«Bontade vide Berlusconi ad Arcore»

«Bontade vide Berlusconi ad Arcore» NUOVE «RIVELAZIONI» AL PROCESSO DI PALERMO. I LEGALI DEL PREMIER: TUTTO FALSO «Bontade vide Berlusconi ad Arcore» Giuffrè attacca Dell'Utri, che replica: vi combattiamo Li rio Abbate corrispondente da PALERMO Il boss Stefano Bontade avrebbe visto ad Arcore Silvio Berlusconi. Lo avrebbe incontrato con la scusa di andare a trovare il fattore della villa, Vittorio Mangano, di cui era amico. Lo ha affermato ieri il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè, durante la sua deposizione in videoconferenza nel processo al senatore Marcello Dell'Utri, accusato a Palermo di concorso in associazione mafiosa. Il pentito ha detto di aver saputo di questi incontri da un altro boss. Michele Greco, negli Anni Ottanta, periodo in cui gestiva la latitanza del «papa» di Cosa nostra. Giuffrè non si è fermato a queste accuse ed ha aggiunto che il senatore di Forza Italia era molto vicino a Cosa nostra e nello stesso tempo ottimo referente per Berlusconi. Dal legale del premier, Niccolò Ghedmi, è subito arrivata una decisa smentita di rapporti sia diretti che indiretti con le persone citate da Giuffrè, in particolare con i boss. A conclusione dell'udienza è invece apparso sorpreso Dell'Utri che ha voluto sottolineare come il suo partito abbia combattuto la mafia. La deposizione dell'ex capomafia di Caccamo, che è stato nno degli uommi di fiducia di Bernardo Provenzano, è proseguita anche con la ricostruzione dell'assunzione di Vittorio Mangano come fattore della villa di Berlusconi. «Berlusconi - ha detto Giuffrè - aveva paura dei sequestri di persona e allora Dell'Utri gli presentò Mangano». Il fattore, all'epoca dei fatti, non era stato ancora indicato dagli inquirenti come uno dei boss delle famiglie palermitane, accusa per la quale venne poi arrestato. Rispondendo alle domande dei pm Antonio Ingroia e Domenico Gozzo, il pentito ha detto: «Marcello Dell'Utri era persona molto vicina a Cosa nostra e nello stesso tempo ottimo referente per Berlusconi, ed era stato reputato come persona seria e affidabile». Il collaboratore ha ricostruito gli incontri a cui lui stesso aveva partecipato con i boss Bernardo Provenzano, Carlo Greco e Pietro Aglieri, nella primavera del 1993, quando Cosa nostra era alla ricerca di «nuovi referenti politici che - ha detto - potevano aiutare l'associazione mafiosa». L'ex boss ha ricordato i riferimenti al «nuovo movimento politico che stava nascendo» ed il pentito ha affermato che si trat1 tava di Forza Italia e che Provenzano aveva ricevuto «garanzie» per aiutare Cosa nostra, «e così ha detto Giuffrè - ci siamo dati da fare per appoggiare la nuova formazione politica». Il pm Ingroia ha chiesto di spiegare meglio cosa intendeva, quando ha tarlato del senatore, definendoo «persona seria e affidabile». «Significa - ha risposto il pentito - mantenere gli impegni che si prendono prima delle elezioni e portarli avanti». I difensori del parlamentare hanno sollevato eccezioni, sottolineando che il pentito in precedenza, e cioè durante i 180 giorni di interrogatorio a cui è stato sottoposto, non avrebbe mai parlato del parlamentare come persona «vicina a Cosa nostra». Le pressioni subite da Berlusconi, la paura del sequestro di persona è un altro punto sul quale toma a parlare Giuffrè. Lo fa riferendo di un falso sequestro di persona che sarebbe stato organizzato da Cosa nostra davanti all'ingresso della villa di Arcore. «Un episo¬ dio - ha detto il pentito - che è stato organizzato per mettere paura a Berlusconi, in modo da esercitare una pressione indiretta per far assumere Vittorio Mangano». Giuffrè riferisce inoltre di una conversazione avvenuta nel 1993conilboss Carlo Greco : «Mi fece un nome per la zona di Brancaccio, che era Giovanni lenna, un costruttore in contatto diretto con Berlusconi e che era considerato molto affidabile. Tramite lenna - aggiunge Giuffrè - Carlo Greco e Pietro Aglieri avevano ricevuto garanzie che il nuovo movimento politico che si sarebbe formato avrebbe aiutato Cesa nostra».

Luoghi citati: Arcore, Palermo