Un po' di privacy per l'assassino che va alla toilette di Lorenzo Mondo
Un po' di privacy per l'assassino che va alla toilette Un po' di privacy per l'assassino che va alla toilette La fuga grottesca di Minghella mette in luce una certa Italia pasticciona e irresponsabile. Lasciano allibiti la semilibertà concessa a un pluriomicida e la difesa sindacale dei guardiani Lorenzo Mondo A grattare sotto la fuga grottesca di Minghella, il massacratore di donne, dall'ospedale di Biella non finiamo di scoprire desolanti indizi e conferme. Che fanno passare in secondo piano la figura di quello che si vorrebbe prepotentemente, e trucidamente, primattore. Perché è possibile leggere, nella vicenda, la radiografia di una certa Italia pasticciona e irresponsabile, irrazionale nella pratica non meno che nei sentimenti. Il dato più clamoroso riguarda, ovviamente, il regime di semilibertà concesso tra il 1996 e il 2001 a un ergastolano che aveva commesso nel '78 quattro omicidi, consentendogli cosi di ripetere la criminale quaterna. E rimette in questio- ne i criteri, e la discrezionalità, con cui viene stabilita la buona condotta di un detenuto. Nel caso, mancando con ogni evidenza nel carcere l'opportunità di massacrare prostitute, conteranno la proprietà del linguaggio, il rispetto dei «superiori», la disponibilità al lavoro? Va un po' a sapere cosa accade nei gangli dell'amministrazione penitenziaria. Ma ci sono altri aspetti che, per quanto laterali, mi sembrano sommamente istruttivi su un diffuso costume. Ad esempio, i sindacati della polizia penitenziaria difendono a spada tratta i due agenti che avevano in custodia Minghella, bollano come «autoritaria» la loro sospensione dal servizio. L'evasione del killer sarebbe dovuta alia carenza di organico e alla inesperienza dei colleghi, addetti abitualmente ad altri servizi che non la scorta e il piantonamento. Ma credono davvero che paghi questo arroccamento corporativo, questa interpretazione dei compiti sindacali? Anche un bambino, modesto fruitore di fumetti e di film, avrebbe dato un'occhiata al bagno e alla finestra aperta, avrebbe impedito la non rocambolesca evasione. E se a quei due se ne fossero aggiunti altri della stessa forza, altrettanto sprovveduti o negligenti, il risultato sarebbe stato lo stesso. Uno Stato clemente con Minghella, può esserlo a maggior ragione con due bietoloni, ma via, non esageriamo. Trovo poi ai limiti del surreale la loro giustificazione: che non volevano cioè violare la «privacy» dell'assassino al cesso. Gran potenza delle parole tabù e dei relativi concetti su cui si sproloquia, del melenso cosmetico spalmato su ben altri, concreti abusi nei riguardi della libertà personale. I provvedimenti disciplinari colpiscono anche il medico del carcere, indagato per non aver garantito la copertura del servizio sanitario nell'istituto. Si è dovuto pertanto richiedere l'intervento della guardia medica esterna che ha provveduto, secondo prassi, al ricovero in ospedale. Dove soltanto i due accompagnatori erano abilitati alla custodia del carcerato. Tutto diventa più chiaro, a spiegare l'asserito lassismo nel carcere, se osserviamo che la storia è cominciata nel giorno del primo gennaio. Alle feste, si sa, non si comanda. Minghella forse non aveva pensato a quel malanno capitato cosi a buon punto, ma tutto aveva congiurato perché festeggiasse anche lui. Fortunatamente vi è riuscito per poche ore, senza mettere a segno un Capodanno di sangue.
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