Fìat, le banche favorevoli alla scissione dell'auto

Fìat, le banche favorevoli alla scissione dell'auto SMENTITE ALTRE INDISCREZIONI. FERMO ILTITOLO, OGGI INCONTRO TECNICO CON L'AZIENDA Fìat, le banche favorevoli alla scissione dell'auto Possibili altri investimenti per 4-5 miliardi. Passera: una mossa ragionevole Flavia Podestà MILANO «Separare Fiat Auto dal resto del gruppo Fiat è l'unica cosa ragionevole: per l'auto e per il gruppo torinese». Corrado Passera non ha dubbi, come non ne nutre Matteo Arpe. Amministratore delegato di Banca Intesa e direttore generale di Capitalia sono convinti che - con l'evoluzione per loro pressoché naturale del piano di riassetto e rilancio messo a punto dal Lingotto - si sia giunti finalmente a completare la quadratura del cerchio con un passo che fa chiarezza e facilita tutti gli approdi per il rilancio di Fiat Auto. Un piano partorito in sede aziendale e, pertanto, ben accetto alle banche creditrici che non da ieri hanno scelto una linea di condotta rigorosa nei confronti dei vertici del Lingotto: attenersi al rispetto del piano industriale e finanziario concordato con l'azienda all'atto della stipula del bond convertibile da 3 miliardi di euro e prendere in esame esclusivamente aggiornamenti o eventuali alternative partoriti o avallali dal top management della Fiat. Un piano che le banche - che vi ragionano con il vertice del gruppo torinese da alcune settimane (ben prima, dunque, che si scatenassero tanti appetiti sul Lingotto) - avrebbero preferito restasse coperto ancora per un paio di settimane per permettere la sistemazione degli ultimi dettagli. Ma un pianofoltewi se anche, ufficialmente almeno, non sarebbe stato esaminat^?el5''9a['vertice dei quattro istituti di ereditò più direttamente impegnati nel sostenere riassetto e rilancio della Fiat - è riuscito, a quanto pare, a mettere tutti d'accordo: Intesa e Unicredito Italiano, Sanpaololmi e Capitalia ma anche l'intero vertice della Fiat (e, dunque, il presidente Paolo Fresco e l'ad Alessandro Barberis) con la famiglia Agnelli che oggi ha il suo punto di riferimento sul campo nel dottor Umberto, presidente dell'Ifil e vice presidente dell'Ifi che non si è concesso grandi vacanze durante le festività natahzie. «Perché non è contro nessuno, non pregiudica nulla - rileva Arpe - mentre costituisce una premessa per costruire al meglio anche il rilancio dell'auto, qualunque sia il ruolo che in futuro voglia giocarvi la famiglia piuttosto che Gm o altri ancora». Viene chiarito, infatti, che numerosi sarebbero i vantaggi della scissione di tutti gli asset di Fiat e dei debiti - da conferire ad una neweo - da Fiat Auto: e non viceversa. Intanto le attività che funzionano ma che, sotto lo stesso cappello di Fiat, oggi soffrono per la crisi dell'auto, potrebbero recuperare valore: il che consentirebbe loro di sopportare anche un livello maggiore di indebitamento. Inoltre si avrebbero due società che, nate con gli stessi soci, in futuro potrebbero averne anche di diversi: il che non è di poco conto per il finanziamento degli investimenti in Fiat Auto. Nell'auto, infatti, il piano prevederebbe di investire 4/5 miliardi di euro: per la sua parte. Fiat dovrebbe ricorrere all'indebitamento, ma potrebbe farvi fronte non solo cedendo gli asset non strategici, ma anche aprendo il capitale di Fiat Auto a terzi, senza per questo cedere il controllo che le consente di negoziare al meglio eventualmente il put con Gm. Le manifestazioni di interesse da parte dell'imprenditoria piemontese legata all'auto non mancano, ma le banche intendono su questo punto misurare - se la Fiat dovesse decidere di coinvolgere Colaninno - le vere intenzioni del finanziere mantovano. «Se Colaninno ha intenti industriali», dicono all'unisono i banchieri, «investirà in Fiat Auto». Se invece Colaninno è alla Fiat bis che punterebbe - mettendo tra l'altro sul tavolo, con i suoi amici, meno di 2000 miliardi di vecchie lire quando Mediobanca ne ha messi 1400 per il solo 350Zo della Ferrari - il suo intento sarebbe agli occhi dei banchieri solo finanziario: vorrebbe in altri termini «gestire in proprio quel break up che volendo gli Agnelli possono fare benissimo da soli». Le banche, infine, con la scissione non perderebbero il link che lega il tutto e che è essenziale per chi è interessato innanzitutto a rientrare in possesso dei capitali prestati. «Un piano che indicando una rotta precisa - rileva il direttore generale di Capitalia - dovrebbe, innanzitutto, evitare che sul mercato si ripropongano a getto continuo illazioni o progetti privi di costrutto». Esigenza quanto mai sentita dopo le illazioni suscitate dalle avances, peraltro ancora molto indefinite, di Roberto Colaninno e le chiacchiere in libertà che ieri si sono accavallate a valanga. Con il sito di Finanza Er Mercati che, anche in vista dell'arrivo in edicola il 14 gennaio del nuovo quotidiano finanziario, non ha esitato a diffondere un piano in cinque mosse, attribuito al ministero dell'Economia e al suo advisor Morgan Stanley, per portare in Borsa Fiat Auto. Piano singolare, ove fosse esistito, visto che la Fiat pur avendo delle difficoltà è pur sempre un gruppo privato: i collaboratori di Giulio Tremonti e la stessa banca d'affari americana han- Corrado Passera (IntesaBci) caso Fiat anche durante la pausa natalizia. La smentita più clamorosa, però, l'ha collezionata la Lettera Finanziaria con cui Peppino Turani rivelava un presunto mortale dissidio in casa Agnelli tra il coté femminile della famiglia - ossia le sorelle Clara, Susanna e Maria Sole - e il presidente dell'Ifil: essendosi affidale le prime secondo la Lettera Finanziaria - all'avvocato Franzo Grande Stevens per perorare l'ipotesi Colaninno, diffidando il fratello dal seguire altre vie. In serata Grande Stevens scandiva: «non mi risulta alcun dissidio tra i soci dell'accomandita». Parlando, infatti, in nome della Giovanni Agnelli S- C (ossia la cassaforte di famiglia degli Agnelli) l'avvocato torinese smentiva seccamente tutto: facendo sapere di «non aver mai visto né parlato con le sorelle Agnelli da quando il ragionier Colaninno ha reso nota l'intenzione di entrare nell'azionariato Fiat, e pertanto di non aver ricevuto incarichi». Ieri la Borsa è stata comunque cauta davanti al fioccare delle indiscrezioni e il titolo del Lingotto ha chiuso in leggera calo (-0,680zó a 8,96 euro) ma senza scossoni. Per oggi, intanto, è in programma l'incontro tecnico della Fiat con le quattro banche creditrici. Arpe (Capitalia): «La nuova strategia del Lingotto premette al rilancio qualunque sia il ruolo della Gm» no provveduto a smentire. Sul piano in cinque mosse tornava però un'agenzia di stampa per dire che qualcosa di molto simile era stato partorito dal finanziere Guido Roberto Vitale che, lasciato Sergio Cragnotli ai suoi guai, aveva pensato bene di dilettarsi «a titolo personale» sul RainerMasera (Sanpaololmi) Alessandro Barberis, amministratore delegato della Fiat Alessandro Profumo (Unicredit) Cesare Geronzi (Capitalia)

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