<<Herald Tribune» fine di una sinergia

<<Herald Tribune» fine di una sinergia DA IERI SOLO CON I SERVIZI DEL «NEW YORK TIMES» <<Herald Tribune» fine di una sinergia NEW YORK —- E' finita un'epoca all'«International Herald Tribune». Ma ora diventerà un giornale più forte e vario o una semplice succursale oltreoceano del «New York Times»? La domanda circola nella redazione di Neuilly-sur-Seine, da dove nei giomi scorsi è partito un pellegrinaggio di redattori diretti a Manhattan e Washington per scoprire il loro destino dopo il passaggio di proprietà completato all'inizio dell'anno. Il giornale degli americani all' estero, e non solo, esiste dal 1887, quando James Gordon Bennett Jr. lo aveva fondato a Parigi come edizione europea del suo «New York Herald». Nel 1935 aveva comprato anche l'edizione francese della «Chicago Tribune» e nel 1959 tutta la struttura era stata acquistata da John Hay Whitney, ex ambasciatore degli Stati Uniti a Londra. Nel 1966 il «New York Herald» aveva chiuso ma Whitney voleva tenere aperto il giornale a Parigi, e quindi fece un accordo col «Washington Post». Cinque mesi dopo il «New York Times», che nel frattempo aveva cercato di lanciare la sua edizione intemazionale, si piegò a questa concorrenza e decise di abbandonare il suo progetto, unendo le proprie forze a quelle dei rivali nell'«Intemational Herald Tribune». Dal 1967 e fino a ieri il giomale ha prosperato grazie alla strana coabitazione di questi due competitori, che nel 1991 si sono divisi la proprietà a metà, rilevando la quota della Whitney. L'«Herald» pubblicava articoli propri, ma soprattutto molti pezzi presi dalle edizioni americane del «New York Times» e del «Washington Post», offrendo in pratica una finestra sul meglio della stampa Usa. L'anno scorso, però, l'editore del «New York Times», Arthur Sulzberger Jr., ha cercato di prendersi la rivincita, facendo al collega del Il giornale damericani afu fondato nel 1887. Il «Washingha ceduto egli l'estero a Parigi ton Post» a sua quota «Washington Post», Donald Graham, un'offerta di quelle che non si possono rifiutare: vendeteci il vosto 5007o, oppure noi fondiamo un giomale intemazionale concorrente e smettiamo di investire neir«Herald». Graham, secondo fonti della redazione, ha fatto una controfferta, proponendo a Sulzberger di vendere la propria quota al «Post», ma davanti al rifiuto dell'editore del «Times» s'è dovuto arrendere. Ha incassato circa 75 milioni di dollari, e da ieri 1'«International Herald Tribune» appartiene solo al grande quotidiano di Manhattan. Sulzberger ha nominato come direttore prò tempore Walter Wells, un veterano deir«Herald» ormai in pensione, che aveva sperato di sedersi su quella poltrona parecchi anni prima, quando invece il «Post» aveva voluto David Igntius. Il giomale, però, dipenderà da Howell Raines, direttore esecutivo del «Times», almeno fino a quando l'editore non sceglierà la nuova strada da seguire. L'«Herald» ha circa 330 dipendenti, vende 269 mila copie al giomo, stampa in 22 luoghi diversi e viene distribuito in 180 Paesi. Negli ultimi anni, però, aveva cominciato a soffrire la concorrenza di altre edizioni intemazionali di quotidiani concorrenti, come il «Wall Street Journal», che ormai vende 186 mila copie. Secondo gli accordi, r«Herald)) potrà continuare a pubblicare gli articoli del «Post» per sei mesi, ma Graham ha la facoltà d'interrompere la fomitura dopo 90 giomi. A quel punto i redattori del «New York Times» dovrebbero colmare il vuoto, aggiomando anche le loro chiusure in modo da fornire articoli freschi in tempo utile per Parigi. Sulzberger spera così di rafforzare il profilo mondiale del suo giomale, ma gli affezionati lettori deir«Herald» temono di ritrovarsi in edicola con r«Intemational New York Times». [p. mas.l Il giornale degli americani all'estero fu fondato a Parigi nel 1887. Il «Washington Post» ha ceduto la sua quota