«Ora contratti con l'inflazione programmata» di Federico Monga
«Ora contratti con l'inflazione programmata» IL SOTTOSEGRETARIO AL WELFARE: LO SCARTO TRA CAROVITA ATTESO E REALE DEL 2002 CAUSATO DALLA MONETA UNICA «Ora contratti con l'inflazione programmata» Sacconi: passato l'effetto euro centreremo gli obiettivi intervista Federico Monga RISOLTA, con più di una litigata e molti patemi d'animo, la grana della Finanziaria il governo ora dovrà fare i conti con una questione non meno spinosa: il rinnovo dei contratti che toccano il portafoglio di tre milioni di italiani. Le trattative, causa dibattito sulla manovra, sono finite nel dimenticatoio. Ora, però, non si può più rimandare. A partire dai metalmeccanici fino alla scuola e alla funzione pubblica. La guerra sui prezzi di inizio anno certo non aiuta a distendere gli animi. Se prima il nodo era il differenziale tra inflazione programmata e il carovita registrato dall'Istat, ora a scaldare l'ambiente si sono messi di mezzo anche le rilevazioni di altri centri studi, tipo Eurispes. I sindacati premono sugli aumenti, forti dell'ampio scarto tra inflazione attesa e reale del 2002 (dall'1,9 al 2,5-2,60Zo). Il governo, nonostante i buoni dati di dicembre sul fabbisogno, sa di non avere risorse per fare troppe concessioni. Il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi però è convinto che nel 2003-2004 «ci sono tutti i presupposti per stare dentro i parametri dell'inflazione programmata indicata nel Dpef». Ovvero 1' 1,40zi. Nell'ultimo anno si è verificato un forte divario e i sindacati, in vista delle trattative per il rinnovo dei contratti, ora non si fidano. «La bolla inflazionistica è stata legata in larga parte all'introduzione dell'euro. E' stato un fenomeno unico che non si verificherà una seconda volta». Chi è il colpevole di questa bolla? «Le spinte inflazionistiche si sono concentrate laddove il mercato è meno efficiente. Dove c'è meno concorrenza e dove resistono ancora i monopoli». Facciamo qualche nome. «In alcune parti della catena commerciale,-negli esercizi o nei servizi pubblici. Ma questo scalino non si ripeterà. La crescita anche il prossimo anno resterà bassa e io non vedo il rischio della stagflazione, ovve- ro Pil ridotto e aumento dei prezzi. Per il prossimo biennio quindi gli impegni assunti sono ancora validi e possono essere raggiunti». Tornando ai contratti, quindi il parametro è e resta l'l,40A indicato nel Documento di programmazione economica e finanziaria? «Il punto di riferimento deve restare la politica dei redditi. Mi fa piacere che tutti i leader sindacali, compreso il segretario della Cgil Epifani, lo abbia¬ no, anche in questi giorni di polemiche sui prezzi, riconosciuto». Nelle piattaforma della Fiom per il contratto dei metalmeccanici però la richiesta va ben oltre l'inflazione programmata. «Questo è un errore. Cisl e Uil invece hanno fatto proposte diverse». Spieghi la differenza? «Quando guardano all'inflazione programmata parlano di tasso di riferimento. Il che non vuol dire prendere un parametro così come è scritto nel Dpef. Può essere anche di più». E infatti anche Cisl e Uil chiedono di più. «Però chiedono di coprire questa differenza nel secondo livello contrattuale dove si può ragionare in termini di produttività. La Fiom invece vuole spalmare questa differenza secondo parametri medi di settore, senza fare nessuna differenza di produttività. Una proposta inefficiente sia per i lavoratori che per le aziende». La proposta della Cisl e Uil invece può essere presa in considerazione? «E' coerente con la politica dei redditi e con il Patto del lavoro del '93. Il meccanismo distributivo è efficiente. Gli incrementi salariali devono essere ancorati alla produttività, altrimenti c'è il rischio di un'inflazione alta». Un'azienda metalmeccanica può calcolare la produttività senza troppe difficoltà. Questa valutazione diventa più problematica in una scuola o in un ospedale. Come ci si comporta nel settore pubblico? «Si deve fare una riflessione sul modello contrattuale, va verificata la possibilità di una contrattazione decentrata. Credo che nella Sanità, per fare un esempio, le Regioni debbano assumersi ancora maggiori responsabilità». Insomma il governo continua a battere la strada della moderazione salariale? «Parlare di moderazione salariale non mi sembra attuale. Bisogna ragionare in termini di salario efficiente. L'inflazione programmata non è un monolite ma un riferimento per ottenere una dinamica dei salari efficiente che si determina soprattutto a livello di contrattazione aziendale». «Non è attuale parlare di moderazione salariale L'efficienza si raggiunge solo a livello aziendale» «Nel settore pubblico e nella sanità bisogna cominciare a pensare a trattative decentrate» Il sottosegretario alWelfare Maurizio Sacconi
Persone citate: Maurizio Sacconi
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