Ecco quanto ci costerà la guerra contro l'Iraq di Paolo Baroni

Ecco quanto ci costerà la guerra contro l'Iraq LE SIMULAZIONI DEL CENTRO STUDI STRATEGICI INTERNAZIONALI DI WASHINGTON Ecco quanto ci costerà la guerra contro l'Iraq Con un conflitto lungo petrolio a 80 dollari, con uno breve economia rilanciata Paolo Baroni La guerra a Saddam? Più sarà lunga e più peserà sull'economia, con effetti che potrebbero rivelarsi disastrosi nel caso di superassero i sei mesi di conflitto. Due le incognite da prendere in considerazione: da un lato la possibile escalation militare, con l'inevitabile corollario di attentati in tutto l'Occidente, e dall'altro il prezzo del petrolio. Secondo il presidente della Federa! Resorve Alan Greenspan «l'impatto di una guerra sull'economia americana non sarà rilevante e, comunque, nulla a che vedere con conflitti quali Vietnam o Corea. Rispetto ad allora il nostro paese ha le spalle ben più robuste». Parlando nei giorni scorsi di fronte ad una commissione parlamentare, il banchiere centrale americano ha spiegalo che rispetto al 1950 il prodotto interno americano è infatti cresciuto di ben 5 volte passando da un monte (calcolato in dollari a valore costante) di 1700 miliardi ad uno di 9200. L'economia americana può dunque farsi tranquillamente carico di una nuova missione militare il cui costo, secondo la Commissione bilancio del Congresso, è slimalo i 6-13 miliardi di dollari al mese. Quello che Greenspan non spiega, e non calcola, sono però le conseguenze per l'economia. I dubbi a questo riguardo sono molti: come reagirà ad esempio il mercato petrolifero oggi già particolarnienlo nervoso di fronte ai venti di guerra? E ancora: se la guerra sarà prolungala, con molte perdite in termini di vile umane, sarà possibile evitare una nuova fase di recessione per l'ancora gracile economia mondiale? Al contrario: in caso di guerra breve imprese e consumatori potranno ritrovare presto la fiducia e fare ripartire quindi l'economia occidentale come tutti da tempo si attendono? A questi quesiti risponde uno studio elaboralo dal Centro di sludi strategici internazionali di Washington che ha preso in esame gli effetti dei più recenti conflitti che hanno caratterizzato lo scacchiere medio-orientale: la guerra del Kippur del 1973, il conflitto tra Iran e Iraq del 1979 e la Guerra del Golfo del 1990. Due volte su tre la recessione si è presentata puntuale all'appuntamento. Anthony Cordesman che ha guidato il pool di ricercatori ha immaginato tre differenti scenari: il primo, definito «benigno», prevede un conflitto molto breve e di fatto un impatto nullo sul fronte economico. E' il più verosimile e gli viene altribuila una percentuale di probabilità compresa tra il 40 ed il 60Vn. Il secondo, quella «Inter- medio», prevede scontri prolungati per 6-12 settimane, il petrolio a 40 dollari al barile e crescita zero negli Usa. Ha il 30-40^, di possibilità di verificarsi. Lo scenario peggiore ha un tasso di probabilità per fortuna inuiou contenuto (5-10nZo) e descrive una guerra lunga sei mesi e più, con il petrolio a 80 dollari al barile, un conflitto militare mollo pesante e un'escalation terroristica che arriverebbe a coinvolgere mezzo mondo. Che ovviamente verrebbe investilo da una nuova, profonda recessione. «Lo scenario più probabile resta lontano da quanto accaduto in occasione della prima guerra del Golfo - spiega Nariman Behravesh del Global Insights Economie Forecast - ovvero una vittoria rapida e poco dolorosa seguita da una ripresa della Borsa e dei consumi». Ma poi l'esperto Usa riconosce che dopo gli attentati dell'I 1 settembre del 2001 il mondo è cambiato. «Un solo attacco terroristico im- portante basta a trascinare l'economia in una nuova fase di crisi». Senza conlare tutte quelle ricadute che difficilmente si possono tradurre in cifre o equazioni, a cominciare dal fatto che una guerra cambia il contesto politico mondiale e quello psicologico. «Quando si comincia una guerra può succedere di tutto - rileva David Wyss di Standard B- Poor's - e il più delle volte ciò che accade non è mai positivo». Anche la speranza che l'aumen¬ to delle spese militari possa in qualche modo «drogare» la crescita dell'economia potrebbe risultare vana. Spiega William D. Nordhaus, docente all'Università di Yale: «Storicamente l'espansione è stata la compagna inseparabile di ogni conflitto: durante la Seconda guerra mondiale le spese militari, prima dell'atlacco di Pearl Harbor, avevano fatto crescere il Pil americano del 100Zo. Ma questa regola, dopo l'ultima guerra del Golfo, non vale più: in quel caso. infatti, le spese militari hanno inciso sul Pil per non più dello 0,30Zo, lo stesso livello dell'anno passato». A suo parere, però, un ritorno della recessione è abbastanza improbabile: i