«Gli italiani si abituino a convivere con l'emergenza» di Pierangelo Sapegno

«Gli italiani si abituino a convivere con l'emergenza» PARLA IL DIRETTORE DELLA PROTEZIONE CIVILE «Gli italiani si abituino a convivere con l'emergenza» Bertolaso: c'è stato un problema di comunicazione, non succederà più, però manca la prevenzione colloquio Pierangelo Sapegno inviato a UPARI LUI che è un medico dice così: «Quanto è accaduto dimostra che manca la cultura della prevenzione tra la popolazione». Fosse solo questo, non sarebbe niente di grave. La verità è che a noi ci mancano un mucchio di altre cose. Anche qualche cataclisma in meno. Guido Bertolaso, che faceva il medico prima di diventare responsabile della Protezione Civile, avrà tutte le sue ragioni xt insegnare agli italiani quella paroa difficile che si chiama prevenzione. Lui deve averlo imparato con il suo lavoro: la salute si salva così. Verissimo. Poi, che colpa ne ha se le cose vanno come sono andate. «Una segnalazione è stata scambiata per allarme imminente», dice. E' la seconda volta che succede? Non importa. La prima, tre giorni fa, quando a Lipari erano suonate le sirene, e i vigili e i poliziotti avevano allontanato la gente dal porto e dalla riva e tutti chiamavano Stromboli: «Che succede? Sta crollando tutto?» Dal vulcano avevano risposto acidi: «Dovreste crollare voi. Così ci lasciate in pace». Alla sera, Bertolaso aveva quasi chiesto scusa: «Riconosco che c'è stato un problema di comunicazione tra noi e le forze dell'ordine. Non succederà più». In pratica, lui aveva parlato di «innalzare la soglia di attenzione», e qualcuno aveva pensato subito di far scattare l'allarme. Più innalzata di così. Come dire: troppo ligi al dovere. Non sempre è segno di intelligenza. Questa volta, invece, è stato un fax. Come spiega bene un comunicato della Protezione Civile: «Si è trattato di una doverosa informativa quella inviata ieri a prefetti, presidenti della Regione e delle Province del basso versante tirrenico, con disposizioni di valore preventivo... e non formulate per una situazione attuale, ma bensì in previsione di possibili situazioni a rischio che potrebbero eventualmente verificarsi». In pratica, comunque la si rigiri, è quasi la stessa storia dell'altra volta. Uno dice una cosa. L'altro capisce di più. Bisogna stare attenti ai fax della Protezione Civile. Poi, a un pub di Vibo Valentia hanno rovinato il sabato sera. Peccato mortale, dalle nostri parti. E la gente è scappata da casa e tutti sono andati lontano dal mare. Ci potrebbe quasi scappare da ridere. Eppure, Bertolaso non ha mica tutti i torti: «La gente si deve abituare a convivere con le emergenze e a essere pronta. Noi dobbiamo preparare la popolazione, e dobbiamo anche tener conto di tutti gli scenari possibili, anche quelli più catastrofici per non farci trovare impreparati: il nostro obiettivo è la prevenzione, che significa salvare vite umane. Ai danni su cose e strutture si può sempre rimediare». Poi aggiunge, a difesa del suo operato: «Da quando è scattata l'emergenza vulcanica in Sicilia, siamo stati i più trasparenti possibile: abbiamo reso nota l'ordinanza anche per questo, per evitare che si potesse pensare a rischi nascosti e tenuti segreti». E, anzi, prima che la notizia dell'ordinanza fosse divulgata, la Protezione Civile avevacontattato i prefetti interessati, preannunciando e spiegando loro i contenuti dell'iniziativa. Ma allora, com'è possibile che sia accaduto tutto quel pandemonio? Bertolaso allarga le braccia: «In Italia manca la cultura preventiva». I giornalisti insistono: come mai la Calabria? E lui risponde sempre la stessa cosa: per prevenzione. «La Calabria non è in Nuova Zelanda, ma vicino alle Eolie. Anche sulle coste del Vibonese è arrivata l'onda anomala del 30 dicembre scorso, anche se sicuramente è stata scambiata per una mareggiata perché l'effetto è stato certamente minore. Ma noi abbiamo il dovere di allertare le zone interessate dall'emergenza, anche quelle dove minore è il riscliio, perchè il nostro obiettivo principale è la prevenzione». Fra i suoi messaggi di prevenzione, tra fax e telefonate, e quelli che esagerano, ci sono anche tutti i cataclismi e le disgrazie che stanno investendo l'Italia. E almeno in questo caso, il medico diventato responsabile della Protezione Civile ha tutte le ragioni. In Sicilia ha cominciato nel peggiore. Ma alla fine ha vinto lui. Sull'Etna, quando c'era stata la prima eruzione a Linguagrossa, sul versante Nord, in 45 minuti era stata cancellata una stazione turistica e c'era la gente inferocita. Lui venne con molto coraggio. Molti dicevano che c'erano stati parecchi segnali, che forse si poteva fare qualcosa prima. Prese qualche insulto, ma calmò tutti. Due giorni dopo ci fu il terremoto a Santa Venerina, domò lo spavento e mantenne il sangue freddo: «Noi siamo sicuri. Più di tanto non succede». Il tempo gli ha dato ragione. Si è comportato come un medico con il suo paziente. E poi ha avutoli coraggio diprendere accanto à sé Fmnco Barberi, suo predecessore alla Protezione Civile e membro della Commissione Nazionale Grandi Rischi, che lo aveva pure attaccato in qualche modo. Il risultato fu che Barberi, uno dei vulcanologi italiani più famosi, smentì qualsiasi critica. Of course. E lavorò per lui con grande impegno. Tra tanti cataclismi e tante sfighe, una dietro l'altra e qualche volta pure una assieme all'altra, una cosa gli va riconosciuta, perché lo racconta la cronaca: il medico ha saputo crearsi attorno una squadra eccellente. Sull'Etna per due mesi de Bemardinis s'è spremuto senza fermarsi mai, sempre in giro tra le roulottes, il Rifugio Sapienza e tutti gli i '. posti dove c'era bisogno. Adesso, è qui, a dannarsi ancora assieme a Franco Barberi. i «Dobbiamo essere più trasparenti possibile per evitare che si pensi a rischi nascosti»

Persone citate: Barberi, Bertolaso, Franco Barberi, Guido Bertolaso

Luoghi citati: Calabria, Italia, Lipari, Nuova Zelanda, Santa Venerina, Sicilia, Vibo Valentia