciopero di due ore ed è meglio aspettare in casa che finisca». Ricostruire i fatti in modo fantasioso è fenomeno comune, non significa automaticamente demenza senile. «La memoria è un processo di ricostruzione, non una traccia indelebile come una fotografia o un disco - spiega ancora il professor Strata -. Le percezioni non si depositano come un libro in biblioteca, pronto per una lettura sempre identica. Il ricordo è un mosaico che perde continuamente pezzi: quando lo tiriamo fuori, mettiamo insieme ciò che resta, aggiungendo pezzi arbitrari che ci sembra stiano jene, che creino un quadro coerente con quello che siamo e pensiamo in quel momento». Che la ricostruzione corrisponda al vero, è tutt'altra faccenda. A volte è completamente infedele. C'è travisamento. Magari allucinazioni: l'anziano vede cose che non ci sono. Chiede di tornare a casa sua, avendo in mente la casa dell'infanzia. Non riconosce la moglie, perché cerca la ragazza sposata in gioventù. Tratta la badante come la sua antica segretaria, credendo di essere in ufficio. Che cosa si può fare? Niente, è la risposta della scienza. Per rafforzare la memoria ci sono soltanto palliativi. Passato di moda l'inutile fosforo, è la volta dell'acetilcolina. Uno stimolante della memoria che si vende in farmacia sotto forma di pillola e dal tabaccaio sotto forma di sigaretta: è ormai dimostrato che la nicotina rafforza la memoria e malattie degenerative come il Parkinson e l'Alzheimer sono meno diffuse tra i fumatori. E che cosa si può fare per evitare che emergano ricordi o atteggiamenti imbarazzanti, non più tenuti a bada dai freni inibitori? Anche qui, nulla. La selezione dei fatti per il magazzino della memoria avviene sulla base del contenuto emotivo: piacere e dispiacere governano la porta d'ingresso e quello che è entrato può uscire inopinatamente in qualunque momento. Tutte le percezioni, anche quelle che la memoria aveva sempre rimosso. Come accadde a quel signore, che a nove anni aveva dato una picconata in testa al fratello. Per tutta la vita aveva cancellato quel gesto e ricordato soltanto che, terrorizzato, in ginocchio davanti a una statuina della Madonna, aveva pregato che non morisse. Da vecchio, riaffiorò anche il resto. E lo fermarono più volte che roteava il bastone. Una neuropsicologa americana: «Solo il 50Zo degli uomini e il 60Zo delle donne oltre i sessant'anni soffre di Alzheimer: eppure tutti ne hanno paura, e la paura avvelena l'ultima fase della vita»

Persone citate: Alexandra Bennett, La Morte, Parkinson, Piergiorgio Strata, Strata

Luoghi citati: Torino