II medico a 7-800 mila lite al mese

II medico a 7-800 mila lite al mese La condizione umana, come si vive oggi nella grande città II medico a 7-800 mila lite al mese Il prof. Giorgio Cortesina, assistente di clinica, aggiunge: "Se non avessi avuto l'appoggio della famiglia ,non sarei certamente arrivato alla specializzazione e alla docenza" - Dal guadagno bisogna detrarre le spese per l'infermiera, l'affitto, il telefono, le imposte - "Un generico che si dia un po' da fare supera il milione al mese" - Mutue, visite, malati immaginari Per una visita specialistica un primario di Torino chiede fino a trentamila lire, salvo casi eccezionali o consulti di clinici. In altre città, Roma, Milano, questa cifra è anche superata. Negl'i Stati Uniti o In Svizzera dove il sistema sanitario è fra i più evoluti del mondo, un esame specialistico fatto da un luminare della medicina, viene a costare un terzo o la metà, lo stesso si può dire per la Francia e la Germania. Di fronte a questa situazione, contestata da clinici e primari, sempre pronti a mettere in dubbio la validità di certi parametri e confronti, vi è quella dei medici della mutua, bersaglio ormai facile degli strali dell'opinione pubblica per i metodi sbrigativi con i quali esercitano la professione -e «curano» i malati, ma che riescono, non tutti certo, a guadagnare in un mese quello che un operaio o un impiegato medio prende in un anno. Un medico «condotto» ben avviato, nonostante i disagi di un lavoro improbo, non è i una posizione meno favorevole di altri colleghi per quanto riguarda le entrate. Sono una élite di privilegiati i circa quattromila medici di Torino? «Non ci sono dubbi — am mette il professor Giorgio Cortesina, 36 anni — se limitiamo il confronto alla sola parte finanziaria. Se consideriamo anche altri aspetti, allora il discorso è diverso» Il prof. Cortesina, è laureato da dodici anni, specializzato in otorinolaringoiatria da nove, assistente ordinario nella clinica di via Genova 3 da sei anni. Nato a Casale Monferrato dove il padre è pediatra, ha frequentato l'Università di Torino e ora vive con la moglie a Moncalieri in un elegante appartamento in via Torino 71/4. Un caso emblematico il suo, perché il professor Cortesina, nonostante la giovane età ha già una buona esperienza come clinico-ospedalie ro, come libero professionista e come medico della mutua. «Da giovane — confida — mi attiravano soprattutto la filosofia e la biologia, ma al momento di scegliere la facoltà universitaria, h optato per medicina, lasciando Socrate, Aristotele e Kant per il miraggio del camice bianco». Una scelta di cui ora non si pente, favorita dall'ambiente familiare (oltre al padre, è medico anche un cognato) propenso a concedere mezzi (una laurea in medicina costa parecchi milioni) ed esperienza per mettere a proprio agio l'aspirante «dottore». Le ampie possibilità familiari hanno così permesso al neo laureato di recarsi all'estero (è stato negli Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Germania) per acquisire un bagaglio di esperienze tali da fargli conseguire prestissimo la specializzazione e la docenza. «Se non avessi avuto la famiglia alle spalle — dice — non sarei certamente arrivato a questi risultati in così breve tempo. Ho cominciato a guadagnare soltanto a ventinove anni e per molto tempo ho fatto endovenose a 57 mila lire il mese». All"inizio del ciclo di studi, Cortesina aveva una aspirazione: sue cedere a qualche «barone», percorrere il solito iter fatto di compromessi, riverenze e scrupolosa osservanza di norme prestabilite. «Ad un certo punto però, ho rotto, i ponti — confessa il professor Cortesina — ho cercato di riacquistare la mia autonomia, la consapevolezza del ruolo del medico in una società così complessa qual è quella italiana e torinese in particolare. Io credo che l'attuale sistema sanitario abbia toccato il fondo. I neo laureati escono dall'Università senza una preparazione specifica, mancano aule, strumenti, attrezzature. Siamo ancora alle lezioni accademiche, i malati sembrano esistere solo nei libri». Ma sta cambiando qualcosa nel la mentalità dei medici? «Il dibattito sui grandi problemi social non poteva non coinvolgere anche la nostra categoria. I più giovani, al disotto dei 35 anni, non seguono pedissequamente gli anziani. Si rendono conto che un corpo umano non è come una macchina composta da tanti pezzi che si possono smontare, cambiare o rendere efficienti, a prescindere dalle cause che hanno provocato la rottura o la inabilità. Perché vi sono tanti nevrotici a Torino. Il medico con ventaglio culturale moderno e attento alla evoluzione della società non può non tene conto del profondo disadattamento delle masse ». Si spiega così, a parere del professor Cortesina, anche la «fame di medicine» che attanaglia decine di migliaia di torinesi. «Spesso — spiega — il "malato immaginario non colpevole" guarisce perché il medico gli ha consegnato la "pillola rossa" che, nella miglior delle ipotesi è innocua. Il malatodisadattato con la pillola dello stregone si tranquillizza, crede di stare meglio. In realtà il bruciore in gola, il disturbo alle vie respiratorie, non si eliminano con la pillola, ma impedendo alle industrie, alle auto, agli impianti di riscaldamento dì inquinare l'aria. Così le cause delle malattie del sistema nervoso, vanno ricercate nei ritmi di lavoro: che cosa può fare il dottore con questo tipo di malati?». Mancando una visione chiara di questi problemi, sia nei medici, sia negli assistiti, come meravigliarsi delle code di mutuati nelle anticamere degli ambulatori privati? Come può non prendere sempre più piede la figura del medico che arriva e parte trafelato concedendo all'assistito un paio di minuti di ascolto oltre a tutte le medicine che vuole prendere e gli esami clinici cui intende sottoporsi? Ecco il circolo vizioso della reciproca diffidenza che si contìnua ad alimentare: da una parte il medico che considera immaginari la maggior parte degli assistiti e pertanto li congeda in pochiminuti; dall'altra questi ul timi che hanno poca stima del dottore e lo considerano un funzionario in camice bianco capace di usare più la penna per compilare notule che non lo stetoscopiio per curarsi della salute dei cittadini. Quanto lavora il professor Cortesina? «Trenta ore settimanali in clinica, oltre a dodici-tredici di attività mutualistica e privata. Alla fine del mese vengo a percepire complessivamente sette-ottocentomila lire di cui 211 mila come assistente ordinario, il resto dalle mutue e dai privati. Dalle setteottocentomila lire bisogna però detrarre le spese per l'infermiera, l'affitto, il telefono, le corse in automobile, le tasse. Rimane pur sempre una somma che consente una vita dignitosa, anche se un medico generico che si dia un po' da fare, riesce a superare il milione al mese. Ma io penso che alcuni miei colleghi, sarebbero disposti a rinunciare ad una fetta delle loro retribuzioni se potessero lavorare in condizioni diverse dalle attuali. Se il legislatore non è ancora intervenuto per dare un voi to nuovo al sistema sanitario nazionale, dipende anche, a mio parere, dal corporativismo della categoria pronta a vigilare sui propri interessi, ma non altrettanto sociali ». Guido J. Paglia » a e g Il prof. Giorgio Cortesina: « E' una professione dura »