«Il deserto incanta per l'immensità ma impone una sfida con se stessi» di Carla Reschia

«Il deserto incanta per l'immensità ma impone una sfida con se stessi» UN «MALATO» D'AFRICA RACCONTA L'ATTRAZIONE FATALE «Il deserto incanta per l'immensità ma impone una sfida con se stessi» intervista Carla Reschia MAURIZIO Favaro, 53 anni, il 29 dicembre 1991 aveva vissuto un'avventura per certi versi simile a quella occorsa ai turisti milanesi in Niger. La carovana, composta da tre jeep e due moto, con cui viaggiava era stata attaccata da una decina di uomini armati nel Sahara algerino, al confine con il Mali. Nel tentativo di sfuggire all'attacco un imprenditore alessandrino, Alfredo Avesani, aveva rovesciato la Land Rover che guidava ed era morto nell'incidente; ferito un passeggero, un medico genovese, Livio Panelli. Gli altri componenti della comitiva erano, poi, stati depredati di tutto da quelli che si ritiene fossero ribelli tuareg e avevano dovuto affrontare un difficile e lungo rimpatrio. Un'esperienza che potrebbe far passare la voglia di avventure estreme, ma non è stato cosi. Da quanti anni partecipa a viaggi nel Sahara? «Da una ventina. Il primo è stato negli Anni Ottanta nel Sud del Marocco e della Tunisia. L'ultimo l'autunno scorso: sono tornato nel deserto della Tunisia con un gruppo di amici». Cosa è cambiato in questi anni? «Mentre prima si viaggiava in una situazione relativamente stabile, sia pure con tutte le incognite dovute alla natura del terreno e alla difficoltà dell orientamento. dalla fine degli Anni '80 la situazione, per quanto le possibilità di orientarsi e le condizioni delle piste siano migliorate, è diventata sempre più imprevedibile per via delle guerriglie: nel Sud dell'Algeria, fra i tuareg e i governi neri del Mali, nel Ciad, fra le fazioni sostenute dalla Libia e il governo. Occorre fare molta più attenzione». Ma è ancora possibile viaggiare nel Sahara? «Gli incidenti rappresentano co- munque una percentuale minima rispetto alla quantità di viaggi compiuti in quella zona. Naturalmente, date le circostanze in cui si verificano, hanno un grande impatto sui mass media e molta risonanza, ma forse è più pericolosa New York. Certo, bisogna attenersi a delle regole di prudenza». Quali? «Posso dire quelle che seguo io. In primo luogo affidarsi ad agenzie e guide locali, meglio se appartenenti all'etnia dominante nell'aiea. perché conoscono la gente, il territorio e i suoi pericoli e sanno come evitarli. In secondo luogo rimanere sui tracciati e sulle piste segnate, sopratuttto nei luoghi dove jossono esserci campi minati. Nela zona dell'incidente, sul confine fra Ciad e Niger e fra Ciad e Algeria corre la famosa "pista dei contrabbandieri" che in passato è stata fortemente presidiata, per evitare gli sconfinamenti. Può essere pericolosa». Ma allora perché continuare a tornare in questi luoghi? «E' qualcosa che ha a che fare con l'attrazione fatale che il deserto esercita su alcune persone. C'è il rapporto con la natura, con quel tipo di paesaggio, molto diverso da tutto ciò a cui siamo abituati; c'è l'immensità del deserto e il suo silenzio, che permettono di spogharsi di ogni sovrastruttura. Poi c'è la sfida, particolarmente per chi guida la jeep e la moto, con le difficoltà, anche tecniche del percorso, la sensazione di dover conta¬ re solo sui propri mezzi. E poi c'è il passaggio, affascinante, dall'Africa maghrebina all'Africa nera, con tutto il suo mutare di architetture, paesaggi, etnie, lingue, costumi. Ci sono la curiosità, l'affetto per i popoli che incontri. Lei è anche capogruppo per «Avventure nel mondo», conosce e condivide la psicologia dei patiti dell'avventura a ogni costo. Perché rischiare la vita per una vacanza? «A mio parere utilizzando le dovute cautele il margine di rischio è accettabile in rapporto all'arricchimento che ti dà il viaggio Si tratta ovviamente di criteri molto soggettivi. Certo, c'è anche una componente di sfida, il voler superare un limite. E, certo, un po' di esibizionismo. Che tuttavia va tenuto sotto controllo, sottoposto al senso di responsabilità. E poi il bisogno di viaggiare fa parte della natura umana, o almeno di alcuni esseri umani, ed è un impulso più forte della prudenza». «Bisogna seguire regole basilari: affidarsi alle guide locali per evitare i pericoli e mai lasciare le piste tracciate» Turisti avventurosi sempre pronti a partire anche per luoghi sconsigliati

Persone citate: Alfredo Avesani, Livio Panelli, Nela