«Così prendo per la gola il Parma» di Gigi Garanzini

«Così prendo per la gola il Parma» IL SAPORE DEL TIFO. Continua il viaggio alla scoperta dei rapporti tra pallone e buona tavola «Così prendo per la gola il Parma» Da Ivan, rimpiangendo l'incompiuto Asprilla la storia Gigi Garanzini NON per rubare il mestiere a Raspelli. Ma da queste parti bisogna venirci adesso che le nebbie accarezzano la Bassa: e per non negarsi nulla in materia di suggestioni, con un buon CD di preludi e sinfonie verdiane che ti accompagni in crescendo dall'uscita di Fidenza, passando per Busseto, Roncole, Roccabianca. A Fontanelle c'è Ivan, cinquanta metri, non di più, dalla casa natale di Giovannino Guareschi. Buon centravanti qualche chilo fa, campione italiano allievi nel Parma del 75, lui piinta centrale, Carletto Ancelotti mezza punta qualche metro dietro. Tanti anni di calcio in provincia, un altro partner d'eccezione come Roberto Boninsegna a fine carriera in serie D nel Viadana. Poi, poco alla volta la passione per il territorio e la buona cucina. Da una dozzina d'anni a questa parte, da quando ha sposato Barbara e messo su famiglia e osteria, il calcio è una passionacela da coltivare di lontano: nel segno del Parma, si capisce, che nel frattempo è diventato grande, poi ha fatto la sua brava cura dimagrante e adesso piano piano sta riprovando a fare sul serio. «A me questo nuovo progetto fondato sui giovani piace. Magari non dà frutti immediati, difatti la classifica non è di primissimo ordine, ma son convinto che li darà in futuro. D'altra parte in questi anni di trofei ne abbiam vinti tanti, più di quelli che ci saremmo mai immaginati noi ragazzini con la maglia biancocrociata. Ma quello per cui saremmo ammattiti no, sianio sempre andati a pallino e mai a punto: e allora tanto vale riprovarci per un'altra strada, che non sia quella dei grandi nomi ad ogni costo». L'accento non è del parmigiano arioso. Potrebbe essere della Piletta come di Oltretorrente, ma è elegante, cittadino, con la erre ammorbidita al punto giusto. «Veli, ma io son nato a Parma, altro che storie. Qui ci son venuto poi, quando per mestiere ho cominciato a cercare i giacimenti. Prosciutti, fiocchetti, culatelli, e poi salami, cotechini. Per le coppe emigro nel piacentino, il resto è tutto di queste parti a cominciare dal parmigiano. Langhirano, San Vitale, Zibello, vado, scelgo le cose giuste e poi le lascio a stagionare». Nel suo.genere, un'adozione a distanza. Forme di parmigiano di tre, quattro, anche cinque anni. E salumi di ogni età, che Ivan nella saletta d'ingresso dell'osteria serve anche all'ora di merenda con la torta fritta, e se qualcuno non si contema di una buona malvasia dei colli parmigiani, in cantina di bollicine nobili non c'è che l'imbarazzo della scelta. Torniamo al Parma, prima che i succhi gastrici prendano il sopravvento. «Ma il discorso di questi anni suppergiù è quello; che a Parma e dintorni si sta troppo bene. Niente stress, tanta tranquillità, un sacco di soldi: la qualità della vita poco alla volta spegne gli stimoli, se uno rivedesse l'ultimo anno di Thuram al Parma non servirebbero tanti discorsi. Ricor- do Geovani, prima di andare al Bologna fece un amichevole col Vasco da Gama contro di noi a Salsomaggiore. Un fenomeno. Dopo sei mesi di tortellini, e di tortelline, nessuno ne ha più sentito parlare». Ne son passati da Parma di grandi giocatori. «Altroché. Anche digrandissimi. Quello che poteva essere il più grande di tutti era Asprilla, una sera di coppa col Kaiserslautern ha fatto cose che ho visto fare a pochi. Ma non c'è stato verso, è rimasto un'incompiuta che ancora ci tormenta, noi tifosi parmigiani. Al