mercati, infatti, avrebbero già messo in conto una guerra o quanto meno un conflitto di breve durata. A dominare lo scenario macro-economico saranno dunque più i fattori psicologici legati al conflitto, «a meno che la guerra non fuoriesca dai confini iracheni». Greenspan: «Gli Usa hanno spalle robuste a sufficienza per reggere il confronto» In bilancio 6-13 miliardi di dollari di spese al mese PETROLIO Prezzi stabili 30-32 dollari al barile PIL USA +2% nel primo semestre 2003 +4% nel secondo semestre GUERRA DI BREVE DURATA (4-6 SETTIMANE) Lo scenario meno "doloroso" prevede che gli Stati Uniti ed i paesi alleati conquistino facilmente ia vittoria in un periodo compreso tra le quattro e le sei settimane. Il grosso dell'esercito di Saddam Hussein dovrebbe arrendersi o rifiutarsi di combattere e le perdite per le forze occidentali dovrebbero essere particolarmente contenute. Di contro, una volta terminati gli scontri, il grosso delle truppe americane non dovrebbe restare sul suolo iracheno per più di dieci settimane. In una situazione del genere l'incertezza legata al conflitto resterebbe ovviamente elevata ma la reazione sul fronte economico dovrebbe risultare migliore rispetto alla fase di vigilia della guerra: non solamente imprese e consumatori ritroverebbero un po' di fiducia ma l'aumento della spesa pubblica americana darebbe un significativo sostegno alla crescita. Per quanto riguarda il petrolio, il congelamento temporaneo delle quote irachene (2-2,507o del consumo mondiale) non rappresenterebbe un problema dal momento che sia l'Arabia Saudita che gli altri grandi produttori di greggio potrebbero compensare tranquillamente questo ammanco. Di conseguenza i prezzi non si discosterebbero molto dalie quotazioni delle ultime settimane che sì sono assestate a quota 30-32 dollari al barile. Con una guerra corta gli economisti prevedono una crescita media del prodotto interno lordo americano del 2'Ki nel primo semestre del 2003 e del 4'ì4 nella seconda parte dell'anno. PETROLIO 40 dollari al barile PIL USA Crescita zero GUERRA DI MEDIA DURATA (6-12 SETTIMANE) Secondo lo scenario intermedio le operazioni militari si prolungherebbero sino a 6-12 settimane. E le perdite di uomini e mezzi per gli Stati Uniti e gli altri paesi alleati salirebbero in maniera considerevole. Di conseguenza crescerebbe anche l'atteggiamento critico verso il conflitto da parte dell'opinione pubblica. Le truppe fedeli al regime iracheno cercherebbero di resistere all'invasione mentre scontri e sabotaggi provocherebbero danni agli impianti petroliferi dell'area del Golfo. L'Arabia Saudita potrebbe a questo punto non rendersi disponibile ad incrementare le quote dì produzione del greggio spingendo così il prezzo del barile sino a quota 40 dollari, in questo caso la crescita dell'economia, americana e di conseguenza occidentale, nel primo semestre dell'anno potrebbe anche essere vicina allo zero. PETROLIO 80 dollari al barile I TRE SCENARI GUERRA DI LUNGA DURATA (6 MESI) L'ultimo scenario è il peggiore dei tre: prevede che la guerra duri sei mesi. L'Iraq potrebbe attaccare le truppe americane e il territorio di Israele con armi dì distruzione di massa. Gli scontri tra le forze contrapposte sarebbero particolarmente violenti e provocherebbero una reazione molto forte dell'opinione pubblica nei confronti della guerra e dell'amministrazione Bush. In difficoltà anche alcuni governi dei paesi arabi. Gli attentati terrorìstici contro l'Occidente si moltìplichebbero. Dì fronte a questo scenario il prezzo del barile dì petrolio potrebbe raggiungere il livello record di 80 dollari, un boom che avrebbe l'effetto dì un PIL USA nuovo shock petrolìfero con una forte impennata Recessione, dell'inflazione. Alla fine del 2003 negli Stati Uniti estesa a 'a disoccupazione arriverebbe a toccare quota tutti i paesi 7,50Zo, contro il 60Zo registrato alla fine dell'anno occcidentali. passato. Per tutto l'Occidente sì aprirebbe una Forte aumento nuova fase di recessione che a questo punto di inflazione e sarebbe pressoché inevitabile, disoccupazione Queste le conseguenze a breve. Secondo un gruppo dì ricercatori universitari legati all'Accademia americana delle arti e delle scienze, però, il "vero prezzo" della guerra all'Iraq osservando il lungo termine sarebbe particolarmente alto sommando i costì del conflitto con quelli della successiva ricostruzione e, aggiungendo a queste spese il peso dell'effetto greggio, sì arriverebbe infatti all'incredibile cifra di 1900 miliardi di dollari. La metà a carico del budget federale Usa e l'altra metà come effetto della minore crescita dell'economia. m Z *4/^-"''; vS s t tfftfJn ---r . «xskè.

Persone citate: Alan Greenspan, Anthony Cordesman, Bush, David Wyss, Greenspan, Nariman Behravesh, Saddam Hussein, William D. Nordhaus