Brecht brasiliano satirico e violento
Brecht brasiliano satirico e violento AL FESTIVAL DI CHIERI Brecht brasiliano satirico e violento "Le nozze piccolo-borghesi" col gruppo "Pao e Circo": polemica in stile comico (Dal nostro inviato speciale) Chieri, 26 giugno. Finisce a sputi, schiaffi e torte in faccia con l'impassibile ferocia di Chaplin o la frenetica voluttà rompitutto dei primi Laurei e Hardy, eppure questa forsennata versione delle Nozze piccolo-borghesi di Brecht, che il gruppo brasiliano «Pao e Circo» ha presentato l'altra sera alla rassegna chierese «I giovani per i giovani» elevandola di colpo al rango di un festival internazionale dell'avanguardia, non è soltanto forse la più violenta e certamente la più straziante clownerie alla quale abbiamo assistito in questi ultimi anni, ma anche un chiarissimo, e rarissimo, esempio di grande teatro politico. Scritte con altri quattro atti unici alla fine della prima guerra mondiale da un Brecht poco più che ventenne, Le nozze («Die Hochzeit», è il titolo originale) sono una grezza farsa da birreria, o per meglio dire da cabaret, nate come sono sotto il segno del popolare comico Karl Valentin, del quale il giovane Brecht era allora un allegro compagnone. Descrivono la squallida buriana nella quale naufraga un pranzo, appunto, nuziale di una famiglia della piccola borghesia: gli invitati raccontano insulse barzellette, intonano canzonacce sguaiate, s'avvinghiano in balli da taverna, s'abbuffano e sbevacchiano senza misura, s'insultano e s'azzuffano svillaneggiando la sposa già incinta e facendo a pezzi i mobili che lo sposo ha costruito con le sue mani. L'andamento da comica del muto, o da «entrée» circense, non attenua la virulenza di una polemica antiborghese della quale, da noi, il regista Guicciardini e il suo «Gruppo» già avevano spremuto i veleni satirici in un'esemplare versione delle Farse brechtiane. I brasiliani del «Pao e Circo» inaspriscono ed esasperano questa polemica tanto più che per loro gli anni 1918-19 in Germania hanno un'impressionante analogia ccn gli anni 1968-69 nel loro Paese. Ed è proprio la denuncia di una situazione politica spietatamente liberticida che ad essi sta a cuore: perciò il regista Luis Antonio Martinez Correa usa il testo di Brecht senza nessun rispetto, se non quello per le sue istanze ancora anarchiche, interpolandolo con brani di altre opere giovanili dello stesso Brecht e addobbandolo di inaudite invenzioni mimiche e verbali. Cosi, da una comicità da baraccone che non rifugge dal ricorso all'oscenità (ò la guerre comme à la guerre: tutti i mezzi sono buoni per suscitare il disgusto verso una classe dirigente ottusa e bacata), affiora una profonda tristezza. Basterebbe il finale quando, esaurite le escandescenze blasfeme e scatologiche che infiorano la rappresentazione, e placatasi una furia distruggitrice che ha trasformato la scena in un mucchio di rottami e di lordure, le note del Tristano prima, della Walkiria poi evocano le sinistre larve di futuri oppressori e, dopo un'ultima sghignazzata che rifa il verso a un dolciastro «musical» hollywoodiano, gli interpreti agghiacciano il pubblico con un bruegheliano trionfo della morte. Volutamente sgangherato, lo spettacolo trabocca sin dall'inizio in platea trascinando lo spettatore in un'infernale baraonda con gran rinforzo di un pianoforte, di una tromba e di una batteria che, in un angolo del palcoscenico, strapazzano a pieno volume musiche di Weill. Il pubblico, che gremiva sino all'inverosimile il cortile del Municipio, è stato subito al gioco e le poche parole che riusciva a pescare dal portoghese degli interpreti gli sono bastate per seguire un'azione che la straordinaria espressività di questi attori-clowns già rendeva comprensibile. E tutto è finito in una gaia kermesse che ha visto gli attori mescolarsi e confondersi col pubblico: davvero a Chieri si respira l'aria di un festival di giovani. Alberto Blandi npdutd
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