I vescovi aggiornano il metodo pastorale di Filippo Pucci

I vescovi aggiornano il metodo pastorale Di fronte alla società che cambia I vescovi aggiornano il metodo pastorale (Nostro servizio particolare) Città del Vaticano, 16 giugno. I vescovi italiani hanno oggi concluso la loro assemblea generale nell'aula sinodale in Vaticano, e già stasera è stato diffuso il comunicato ufficiale; ai primi di luglio, sarà pubblicato un documento programmatico che avvierà un «rivoluzionamento» dei metodi pastorali in tutta Italia. Uno dei protagonisti del dibattito finale è stato l'arcivescovo di Torino, cardinale Michele Pellegrino. Ha sottolineato, come esigenza della «evangelizzazione», la necessità che i vescovi italiani ricorrano, quando occorre, all'aperta denuncia. Ha citato il testo del profeta Isaia: «Guai a voi se aggiungete casa a casa e unite campo a campo perché non vi sia più spazio», a proposito delle fusioni, che «possono essere artificiose», di testate giornalistiche e di case editrici col rischio di «impoverire lo spazio della libertà d'informazione». Ha chiesto che i vescovi denuncino «con chiarezza e vigore» i disordini sociali: ha citato ad esempio l'episcopato francese che si è pronunciato contro la produzione di armi (poi, nei corridoi, a commento di questo richiamo, ha rilevato che l'Italia in questo campo è al sesto posto nel mondo), il coraggio dei vescovi spagnoli nel pronunciarsi sul franchismo, gli episcopati della Lombardia e del Piemonte schieratisi, nei mesi scorsi, a fianco delle rivendicazioni sociali dei lavoratori. Le prime denunce, richieste dal cardinale Pellegrino, sono subito risuonate nell'aula: monsignor Gobbi, vescovo di Imola, ha fatto presente che in alcune regioni d'Italia si assiste ad una «riduzione dello spazio» della libertà per la famiglia, la Chiesa e le istituzioni ecclesiali. «Nel denun¬ ciare le situazioni di ingiustizia nel nostro Paese — ha detto — si dovrebbe tener conto non solo di quelle generate dal neocapitalismo, ma anche di quelle che scaturiscono da un certo modo di esercitare il potere pubblico a livello regionale e comunale». Di altro genere, ma altrettanto veemente, la protesta dell'arcivescovo di Rossano Calabro, monsignor Cantisani, che ha parlato della gravissima situazione sociale della Calabria, dove le poche industrie chiudono ed i giovani vivono «con rabbia esasperata il loro dramma». Facciano, dunque, sentire i vescovi del Nord — ha chiesto — anche la loro voce, in favore del Sud, nel quale prevale un tipo di politica insufficiente, «a seconda dell'umore dei rappresentanti dei vari partiti». L'abate di San Paolo fuori le mura, Giovanni Franzoni, ha preso la parola per spiegare all'assemblea i motivi della sua recente scelta di vivere tra i poveri di Roma, preannunciando le proprie dimissioni dalla carica per essere accanto a coloro che sembrano tagliati fuori «dal nostro modo di essere Chiesa». Monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, ha approvato la linea Franzoni, osservando che unità e collegialità non vogliono significare «un livellamento a senso unico», dovendosi lasciare ad ognuno, quando sia osservata l'unità nelle cose necessarie e la carità verso tutti, la libertà nelle questioni dubbie, quale testimonianza «per una ricerca sincera a diverse soluzioni». L'assemblea ha, infine, stabilito una pensione di duecentomila lire mensili per i vescovi che cessano dalle funzioni per motivi di età e la soppressione di tutte le tariffe per matrimoni, battesimi, funerali in quanto «antievangeliche». Filippo Pucci

Persone citate: Bettazzi, Cantisani, Franzoni, Giovanni Franzoni, Michele Pellegrino, Rossano Calabro