L'isola che non c'è di Lorenzo Mondo

L'isola che non c'è Immaginosa parabola di Bonaviri L'isola che non c'è Giuseppe Bonaviri: « L'isola amorosa », Ed. Rizzoli, pagine 183, lire 3000. E' fatta, con « L'isola amorosa » Giuseppe Bonaviri conclude il processo di lenta dissoluzione della Sicilia, in particolare della nativa Mineo, entro una luce di favola. Le Mille e una notte, di cui Vittorini coglieva un riflesso nel suo primo libro, vent'anni fa, hanno definitivamente prevalso sulle suggestioni realistiche. Non è che qui non si possano cogliere velati riferimenti al mondo della storia, ma certo sarebbe capziosa e poco fruttuosa esegesi insistervi; come sarebbe impresa dura cercarvi una trama articolata. Della Sicilia restano, volendo, i nomi esotici di genti e luoghi attinti al suo passato greco e saraceno, i fulgori degli elementi naturali, certi proverbi e sentenze popolari occultati sotto specie oracolare (« indicando che una stella si tuffava a ponente disse che il mare è fonte di acque e di venti»). La Sicilia, anzi, viene assunta emblematicamente nel titolo, ma è un'isola natante, come un miraggio, e si perde e si stritola fra i ghiacci di un remoto Nord. Se proprio vogliamo cogliere, in questo libro un po' misterioso, una parabola che tenga, dobbiamo vederci quella dello stesso autore. All'inizio, il protagonista in prima persona lascia l'isola con un amico per ritirarsi sugli spai ti di un grattacielo nella terra di Hgven. Di là contemplano l'aria gravida di fumi e percorsa da segni sinistri, le strade polverose, gli alberi arsi, gli uomini frenetici: «I lo ro passi non erano in accordo col ritmo dei corpi cele sti ». In compagnia di altri esseri, esuli e smarriti, tornano allora, attraverso un deserto torrido e mortuario, al mare dove l'isola veleggia, girando su se stessa. C'è stato un urto traumatico con la realtà, ci sono speranze cadu te, a spiegare questo ritorno a una patria che è memoria di giovinezza, ma più ancora solitaria riflejsione sull'essere e sull'esistere. Ecco, a Tjmucah ognuno trova quello che cerca, piante e acque sorgive per chi si nutre di immediate parvenze, aria tersa e vetrina per chi s'illude di misurare i congiunti influssi di astri e cristalli, la ragazza Abinzoar, liscia e guizzante come driade, che incanta anche i vecchioni per la mirabile armonia che incarna ed esalta. Qui, in un'atmosfera di mite allucinazione, legittimata da profondi impulsi, l'uomo vive in totale accordo e simpatia con l'universo. E va segnalata, nel medico Bonaviri, la propensione alchemica e occultistica, ma soprattutto immaginosa, con cui sa penetrare le proprietà e virtù minerali. La solidità del cristallo, che si concede tuttavia alle più dissipate sollecitazioni della luce, è l'emblema più vivo della sua pa¬ nica visione. Nell'isola accade che si parli « con voce sincrona alle leggere ventate ». Ricorda Bonaviri che noi « siamo abituati alla forma e non possiamo capire per quali ineguagliabili gerarchie ci perpetuiamo nell'invisibile ». E a dare il senso di questa realtà specchiante, si serve di un linguaggio reso arcano da curiose inversioni ed ellissi, frastornanti vicinanze di parole, che fanno macchia per il loro tecnicismo, per qualche connotazione esotica, vera o presunta. Più che un episodio, un discorso, restano nella memoria queste invenzioni, brandelli di seducenti immagini astrali o lapidee, stati d'animo sfumati e involti, immaginosi deliri. Riveleremo appena che l'isola non dura, non c'è idillio in Bonaviri, non mitizzazione di arcaiche ere contadine o pastorali. Muore Abinzoar la splendente, arrivano sulle correnti marine le avvisaglie di sozzi invasori, l'isola si perde e si dissolve con i pochi rimasti, con il vecchio aedo: da lui continueranno ad esalare, a volte, « immagini diafane e tristi suoni », avvertiti appena « da qualche procellaria adatta al volo alto, oppure giù, nei gorghi, da ossa di uomini o da ninfe solitarie ». Libro assai intenso, benché a tratti aduggiato da criptici compiacimenti e lentezze, coerente approdo di una vocazione, L'isola amorosa sembra porre, acutamente, il problema di Bonaviri narratore, del suo futuro. E' il privilegio rischioso della piena maturità. Lorenzo Mondo

Persone citate: Bonaviri, Giuseppe Bonaviri, Vittorini

Luoghi citati: Sicilia