Paolo VI ha aperto l'Anno Santo

Paolo VI ha aperto l'Anno Santo sarà il più lungo di tutta la storia della chiesa Paolo VI ha aperto l'Anno Santo Il Papa si è richiamato agli insegnamenti del Vangelo - L'abate Franzoni ha polemizzato per un ritorno al primitivo significato del giubileo; la redistribuzione dei beni tra gli uomini (Nostro servizio particolare) Roma, 10 giugno. Paolo VI, parlando oggi a mezzogiorno ai fedeli radunatisi in piazza San Pietro per l'Angelus, ha dichiarato aperto l'Anno Santo. Sarà il più lungo della storia della Chiesa. Il giubileo si articola infatti in due fasi: la prima si svolgerà nelle diocesi e terminerà il 24 dicembre del '74, la seconda, che s'inizierà appunto il giorno di Natale dell'anno prossimo, durerà sino alla fine del '75 e si concluderà con il pellegrinaggio dei cattolici a Roma. Nel suo discorso di stamane, il Pontefice ha detto che la giornata odierna deve essere dedicata all'Irlanda del Nord «dove ancora infierisce la violenza e dove vi è urgenza di riconciliazione nell'ordine, nella giustizia, nella libertà, nella concordia. Pregheremo perciò anche noi per quel Paese, a noi tanto caro e ancora tanto turbato e sofferente». Nella apertura dell'Anno Santo si è inserito con una nota polemica, sempre in un discorso pronunciato stamane, don Giovanni Battista Franzoni, abate della comunità benedettina di San Paolo fuori le Mura di Roma. Il religioso è noto per alcune dichiarazioni e iniziative che l'hanno messo talvolta in contrasto con la Santa Sede. Un anno fa sulla sua attività, fu chiamato a indagare un "visitatore apostolico". Nelle due messe domenicali, che ha celebrato stamane nella basilica di San Paolo, l'abate Franzoni ha annunciato la pubblicazione di una lettera pastorale dedicata ai suoi monaci dal titolo «La terra è di Dio». Il religioso ha aggiunto che le considerazioni contenute nella lettera lo metteranno nelle condizioni di riesaminare la sua posizione di abate e la sua stessa permanenza nelle strutture gerarchiche della Chiesa. «Oggi incomincia l'Anno Santo — ha detto l'abate — e io ho voluto dare un contributo con qualcosa che andasse al di là dell'omelia. Ho scritto una lettera il cui argomento è legato a una problematica attuale, quella della terra e del suo uso, per la costruzione della città dell'uomo nella giustizia e nella pace o per la costruzione della città del capitalismo e della speculazione». «Per il popolo d'Israele — ha aggiunto — l'Anno Santo aveva un significato particolare. Infatti la terra veniva affidata agli uomini perché la amministrassero a vicenda e nessuno prendesse il sopravvento sugli altri. Ogni 50 anni la terra veniva redistribuita. Non si poteva perpetuare di generazione in generazione quest'accumulazione di case e di terre in mano a pochi, privandone invece gli altri membri, le altre famiglie del popolo. Questo era il significato originario dell'Anno Santo». Don Franzoni ha poi detto che sarebbe un'ipocrisia, «una beffa, pagare con visite alle basiliche» e con preghiere «ciò che noi dobbiamo come restituzione ai nostri fratelli, giacché la terra è di Dio e viene data all'uomo soltanto in amministrazione». L'abate ha poi parlato della situazione attuale della Chiesa che ha definito di «compromissione con il potere economico e politico». «Non abbiamo saputo rinunciare a questi beni — ha osservato — e non ci siamo accorti che il Vangelo ci vuole spogli da queste compromissioni con il potere capitalistico, e ci chiede di stare dalla parte dei poveri». «Questo è l'interrogativo che io mi pongo: come può oggi un monaco uscire dalle città, come fece San Benedetto, per andare a cercare nelle speloche, in mezzo ai pastori, ai contadini e alla gente che vive i modo estremamente prei io, un luogo per leggere e uare il Vangelo, un costun. i vita, un modo di parlare e pensare? Può farlo oggi che le campagne e le montagne sono tutte costellate di villette, di cottage, di luoghi diciamo "graziosi", tutti abitati dai benestanti, dai ricchi? Non sarà forse il "nuovo deserto", la periferia anonima del¬ le grandi città, con i suoi cattivi odori, con i suoi rumori sgradevoli, con il suo abitare il modo compresso» il luogo dove un monaco oggi deve rifugiarsi? «Questa pace monastica che noi dobbiamo realizzare — ha concluso — non la si potrebbe trovare anche nel lavoro in mezzo ai poveri, in mezzo a coloro che sono dipendenti, conducono una vita precaria? Questo è l'interrogativo che io mi pongo oggi. Scelgo di cercare in questa direzione, in un prossimo futuro, questo tipo di vita. Lo faccio proprio perché oggi le parole sono tutte logore e consumate», n. s. *J 11 Città del Vaticano. Don Giovanni Battista Franzoni (Tel.)

Persone citate: Franzoni, Giovanni Battista, Paolo Vi

Luoghi citati: Città Del Vaticano, Irlanda Del Nord, Israele, Roma, San Paolo