«Ero in treno, mi ha portato indietro»

«Ero in treno, mi ha portato indietro» IL MANIACO RACCONTA LE OTTO ORE DI FUGA «Ero in treno, mi ha portato indietro» «Sicuro che andasse a Torino, invece ritornava a Biella» la storia NO, non era proprio destino che la fuga andasse a buon fine e che non lo riacciuffassero più Maurizio Minghella. Di suo ci ha messo l'ingegno, il coraggio, la forza fisica. Ma non è bastato, il destino s'è messo dì mezzo. «Camminavo lungo i binari della ferrovia. Guardi, signor giudice, io non sapevo proprio dov'ero. So soltanto che era già notte, buio pesto lì in mezzo alla campagna. E poi faceva freddo: dì questa stagione non si sta bene in giro con addosso soltanto la maglia e la coperta. Ad un certo punto ho visto una casa vicino ai binari: era una stazione. Mi sono avvicinato. Intorno non c'era nessuno, non come prima che vedevi dappertutto le auto con il lampeggiante blu accesso. Proprio in quel momento è passato un treno. Andava piano e allora io ci sono saltato sopra. Ero convìnto che sarei arrivato a Torino. Invece mi ero orientato male e mi sono ritrovato in mezzo alla città senza neanche saperlo...». Un quarto d'ora dopo dopo era già in manette nell'auto dei carabinieri. Quasi rilassato, l'uomo che per otto ore, l'altro ieri, ha scatenato una gigantesca caccia all'uomo con elicotteri, cani e centinaia di poliziotti e carabinieri, ieri pomeriggio ha raccontato le sue otto ore dì libertà. A modo suo, nella sala interrogatori del carcere dì Biella. Seduto a gambe incrociate davanti alla scrivanìa dietro cui stanno il magistrato e il capo della omicidi di Torino, Minghella centellina i dettagh. Nicola Serianni, che è un magistrato gentile e die con luì non ha mai avuto a che fare prima, cerca dì ricostruire pezzo per pezzo quel pomeriggio. «Prima del treno, signor Minghella, cosa ha fatto? » E lui sorrìde. E racconta. «Ero in ospedale per ì controlli. Sa come vanno queste cose: visite ed esami uno dietro l'altro. Una noia, e ho chiesto dì andare in in bagno...». Fuga meditata? Progettata magari già qualche mese fa, quando al «Degli Infermi» andò per un controllo? «Assolutamen¬ te no. L'altro giorno sono andato in bagno due volte perché ne avevo bisogno. E sempre da solo...» spiega luì. La seconda volta, quando salta il davanzale, lo fa per istinto, senza pensarci, «la finestra era aperta, pazzesco». Se ne va con la coperta sulle spalle. Poteva correre verso il centro, invece sceglìe dì scendere lungo quella strada che porta fuori Biella. Una svolta, una curva, un incrocio: fargli ricordare il percorso adesso è quasi impossibile. «Minghella, così conciato, dove pensava di arrivare», insiste il commissario Marco Basile, l'uomo che a Torino lo ha arrestato per quattro omicìdi. Lui lo conosce bene e sorride: «Dottore, io me ne sono andato in campagna. Da lì me ne sarei scappato proprio bene; se mai fossi arrivato a Torino...». Ma in un attimo la città s'è riempita di volanti e gazzelle dell'Arma, di poliziotti e carabinieri. «Ho capito che mi stavano cercando e allora me sono andato lungo un torrente. Sono stato lì un bel po' tra le piante e gli sterpi. Poi è anche arrivato l'elicottero, c'erano macchine dappetutto a trenta, cinquanta metri da me. Per fortuna non mi hanno visto: stavano vicino al corpo di uno, sotto un ponte. E io sono stato bravo. Pensavo a come andarmene da lì. Poi s'è fatto scuro l'elicottero è sparito e allora ho ripreso a camminare...». Chilometri. Lungo il fiume prima e poi sui binari della ferrovia. «Se prendevo quel treno, a quest'ora non sarei qui». «Voi dite, dite, ma io non ho fatto niente. Questa storia delle donne ammazzate è tutta una montatura di quel magistrato di Torino e della polizia. Io sono innocente, innocente, mi sono spiegato?». Cosa avrebbe fatto a Torino, però, Minghella non lo spiega. L'altra notte aveva detto che aveva dei conti in sospeso: «Con il magistrato che mi ha fatto arrestare. Lo voglio vedere morto. Sparagna...». Ieri ha glissato, cercato di ammorbidire i toni: «Sa, certe volte si esagera un po'. Ma adesso sono di nuovo qui, tra voi, siete contenti? » Un'ora di domande e risposta. Di battute e di sottintesi con quei poliziotti che di luì sanno tutto: manie, paure, cause di quei suoi raptus di violenza bestiale. Le sue parole riempiono la videata del computer: «No, non mi aiutato nessuno. Se mi avessero dato una mano non avrei dì certo preso che il treno che tornava verso Biella, non è vero». Quando gli chiedono se qualcuno, a Torino, lo avrebbe aiutato lui scuote la testa? «Non so. Prima avrei dovuto arrivare e poi avrei capito tutto...». Ma s'è messo dì mezzo il destino, travestito da treno che va nella direzione sbagliata e che lo riporta in città. Ancora una corsa, qualche minuto nascosto nelle fabbriche abbandonate, un cortile attraversato di corsa poi i carabinieri che gli saltano addosso: «E' finita...», [lo.pol.] ^llfe Era già notte ^" e faceva freddo Non si sta bene in giro con addosso solo una maglia e la coperta Ad un certo punto ho visto una casa 4kA era una stazione ™jy 6é Là non c'erano luci, né elicotteri Se lo avessi preso verso la direzione giusta non sarei qua Non ho premeditato nulla, ma quella finestra era aperta: pazzesco 99 Maurizio Minghella

Persone citate: Marco Basile, Maurizio Minghella, Minghella, Nicola Serianni