Il nuovo slogan è «lo ci sono»

Il nuovo slogan è «lo ci sono» Il nuovo slogan è «lo ci sono» Jacopo lacoboni inviato a FIRENZE Non è il vertice della sinistra «massimalista», è l'happening della sinistra mediatica e postmoderna. Il mezzo è il messaggio: politichese, adieu. E' la prima frase di Nanni Moretti, nove e cinque di sera, Palasport che praticamente cade giù: «Noi siamo i datori di lavoro dei professionisti della politica: la nostra voce devono ascoltarla». La terza è: «Basta con le caricature di chi ci dipinge come massimalisti». La sesta: «Ci hanno detto che non basta aver leader che scaldano il cuore, bisogna conoscere l'arte di vincere. Ma diamine, questi non scaldano il cuore, e ci fanno anche perdere. Il nostro leader sì: è Sergio Cofferati». E' il manifesto della sinistra mediatica: un po' «antipolitica», molto televisiva, chiarissima nei messaggi, battutista quanto si conviene, ridondante di simboli che il pubblico (settemila persone, un migliaio fuori: per loro hanno improvvisato un comizio Pardi, Melandri, Flores) capisce al punto da gettar via il telecomando,Non èmeancheun caso che sulla seratai aleggi Michele Santoro, che poi alla fine non verrà, salvo far sapere: «Michele con Cofferati farà il 21 una serata a Sesto San Giovanni». I messaggi del Palasport, in eletti, funzionerebbero benissimo in tv. Prendetene un paio di due ore prima. Paolo Flores d'Arcais che invita: «Sull'articolo 18 abbiamo vinto noi, Berlusconi non lo toccherà». WMffm^mmm- Pardi: basta con il politichese. Noi diciamo cose che la gente capisce E allora? «Gridiamolo». Paul Ginsborg che arineggia col Nokia, manda un Sms al segretario della Camera del lavoro fiorentino e dice: «Massimalismo contro riformismo? Ma sono descrizioni da Anni Venti, roba da allarmi antibordighistil». Voi siete oltre? Sorrisone: «Un po'più nuovi, almeno». Calze sulle telecamere quelle no, non se ne vedono: però simboli ovunque. Cineprese, situazionismo puro con quella tv messa alla sinistra del palco, due megaschermi, il Regista sul palco, l'attesa del Conduttore tv, politici con l'orecchino da rock star, professori con la sciarpa rossa annodata (Ginsborg) oppure la tracolla arancione (Flores), battutisti che potrebbero tranquillamente scrivere una gag di «Striscia». Ecco, le battute pre-palco: fanno pensare agli autori di format che tirano. Gloria Buffo a Fabio Mussi (riferendosi alla sfogo di Fassino, «Ne ho le tasche piene*): «Noi nelle tasche abbiamo un sacco di spazio, vero Fabio?». Lui ride. Poi si rivolge a Vendola e ammicca agli spalti: «Nicki, è venuta una ventina di amici, eh?». L'altro non è che colga al volo, ma non basta. Lo avvicina Giovanna Melandri: «Nicki, sai perché sono così pimpante? Perché proprio ieri sono tornata da Cuba. Tu ci sei mai stato?». E lui: «Sì, quand'ero all'Università. Oggi uno dei miei migliori amici ci ha aperto la prima cattedra di storia della cultura omosessuale...». E' la sinistra massimalista e sfascia-Ulivo oppure, letteralmente, un happening, che cerca di fuggire all'alambicco pohtichese diessino? Giudicate da due-tre interventi. Ornella de Zordo, sul palco: «Vogliamo la nuova politica. No ai verticismi, e no senza condizioni alla guerra». Panche Pardi, sotto: «Noi postmoderni, nel metodo, come Berlusconi? Se è un paragone con lui non mi sta bene, se è un modo per dire che diciamo cose che la gente capisce, allora sì» (e abbraccia Silvia Bonucci: «Sei bellissima»). Valentino Parlato: «Massi, il massimalismo è un'analisi decotta. Questi movimenti puntano a battere chi si è perso nel pohtichese». E lì vicino Marco Rizzo, che mette l'accento sui «sentimenti del nostro popolo»; Pietro Folena, che dice «macché estremismo, è solo una sinistra che sa essere popolare, e Cofferati è un suo leader naturale»; Giovanna Melandri, che ipermediatica manda messaggini; il sindaco Domenici e il presidente Martini che stringono mani, clintoniani... Sulla spilletta del 23 marzo 2002, sciopero contro la modifica dell'articolo 18, c'era scritto «io non ci sto». Sulle coccarda venduta per autofinanziamento e, adesso, appuntata sul blazer blu di Cofferati (che ancheggia leggermente sulle note finali di «Bella ciao», versione Banda Bartò): «Io ci sono». In sfumature semantiche come questa sta l'evoluzione dell'asinistracome-happening». WMffm^mmm- Pardi: basta con il politichese. Noi diciamo cose che la gente capisce

Luoghi citati: Cuba, Firenze, Sesto San Giovanni