Cee: gravi contrasti ieri a Lussemburgo di Renato Proni

Cee: gravi contrasti ieri a Lussemburgo Ancora tensione in Europa per la situazione monetaria Cee: gravi contrasti ieri a Lussemburgo Alla riunione dei ministri finanziari, tedeschi, francesi e olandesi chiedono di fatto il blocco dell'unione monetaria, accusando Roma e Londra per il mancato rientro nel "serpente" (Dal nostro inviato speciale) Lussemburgo, 28 giugno. Il processo di unificazione monetaria europea è, di fatto, bloccato: tedeschi, francesi e olandesi, con l'appoggio della Commissione esecutiva della Cee, hanno affermato durante la riunione dei ministri delle Finanze che l'unione economica e monetaria, a causa dell'atteggiamento italiano, inglese e irlandese, è paralizzata e hanno chiesto il rinvio della seconda tappa, che avrebbe dovuto prendere il via il primo gennaio prossimo, secondo quanto fu deciso dal vertice di Parigi. Inglesi e italiani, di fronte ad un attacco così diretto e senza precedenti, hanno replicato rimproverando i loro interlocutori di non voler rispettare la prima scadenza importante fissata dal « summit » e di tradire così la volontà politica espressa a Parigi, ma non hanno voluto dare alcuna garanzia su un prossimo rientro della lira e della sterlina nel « serpente ». L'Italia si è trincerata dietro le abituali argomentazioni, cioè la mancanza d'una politica regionale e sociale della Cee, accreditando la tesi di un'impossibilità anche « strutturale » del nostro Paese a partecipare ad un'intesa di monete forti. « L'aula di questo Consiglio — ha ribattuto Malagodi alle accuse di Parigi, Bonn e L'Aia — non è un'aula giudiziaria e non si fanno processi ». Il nostro ministro, sostenendo — con l'appoggio degl'inglesi nostri « coimputati » — che il Consiglio di oggi non aveva veste politica per decidere formalmente un blocco nel processo di unione economica e monetaria, ha ottenuto di rinviare la discussione al 25 ottobre dopo una « fase di studio e approfondimento » che, a giudizio degli osservatori, non potrà certo cambiare la situazione. In realtà, la segreta speranza di italiani e inglesi è che l'estate, come purtroppo è quasi tradizione, porti una nuova crisi monetaria con la conseguente rottura di quel « serpente » monetario che simboleggia tangibilmente la nostra volontaria emarginazione dalle scelte comunitarie. Già oggi circolano voci insistenti d'una possibile nuova rivalutazione del marco, al centro di attacchi speculativi insieme col fiorino olandese. Il nodo della spaccatura tra i Paesi fluttuanti insieme e gli altri tre (Italia, Gran Bretagna e Irlanda), finora nascosto da morbide formule diplomatiche, è così emerso drammaticamente. La situazione è tanto più delicata se si tien conto che anche l'avvio della seconda fase del processo di integrazione è legato al varo della politica regionale Cee, cioè degli interventi nelle aree meno favorite, come il Mezzogiorno, finanziati dalla Comunità. Siamo di fronte quindi nd una sorta di rappresaglia da parte di francesi e tedeschi nei confronti di italiani e inglesi, i quali, mentre invocavano la solidarietà dei loro partners verso le regioni meno industrializzate, rifiutavano la stessa solidarietà sul piano monetario. Si confermano anche i timori di quanti indicarono nel rifiuto italiano di partecipare alla « fluttuazione congiunta » nei confronti del dollaro (febbraio scorso) l'innesco d'una crisi che avrebbe pesato a lungo nei rapporti intracomunitari, e le cui conseguenze si sarebbero viste a distanza di tempo. Francesi e tedeschi (pare che l'accordo sulla richiesta di rinvio della seconda tappa sia stato raggiunto da Brandt e Pompidou) hanno parlato apertamente di « inadempienza da parte di alcuni Paesi di fronte agli impegni comunitari in materia monetaria », e questo linguaggio diretto è del tutto inconsueto in sede di Consiglio ministeriale, testimonianza del surriscaldamento della situazione. Lo stesso ministro francese Giscard d'Estaing, dopo avere lanciato la clamorosa proposta di rinvio con le relative accuse, ha immediatamente lasciato la riunione e non ha neppure voluto ascoltare la replica di Barber, per gli inglesi, e di Malagodi. Le preoccupazioni francotedesche sembrano dettate, assai più che da motivi genericamente europeistici, da ragioni assai più concrete. Soprattutto per Parigi, potrebbe essere il riaffiorare di antiche diffidenze per un processo integrativo che porterebbe inevitabilmente ad accresciuti poteri direzionali per le autorità europee. Per Bonn, invece, si tratta dtincpdddcssi ntlpmmrstrmcLè del timore di vedere un'in-tegrazione monetaria zoppa, in cui il Paese più forte, cioè la Germania, finirebbe per pagare per tutti. Già la situazione attuale della congiuntura europea è divergente, così come i tassi d'inflazione nei vari Paesi. Anche questo argomento è emerso oggi chiaramente, nel corso del dibattito, e al termine i ministri hanno adottato generiche raccomandazioni per tutti e specifici consigli per l'Italia. Si invitano ad esempio le autorità italiane a limitare l'espansione della domanda globale, a destinare le risorse disponibili verso investimenti industriali e a contenere la spesa pubblica. In questo contesto di generale incertezza e di sbandamento, la Commissione esecutiva della Cee, che pure s'è fatta partigiana del rinvio della seconda tappa, ha tuttavia voluto presentare, come previsto, alcune proposte di cooperazione monetaria, pur sapendole per ora irrealizzabili. Il piano dell'esecutivo suggerisce fra l'altro la messa in comune progressiva delle riserve europee (oggi 56 miliardi di dollari in totale) in ragione del 20 per cento ogni diciotto mesi fino al 1980. Inoltre, essa suggerisce un sostanzioso aumento della dotazione del Fondo di cooperazione monetaria dagli attuali 1,4 miliardi di dollari ad 8,4 miliardi di dollari. Queste proposte delle autorità europee possono apparire intempestive e destinate comunque al fallimento. Tuttavia, esse rappresentano la sola notizia di speranza di oggi. Renato Proni

Persone citate: Barber, Brandt, Giscard D'estaing, Malagodi, Pompidou