Una decisione che non basta di Renato Cantoni

Una decisione che non basta Reazioni e commenti alla rivalutazione della moneta tedesca Una decisione che non basta «Ciascuno per sé e Dio per I px il -—«4-4— ~t— ~ ~.—i rtutti», è il motto che sembra sia stato adottato in campo monetario internazionale. Infatti, nonostante le ripetute dichiarazioni distensive delle autorità responsabili, il caos valutario continua e la speculazione trova sempre la via per fare buoni colpi. In marzo, quando i mercati dei cambi furono riaperti dopo la seconda svalutazione del dollaro e lo sganciamento della lira dal «serpente» monetario, pareva che la libera fluttuazione del dollaro all'esterno della Cee avrebbe definitivamente diviso in due aree i Paesi occidentali: da una parte l'Europa e dall'altra gli Stati Uniti. Il nuovo mostriciattolo che aveva visto la luce era però un'altra creazione utopistica dei più testardi assertori della rigidità dei cambi, senza che la cooperazione economica e finanziaria avesse fatto sia pur timidi progressi. In un primo momento, tutto pareva andasse per il meglio: riaperti i mercati valutari, gli spostamenti delle quotazioni furono assai modesti. Ma era solo una pausa tecnica, come è già avvenuto più volte in questi ultimi cinque anni. La speculazione non tardò a individuare il punto più debole del sistema adottato e cioè il dollaro, che, lasciato al suo destino, poteva essere facilmente attaccato. Furono così impostate grosse operazioni differenziali contro la moneta Usa e in favore di quella tedesca. Le autorità tedesche si trovavano, nel contempo, alle prese con un forte surriscaldamento congiunturale e una decisa spinta al rialzo dei prezzi, che avevano cercato di contrastare adottando una politica di denaro scarso e caro. Queste misure portavano fatalmente al rafforzamento della moneta che già era considerata la più forte del mondo. A questo punto, i movimenti speculativi all'interno del serpente comunitario si fecero progressivamente più massicci, a dimostrazione che — come avevano osservato a suo tempo le autorità monetarie italiane — senza una maggiore omogeneità delle diverse economie dei Paesi del Mec, vi era sempre il pericolo di massicci spostamenti di capitali dalle valute più deboli a quelle più forti. Nei giorni scorsi, per mantenere i limiti di oscillazione entro i termini previsti, i diversi Paesi hanno dovuto vendere enormi quantità di marchi contro le monete più deboli, in questo caso fiorino e franco francese. La pelle del serpente rimaneva, comunque, tesa al punto da scoppiare da un momento all'altro e, allora, è stato giocoforza — per non far saltare il sistema — decidere d'urgenza la soluzione ritenuta meno rivoluzionaria, e cioè la rivalutazione del marco del 5,5 per cento. Si è creato così un principio che darà seri grattacapi ai promotori dell'unione monetaria prima di quella economica e finanziaria. Nonostante tutte le assicurazioni contrarie, è ora evidente che il serpente non serve allo scopo che i suoi inventori si erano prefissi. E' sufficiente, infatti, una poderosa spinta speculativa per obbligare la valuta più forte a rivalutare. Ma, allora, a cosa serve il principio dei cambi fìssi? Se l'Italia e la Gran Bretagna, con gravi sacrifici, fossero rimaste nel serpente, avrebbero perso gran parte delle loro riserve, per essere poi egualmente oggetto di una invincibile ondata speculativa. Così la Svizzera, che con la decisione di lasciar fluttuare il franco, ha evitato di essere la prima vittima degli operatori differenziali e ha passato la patata bollente alla Germania. Ora ci si chiede: cosa potrà succedere? La rivalutazione del marco è ora nettamente inferiore a quella «di fatto» registrata nei giorni scorsi nei confronti del dollaro e non risolve perciò le questioni di fondo. Nei riguardi degli altri Paesi europei legati nel serpente, i margini di oscillazione saranno proporzionalmente spostati e, secondo i calcoli delle autorità responsabili, le nuove parità dovrebbero resistere per qualche tempo. La sicurezza non esiste, foinfspUspnminntsdsszrmtcAnmtSscnnp I però, perché la speculazione r—i ~ j.iti ~:~ h i.- forte dell'esperienza passata, insisterà sulla via che ha fruttato ripetuti e lucrosi successi. E questo avverrà puntualmente se gli Stati Uniti non interverranno a sostegno del dollaro e il prezzo libero dell'oro continuerà a salire. Occorre, comunque, tener presente che in mezzo a tanta baraonda non ci sono vincitori ma soltanto, sia pure in misura assai diversa, vinti. Il potere d'acquisto delle monete è sempre minore e, salvo occasionali e pericolose speculazioni sui cambi e sulle materie prime, il valore dei patrimoni si riduce. Senza un accordo generale e una volonterosa accettazione di sacrifici proporzionali alla ricchezza dei diversi Paesi industrializzati, non è pensabile un ritorno alla stabilità economica e monetaria. Purtroppo, per il momento, prevalgono l'egoismo, la miopia e l'interesse nazionale. Renato Cantoni

Luoghi citati: Europa, Germania, Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti, Svizzera, Usa