Mmghella presto in un carcere dì massima sicurezza di Paola Guabello

Mmghella presto in un carcere dì massima sicurezza L'EVASO SUBITO RIPRESO: «AVEVO LASCIATO APERTA LA PORTA DEL BAGNO, UN AGENTE L'HA CHIUSA» Mmghella presto in un carcere dì massima sicurezza Uno degli uomini della vigilanza: non sapevamo che fosse un serial killer. Rinviato il processo per direttissima Paola Guabello Lodovico Poletto BIELLA Nel futuro di Maurizio Mmghella c'è un carcere con livelli di sicurezza decisanienlo al di sopra delia media. Una struttura penitenziaria che, come dice il Provveditore generale delle carceri per il Piemonte, Giuseppe Rizzo: «Dovrebbe mettere al sicuro anche anche lo slesso detenuto da eventuali ritorsioni...». Lo annunzia, il Provveditore, nel giorno in cui a Biella avrebbe dovuto tenersi il processo per la fuga dall'ospedale. Rito direttissimo e condanna sicura. Ma il legale del serial killer chiede al giudice i tempi per la difesa e tutto slitta di cinque giorni. E Minghella che cosa fa in queste ore? Chiuso in una cella di isolamento della struttura Biellese sceglie di non uscire. Di restarsene li ad aspettare la notizia di questa condanna alla quale non può sfuggire. Ed è l'ennesima. «Ma se quel treno andava nella direzione giusta, signor giudice, sa dove sarei io adesso...? ». Aveva ironizzato l'ex pugile genovese con il magi¬ strato e il capo della sezione omicidi della Squadra mobile di Torino, Marco Basile, l'altro pomeriggio, durante l'interrogatorio di garanzia. Ed anche la risposta se la dà da solo: «A Torino sarei. Invece, rieccomi qui tra di voi...». «In attesa del trasferimento», insiste Rizzo che intanto continua la sua inchiesta intema sulle responsabilità dell'equipaggio di scorta a Minghella. «E se emergeranno problemi di natura penale io non tacerò di certo. Mi rivolgo alla magistratura. Che vada pure avanti. Io non voglio che si giustifichino fatti come questo con qualche scusa che non sta né in cielo né in terra...». Le «scuse» sono nient'altro che le dichiarazioni fatte di un agente addetto alla vigilanza di Minghella. Uno dei tre uomini della polizia penitenziaria che, il mattino dell'evasione, verso le 5,30, accompagnarono il detenuto in ospedale. Il suo nome è Roberto Cesarini. Dice: «Noi non sapevamo neppure chi fosse quell'uomo che abbiamo scortato in ospedale. Non ci avevano dato la scheda, per noi era uno dei tanti: poteva essere un ladro di polli oppure uno come un Minghella. Tutto questo senza contare che noi non siamo del nucleo traduzioni e ci occupiamo soltanto della vigilanza interna. A fare questo tipo di lavoro non siamo addestrati». Lei, però, non era presente al momento della fuga, non è vero? «No, io e i due colleghi del mio turno eravamo già smontati. Era arrivato il cambio e noi eravamo tornati in carcere. Ma anche loro, però, non sapevano nulla di Minghella. E questa è la parte grave di tutta questa vicenda». Parole alle quali il Provveditore Rizzo replica con fermezza, e senza concedere sconti. «Ladro di polli o killer seriale che sia non cambia nulla. Le regole sono regole: uno doveva entrare nel bagno con lui e tenere un anello della manetta legato al suo polso. Allora Minghella o chiunque altro, non sarebbe evaso. Ecco cosa dovevano fare. Invece è successo un patatrack e ora stiamo qui a discutere. A polemizzare. Invece serve lavorare con serietà perché cose cosi non devono mai più accadere. Il resto sono solo scuse e basta». Ma restano da chiarire i dettagli. Ad esempio se è vero che Minghella, quando va in bagno per la seconda volta, lascia la porta aperta. Lo avrebbe detto durante l'interrogatorio di garanzia dell'altro pomeriggio: «L'ha chiusa un agente, chissà poi perché. E' allora che ho pensato di provare a scappare, la finestra era facile da aprire, non c'erano sbarre e allora ho saltato...». E chissà se è vero anche che è salito su un treno, ma ha sbagliato direzione ed è tornato verso centro della città. Polizia e carabinieri sono piuttosto perplessi. Sospettano un'altra fantasia di quest'uomo sempre pronto alla battuta e capace di inventarsi qualunque cosa. Come il particolare del treno che viaggia nella direzione opposta a quella che lui vorrebbe. «E' tuttavia certo che, nei pressi della stazione di Chiavazza, i convogli rallentano. C'è una piccola salita, volendo si può saltare al volo su un vagone...» sussurrano alla stazione. Insomma: tutto sta nel creder o non credere a quel che dice Minghella. Anche se la questione non cambia di molto. Lui giovedì pomeriggio è scappato, l'hanno ripreso dopo otto ore e adesso è in carcere a Biella, dove si trovava dal giugno scorso. Ne uscirà, forse, per il processo di giovedì prossimo. Ma è tutto ancora da decidere. L'altro pomeriggio con il suo avvocato, Nicoletta Solivo, parlando dell' udienza di ieri mattina era stato ironico ma deciso: «Se lei non si offende, io non verrei...». Maurizio Minghella

Luoghi citati: Biella, Piemonte, Torino