Markov, il bulgaro ucciso col veleno nell'ombrello di Fabio Galvano

Markov, il bulgaro ucciso col veleno nell'ombrello LA STESSA PROTEINA RITROVATA ÌN INGHILTERRA ERA SERVITA PER UN CLAMOROSO OMiaDIO DEL 1978 VOLUTO DAI SERVIZI SEGRETI DI SOFIA Markov, il bulgaro ucciso col veleno nell'ombrello gL'arma del delitto era stata messa a punto con la collaborazione del Kgb sovietico la storia Fabio Galvano DI ricina si sarebbe parlato soltanto alcuni anni dopo, grazie alla confessione dell'ex generale del Kgb Oleg Kalugin: per anni i giornali inglesi si erano limitati a parlare di «mistero dell'ombrello maledetto» e Scotland Yard, nel dossier che a tutt'oggi non è stato ancora chiuso, si è sempre limitata a parlare di un «veleno» non meglio precisato. Ma quelli, come ha sottolineato ieri il primo ministro Tony Blair, erano altri tempi: «Ora il pericolo è presente e reale». Sette settembre 1978: quel mattino Geor;ij Markov attendeva l'auto3us alla fermata poco lontano dalla stazione di Waterloo. Era una fredda giornata di fine estate, tirava vento, tutti se ne stavano imbacuccati, badando ai fatti propri. Markov, giornalista e commediografo bulgaro, stava andando a Bush House, sede dei servizi esteri della Bbc. In quei giorni aveva molto lavoro: era appena andato in onda un suo graffiante programma in cui il leader comunista della Bulgaria, Todor Zhivkov, veniva accusato di corruzione. Stava anche collaborando a una serie di interventi per Radio Europa Libera, la voce americana rivolta all'Europa dell'Est. Il suo era, per il corrotto regime di Sofia, veleno quotidiano. E col veleno, era stato deciso, Markov avrebbe dovuto morire. Alla fermata dell'autobus arrivò un signore molto inglese: ombrello e bombetta, abito grigio impeccabile. Forse troppo impeccabile, o troppo inglese. Markov non vi fece molto caso. Finché, con un gesto inatteso, l'uomo lo toccò a una gamba con la punta dell'ombrello, forse gli mormorò anche un «sorry» come per scusarsi del gesto maldestro, e salì su un taxi in attesa con il motore acceso. Il delitto era stato consumato; ma nessuno, lì per lì, se n'era accorto. Markov sarebbe arrivato alla Bbc. Ma poco dopo si sarebbe sentito male. Era davanti al microfono quando ebbe un primo malore. Chissà, pensò, forse era stato il freddo. E tornò a casa. La gamba gli faceva male; e la sera era tutta arrossata. La moglie, spaventata, decise di portarlo in ospedale. Gli salì la febbre, sempre più alta. Nessuno capiva. Fino a quando venne il referto delle analisi di laboratorio: «La punta di quel maledetto ombrello era avvelenata», disse il medico. Ma ormai era tardi. Dopo quattro giorni Markov sarebbe morto. In Bulgaria, sotto il tallone d'acciaio di Zhivkov, qualcuno tirò un sospiro di sollievo. Il colpo era riuscito alla perfezione, quello scomodo dissidente era liquidato. Anche a Parigi l'ombréllo avvelenato entrò in azione. Lo stesso? Forse. Ma Vladimir Kostov, anch'egli dissidente ed esule bulgaro, sarebbe stato più fortunato perché il veleno non lo uccise. Poco per volta, grazie alla paziente opera di Scotland Yard, il mistero fu svelato: non si era trattato di una ferita da taglio, inflitta da una lama fissata sull'ombrello, ma di una piccola capsula di veleno. Una spia sovietica passata qualche anno dopo ai britannici avrebbe rivelato che i proiettili usati a Londra e a Parigi erano stati realizza¬ ti nei laboratori del Kgb, ben lieto di poter essere d'aiuto ai «fratelli» bulgari. E poi ci sarebbe stata la conferma del generale Kalugin, nell'aprile di dieci anni fa. «I tecnici sovietici avevano disegnato un piccolo meccanismo, grosso come una penna stilografica, con cui si poteva sparare da una distanza di un metro e mezzo», avrebbe spiegato: «Sparava una piccola capsula di veleno che penetrava sotto la cute e si scioglieva rapidamente senza lasciare traccia. Quel meccanismo era fissato all'ombrello e il grilletto era nell'impugnatura». Forte di quella confessione, Scotland Yard avrebbe ripreso le indagini, spinta anche dalla vedova di Markov, Annabel Dilike; e lentamente, da Sofia, sarebbero arrivate a Londra buste di documenti top secret. Le indagini, in parallelo, avrebbero portato gli agenti inglesi anche a Copenaghen, per l'interrogatorio di Francesco Guillino (danese, nonostante il nome italiano). Anche lui sarebbe stato coinvolto nel piano. A poco a poco, le tessere mancanti del mosaico sono cadute al loro posto. Ieri, con gli arresti londinesi della ricina, l'intero caso è tornato, dopo quasi 25 anni, di stretta attualità. Giornalista in esilio, lanciava dalla Bbc le sue frecciate al regime Un impeccabile signore in bombetta lo urtò alla fermata del bus «Sorry», gli disse. Dopo quattro giorni era morto Georgi) Markov, l'esule bulgaro ucciso a Londra nel 1978 con una goccia di ricina «sparata» con un finto ombrello