punto che il ricordo più bello e più vero resta quello del Parma di Scala, con qualche grande giocatore come Grun e il centrocampo nostrano di Osio-ZorattoeCuoghi». Che è un po' come tornare alle materie prime del territorio. «Si capisce. Spostandoci di là, nell'altra saletta, dove io giro tra i tavoli a smistare sulle fasce gli assist di mia moglie Barbara e di Aldo Boselli, che ha solo 23 anni ma è già molto bravo. I tortelli, lo stracotto, la mariola che sarebbe un grosso cotechino ma chiamarlo cotechino è riduttivo. L'anatra al forno, la trippa alla parmigiana, il lambrusco servito ancóra nelle scodelle, tanto poi ai bicchieri per i grandi rossi si arriva sempre, magari nei supplementari. Ci son circa 500 etichette in cantina. Ogni tanto qualcuno la visita e osserva che è un po' sbilanciata verso il Piemonte: per.ché, dico io, da che parte la dovrei sbilanciare»? Com'era Ancelotti da ragazzino? «Bravo, già maturo. Ma a quell'età è difficile fare proiezioni, U povero Bruno Mora che era il nostro allenatore avrebbe scommesso su Bertinelli e Talignani che invece si sono persi subito; un po' di carriera l'hanno fatta Foglia e Bulgarani. Carletto aveva carattere già allora, fu poi Maldini a lanciarlo in prima squadra tre. anni più. tardi, e lui segnò i gol decisivi per salire in B nello spareggio di Vicenza con la Triestina». ' Per uno del '60 che ha cominciato a metà degli anni 70, il calcio di oggi com'è? «Visto da dentro non lo so. Da fuori un manicomio. Mi fanno impazzire quelli che accettano ima squadra di 25-30 elementi, prendono 3-4 miliardi l'anno e poi rifiutano la panchi¬ na. Ma siochèt, dico io, non ci potevi pensare prima? E tutti quei soldi non bastano a consolarti? L'anno di Viadana, arriva il Senigallia primo in classifica. Prendevamo 40 mila lire a punto, era il 1980, il presidente ci promette premio doppio. Dovevo giocare io perché Boninsegna non era a posto, all'ultimo momento va dentro e fa gol. Uno a zero, centosessantamila. Ho fatto un salto in tribuna, ragass, ne prendevo 250 mila a lavorare tutto il mese, sabati compresi. Secondo me quello era il senso del calcio e della vita. Ma forse sono io che non ho capito niente». Invece ha capito tutto, Ivan. Il critico enogastronomico del New York Times, entrato in osteria alle 7 di una torrida sera dell'estate 2001, ne uscì con espressione rapita alle 7 del mattino successivo. Vennero le Torri, e alla recensione promessa Ivan non pensò più. La pagina, intera, che oggi campeggia tra un salame e un culatello, a firma R.W. Apple uscì qualche mese più tardi. Da allora capita di chiamare per prenotare è di sentirsi rispondere: «Non posso. Son pieno di americani». .11 percorso tra i sapori dei tifo fa tappa oggi in territorio squisitamente verdiano. Siama a Fontanelle di Roccabianca, nell' osteria di Ivan Albertelli: qui si tifa Parma rivisitando un decennio impensabile, sperando in un altro ancora migliore. L'oste di Fontanelle, già compagno di squadra di Ancelotti: «Certo, la qualità della vita poco alla volta spegne gli stimoli, basta rivedere l'ultimo anno di Thuram qui per capire» Ivan Albertelli, 42 anni, nella cantina di invecchiamento tra prosciutti, culatelli e vini d'autore. Sotto: Asprilla, secondo il ristoratore «poteva essere il più grande di tutti, una sera di coppa col Kaiserslautern ha fatto cose che ho visto fare a pochi» V0 Dediche pUe piatti per due centra ^anatra al forno per Tin*^. Tortelli, stracotto, mariola, il lambrusco servito ancora nelle scodelle: il critico enogastronomico del New York Times trascorse a tavola un'intera notte, quindi scrivendo una pagina intera, da allora «son pieno di americani»