L'ira di Fassino contro Cofferati «Adesso ne ho le tasche piene»

L'ira di Fassino contro Cofferati «Adesso ne ho le tasche piene» D'ALEMA: E QUALUNQUISMO DIRE CHE VOGLIAMO L'INCIUCIO L'ira di Fassino contro Cofferati «Adesso ne ho le tasche piene» «Non sopporto questo modo di far politica, manovra per delegittimare il gruppo dirigente» Il Correntone contrattacca: il partito non può essere una fortezza con il segretario e i suoi Maria Teresa Meli ROMA Sugli schermi tv Piero Fassino nega l'esistenza di un "problema Cofferati", al chiuso della riunione del direttivo, invece, il leader della Quercia lascia chiaramente capire che quel problema, per i vertici del Boteghino, c'è, eccome se c'è. Anzi c'è di più: c'è l'incubo che il Cinese, con la sua popolarità e la rete di rapporti che si sta costruendo tra movimenti e girotondi, delegittimi il gruppo dirigente del partito. Non a caso, nella lunga relazione del segretario, il richiamo al rischio della delegittimazione ricorre più e più volte. A chi, se non all'ex leader della Cgil, si rivolge infatti Fassino quando dice: «Ci accusavano di non occuparci dei temi del lavoro e della giustizia, ci accusavano di essere a favore della guerra, ci accusavano di non fare opposizione, ora ci accusano di volere inciuciare con Berlusconi: questa è una manovra per delegittimare il gruppo dirigente del partito e destabilizzare i ds e io ne ho le tasche piene di questo modo di far politica». Insomma, l'adunata cofferatiana che si terra stasera a Firenze ha già sortito i suoi effetti. E il segretario tenta di correre ai ripari attaccando. Nel direttivo, ma anche con un'intervista aU'wEspresso» in cui sfida il Cinese. «E' immorale» e ha il sapore del «vecchio stalinismo» questo tentativo di «destabilizzare i dirigenti ds», ammonisce il segretario. Un conto, è «fare testimonianza», un altro «far politica», aggiunge. «Non vorrei che quando si vince il merito è di Cofferati e se si perde la colpa è mia», sottolinea poi Fassino che apre anche un altro fronte: quello delle pensioni. Ma quest'ultimo affondo provoca la dura reazione della Cgil, e il leader è costretto a precisare: «Non ho mai proposto l'allungamento obbligatorio per tutti dell'età pensionabile». Nella riunione del direttivo, poi, Fassino va giù duro. Se la prende con tutti, Cofferati, movimenti, correntone, e anche con «l'Unità», su «cui si è arrivati a sostenere che noi ci mettiamo al tavolo a trattare addirittura con gli avvocati di Berlusconi». L'adunata fiorentina non va giù a Fassino, al di là delle frasi di circostanza pronunciate davanti alle tv. «E' un'iniziativa al di fuori del partito», secondo il segretario. «Va bene - aggiunge se porta consensi ma non se conduce alla delegittimazione del gruppo dirigente». Ancora, la delegittimazione. E poi di nuovo: «Io - dice Fassino parlando dei rapporti con i no global - non vado a dire ai movimenti che il loro gruppo dirigente è delegittimato». E di nuovo: «Veniamo criticati ancora prima di fare qualcosa e questo è il segno di un precisa volontà di delegittimare i vertici dei ds». Un continuo, insomma. In quella stanza, dove pure la minoranza replica a brutto muso al segretario, i dirigenti del correntone capiscono benissimo che il leader sta parlando a nuora perché suocera intenda. Certo, Fassino non può concedersi il lusso di sferrare un violento attacco diretto a Cofferati, ma è chiaro che la sua è un'offensiva anti-Cinese. Massimo D'Alema, invece, tace. Lui vuole parlare al convegno della Fondazione Italianieuropei, quindi non interviene, se non con una battuta che la dice lunga sullo stato d'animo del presidente della Ouercia nei confronti di Cofferati e del cofferatismo: «Mi hanno già consegnato al boia, ma sono ancora vivo». Qualche ora più tardi, nel pome- riggio, anche D'Alema tirerà la sua frecciata nei confronti del Cinese: «E' qualunquismo dire che vogliamo l'inciucio». La riunione del direttivo va avanti per ore. C'è tensione, ma soprattutto nella maggioranza. Il correntone viene messo sul banco degli accusati. «Ci vuole consapevolezza e senso di re¬ sponsabilità -esorta Fassino perché con gli atteggiamenti autodistruttivi si demolisce il partito». Perché fare il gioco di Flores D'Arcais, che «vuole destrutturare i ds, nell'illusione che, una volta demoliti noi, rinasce l'Ulivo?». «Non si può andare avanti così», sbotta ancora il segretario, che aggiunge. «Se certe cose le dice Flores io gli rispondo pubblicamente, ma se le dice qualcuno del mio partito non replico per spirito d'unità, ma osservo: in questo modo non si va da nessuna parte». Il correntone replica. Colpo su colpo. E con Fabio Mussi ribatte al segretario che il partito «non può essere una fortezza, non può essere fatto dal segretario, pochi suoi sostenitori, la sua maggioranza, e noi, i rompiscatole che minacciano l'unità: bisogna saper governare il pluralismo». Interventi su interventi, repliche, botta e risposta. La minoranza contrattacca, ma non sembra turbata dall'offensiva di Fassino. Ha la mente già rivolta all'adunata fiorentina e sa che il vero bersaglio è Cofferati, come lo sa lo stesso Cinese, i cui uomini replicano a Fassino con queste parole: «Veniamo accusati di destabilizzare noi i ds, ma se un partito perde 150 mila iscritti in un anno significa che è in una grave crisi politica, e non per colpa nostra». Piero Fassino, leader della Quercia; è scontro aperto con Cofferati

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