«E' in pericolo, deve trovare un medico» di Marco Accossato

«E' in pericolo, deve trovare un medico» IL PAZIENTE AVEVA CHIESTO DI ESSERE DIMESSO MA L'ORTOPEDICO RIFIUTO' L'AUTORIZZAZIONE «E' in pericolo, deve trovare un medico» L'appello del chirurgo che ha ricucito l'arto amputato intervista Marco Accossato FAUD Salih, venerdì mattina, aveva chiesto al dottor Riccardo Ferracini, uno dei chirurghi che lo hanno operato, di essere dimesso subito. «Impossibile», ha risposto il dottore, «lei non può lasciare l'ospedale così presto». Dottor Ferracini, che cosa rischia l'algerino dopo la fuga? «Di vanificare il risultalo dell'intervento. Il decorso post-operatorio procedeva nel migliore dei modi: le dita erano già calde, anche se mancava ancora la sensibilità al tatto. Segno che non c'era alcun intoppo nella rivascolarizzazione. Quel ragazzo non può fare da solo, deve assolutamente farsi assistere da uno specialista. Se vuole recuperare l'uso della mano deve rivolgersi a un ortopedico». Quali errori potrebbe commettere, fuori dall'ospedale? «Se muove la mano prima del tempo rischia di strappare tutte le suture. E non parlo di quelle superficiali, della pelle. Dico quelle profondo, dei vasi, dei nervi e dei tendini». E se la tiene troppo ferma? «Potrebbe avere problemi di rigidità. Come chi si rompe un legamento crociato e ricomincia a sciare troppo presto. Io spiego ai miei pazienti che un intervento chirurgico e la terapia contano l'SO per cento. Il 20 per cento del risultalo di un'operazione dipende dal malato. E' ovvio che se una persona operala al ginocchio ricomincia a sciare troppo in fretta può strappare di nuovo tulio, e la percentuale di responsabilità del paziente nella guarigione passa dal 20 al 100 per cento. Lo stesso discorso vale in questo caso». La mano di Faud è ingessata? «Ha una bendatura gessala». Quando dovrebbe riprendere a muoverla? «Avremmo probabilmente iniziato con la mobilitazione fra una ventina di giorni. E dopo altri dieci giorni Faud avrebbe potuto utilizzare il tutore, un ausilio che non mette mai in tensione attiva i lendini». Faud seguiva anche una terapia farmacologica? «Certamente. Combattevamo il pericolo di un'infezione con gli antibiotici. Con gli antiaggreganti piastrinici evitavamo la formazione di coaguli nelle arterie ricostruite». Senza contare che lei, dottore, ha detto fin dall'inizio che Faud potrebbe essere sottoposto a un secondo intervento chirurgico. «I nervi ricostruiti "crescono" 2 millimetri al giorno, e siccome dalla punta delle dita al taglio della lama ci sono 20 centimetri, significa che solo fra tre mesi si potranno valutare completamente i risultati». Come si è comportato con voi Faud? «E' sempre stato gentilissimo. Quando, risvegliato dall'intervento, ho inizialo a parlargli in francese perché capisse, mi ha interrotto: "Dottore, parli pure italiano. Conosco bene la sua lingua". Non ha mai alzato la voce, neppure un istante. Per certi versi, questo ragazzino faceva quasi tenerezza». Il dottor Riccardo Ferracinì, uno dei chirurghi che hanno operato Faud Salih

Persone citate: Faud Salih, Ferracini, Riccardo Ferracini, Riccardo Ferracinì