Braschi: il Siena mi ripaga del fischietto rubato di Gigi Garanzini
Braschi: il Siena mi ripaga del fischietto rubato PARLA IL DIRETTORE GENERALE DELLA SOCIETÀ' TOSCANA AL VERTICE DELLA CLASSIFICA DI B CON LA TRIESTINA: DOMANI IL MATCH CLOU Braschi: il Siena mi ripaga del fischietto rubato «La mia carriera arbitrale chiusa in quel modo è una ferita ancora aperta» intervista Gigi Garanzini Lf ANNO l'ha finito da primo in classifica, che per un debuttante non è male davvero. Peccato quella notiziola, pubblicata poco dopo Natale, che gli ha mandato di traverso il panettone. Già. Perché Stefano Braschi, fiorentino di Barberino, 45 anni lo scorso 6 giugno, il direttore generale del Siena lo fa volentieri e con passione. Ma ancor più volentieri avrebbe continuato ad arbitrare se, come sembrava la scorsa primavera, avessero alzato a 48 anni il limite di età degli internazionali. Accadde invece che in Giappone, tra le altre prodezze in materia arbitrale, la Fifa si rimangio all'improvviso quel che l'Uefa aveva dato quasi per certo. Sicché Braschi si ritrovò senza fischietto praticamente da un giorno all'altro, senza nemmeno la preparazione psicologica di chi vede avvicinarsi, parti¬ ta dopo partita, quella dell'addio. Una morte arbitrale improvvisa, una sorta di formulaSerena ante litteram: ma questa è meglio non dirgliela, perché il fisico e la grinta son rimasti quelli dei tempi ruggenti. Cosa ha pensato leggendo che il limite d'età verrà davvero alzato a 48 anni, forse a 50? «Ho pensato una volta di più che il mondo si divide tra quelli che gli dice bene e quelli che lo prendono in tasca. Io ho un discreto allenamento a star con i secondi». Saran contenti a Siena. «E che c'entra il Siena? Io al Siena posso solo dir grazie, a cominciare dall'ingegner De Luca, presidente, passando per il vice Ceccarelli e il direttore sportivo Ricci. Mi hanno dato il massimo della fiducia, io sto ricambiando come meglio son capace. Ma la mia carriera arbitrale chiusa a quel modo è una ferita ancora aperta: anche perché lo scorso anno avevo fatto una bellissima sragione, a livel¬ lo internazionale probabilmente la migliore. E non aver almeno finito con un Mondiale mi ha dato molto, molto fastidio». Braschi come Gimondi. Quante corse in più avrebbe vinto se Merckx fosse nato un po' prima o un po' dopo? «Perché, ai Mondiali non ci si poteva andare Collina e io? Sono queste le ingiustizie che la Fifa ha pagato laggiù: l'aver compiuto scelte politiche anziché meritocratiche. Un andazzo di cui il mondo del calcio è stufo». Perché non è entrato nei quadri dirigenziali? «Oh bella, perché non me l'han chiesto. Ho aspettato invano una proposta, si vede che non c'erano le condizioni. Di sicuro, quando ho capito che nicchiavano ho rotto gli indugi: la mia carriera la conoscevano, la mia esperienza pure, se non servivo, amici come prima». Proprio come prima? «Quel che dovevo dire l'ho detto, perché c'ho il mio carattere. Ma mi son lasciato abbastanza bene. E non è detto che un giorno non possa rientrare». Dopo essere arrivato dove col Siena? «Cominciamo a goderci questo momento. E la sfida di domani a Trieste, noi e loro in testa alla classifica, chi l'avrebbe mai detto? Penso proprio che vedremo una grande partita». Classifica o bilancio? «Bilancio e classifica. La cosa fondamentale è che il Siena abbia un futuro, e per far questo bisogna che noi non si perda la testa. La festa è finita, cari ragazzi, se il calcio vuol sopravvivere bisogna che le due classifiche pesino uguale. So che anche la Triestina persegue la stessa politica, non a caso il presidente Berti è una persona che mi piace: rose più ristrette, ragazzi giovani, ingaggi ridimensionati. E basta plusvalenze finte. Il Siena lo fa, ma è talmente inevitabile che deve diventare un progetto di tutti». Perdoni la curiosità. Il direttore generale Braschi che modello di Rolex ha scelto per gli arbitri? «Il direttore generale Braschi, d'accordo con la società, ha regalato a tutti una bella bottiglia con lo stemma del Siena. E avendo vissuto tanti anni nell' ambiente, ha avuto il piacere di regalarla a tutto lo staff dell' Aia, dall'ufficio di segreteria ai preparatori, ai massaggiatori». Ma come si accetta l'arbitraggio di un collega, stando dall'altra parte della barricata? «Con la stessa, massima serenità di prima. Per due ragioni. La prima è che fino a ieri quel signore col fischietto in bocca ero io. La seconda che prendersela con l'arbitro significa concedere degli alibi a giocatori e allenatore. Ho sempre sentito dire, non ci ha dato un rigore e poi forse abbiamo sbagliato quattro gol: dobbiamo imparare a dire abbiamo sbagliato quattro gol e poi forse non ci ha dato un rigore». L'arbitro più bravo che ha visto? «Agnolin. Aveva il gusto del gioco, e in più una tecnica di livello superiore. L'ho sempre coltivato come modello, essendogli anche vicino per carattere e temperamento». Quanto le manca il fischietto? «Tanto. Sentivo di poter dare ancora molto, fisicamente e mentalmente. Altri tre anni sui campo e poi, col tempo, un punto di riferimento per i giovani. E' andata cosi, accidenti a loro». L'ex arbitro Stefano Braschi
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