Forse un legame con il caso Scaglione? di Fabrizio Carbone

Forse un legame con il caso Scaglione? Forse un legame con il caso Scaglione? (Nostro servizio particolare) Roma, 25 giugno. A tre giorni dall'arresto di Frank Coppola, presunto mandante per il tentato omicidio di Angelo Mangano e del suo autista Domenico Casella, il cronista deve fare i conti con il segreto istruttorio che circonda le mosse dei magistrati Imposimato e Di Nicola: oltre a Coppola, trasferito da Roma nell'infermeria del carcere di Perugia per un attacco cardiaco, in carcere ci sono due supposti killers, Sergio Boffl a « Rebibbia » e Ugo Bossi al « Santa Scolastica » di Rieti. Si sa che la polizia è alla caccia di altre due persone: uh romano e un palermitano, latitanti da un anno. C'è un superteste, ex carabiniere, che ha visto una persona « sospetta » aggirarsi nei pressi della casa dì Mangano, in via Tor Tre Teste, pochi giorni prima del fallito attentato e forse anche il giorno stesso. Da quello che è emerso, la descrizione del « sospetto » sarebbe: basso, tarchiato e calvo. I due milanesi, Bossi e Boffl, si somigliano fisicamente e sono alti, longilinei, « capelloni ». Così come è esploso, il « caso Coppola » non convince: possibile che uno dei più furbi « pezzi da novanta » nella storia della mafia, anche internazionale, si sia fatto pescare con le mani nel sacco? Lui che, a detta di magistrati esperti, non parla e sa con quali persone associarsi, per eliminare il funzionario della Criminalpol si è servito dei due milanesi con cui è stato visto più volte ed ha avuto rapporti « d'affari »? Boffl e Bossi hanno ammesso di conoscerlo e Frank « tre dita» non ha avuto nessuna difficoltà a ribadirlo. Allora, sapendo di essere intercettato telefonicamente. Coppola avrebbe chiamato Milano per dire ai suoi amici (la frase pare sia stata registrata): « Fate in fretta, quello con la barba mi da fastidio »? L'inchiesta procede a scossoni perché le notizie — e solo certe notizie che non è facile controllare — filtrano poco alla volta. Ieri, era esplosa una bomba: la clinica « Villa Gina » all'Eur, diretta dal prof. Spallone, responsabile, fra l'altro, dei servizi sanitari di « Rebibbia », ha avuto per lungo tempo tuli i telefoni sotto controllo. Nella clinica, dopo uno dei tanti soggiorni in carcere, era stato ricoverato Frank Coppola per quattro mesi e vi era tornato altre due volte per dei controlli, il 12 maggio e il 14 giugno scorsi. Ieri, si gridò allo scandalo: se era stato Mangano a far intercettare Coppola senza l'autorizzazione di un magistrato, non sarebbe finita così. Oggi, ufficialmente è stato risposto che « Villa Gina », un'elegante palazzina di tre piani con giardino, era controllata dai carabinieri per conto del giudice Imposimato perché, dovunque sì fosse trovato. Coppola non doveva muoversi impunemente. Il vecchio boss italo-americano era da tempo sospetto: come si sarà scoperto? Non lo sappiamo. Dopo gli interrogatori di ieri notte condotti dai magistrati, si è saputo invece che sia il Bossi sia il Boffi hanno presentato alibi di ferro, dettagliatissimi. Il 2 e il 3 aprile scorsi, Boffl era in un albergo di Verona: il 4 a Faenza, nello studio di un avvocato. Il 5 (giorno dell'attentato a Mangano) si recò a Milano e, nel pomeriggio fino alle 20, restò nello studio del suo legale, avv. Toppetti. Testimoni il sostituto dell'avvocato, la segretaria e alcuni clienti. Bossi, la notte del 5 aprile fino all'alba del giorno dopo, era nel night « Astoria », di Milano. Alle 4 di mattina si trovava nell'ufficio del direttore del locale, che gli mostrò la copia di un giornale che riportava, sotto un grosso titolo, i particolari della sparatoria in via Tor Tre Teste. « Chi lo avrà fatto? », fu il commento del Bossi. Questi gli esiti degli interrogatori. Mentre erano in corso, a Milano c'è stato un quarto arresto: la ballerina Adriana Amoroso. 23 anni, amica di tutti e due i presunti killers. Nel suo appartamento sono slati trovati bossoli calibro 38 e proiettili « 7,65 ». L'Amoroso è attesa a Roma per un confronto con i suoi amici. Da Perugia, Coppola fa sapere di voler tornare a Roma, e in una clinica privata specializzata in malattie cardiache. La richiesta è stata presentata ai magistrati romani dal difensore dell'uomo di Partinico, avv. Mirabile. All'istruttoria romana si interessano i giudici genovesi alla caccia di una pista buona per scoprire mandanti e assassini del procuratore Scaglione. Sul crimine, compiuto a Palermo il 5 maggio 1971, c'è il buio totale. Ma dall'interessamento dei magistrati genovesi a parlare di indagini parallele ManganoScaglione il passo è troppo lungo. Ci sono analogie tra i due fattacci di mafia. Forse furono le stesse armi. Per questo chi si interessa al « caso Scaglione » ha chiesto un incontro con i colleghi romani. Fabrizio Carbone