"Non esiste alcuna prova certa contro Bozano,, dice il difensore

"Non esiste alcuna prova certa contro Bozano,, dice il difensore Sette ore di arringa al processo di Genova "Non esiste alcuna prova certa contro Bozano,, dice il difensore L'avvocato ha cercato di smantellare le argomentazioni dell'accusa ed ha sottolineato che si sono raccolti soltanto indizi, molti dei quali non si allineano fra di loro - "Giudicate senza lasciarvi sopraffare dalla commozione e dall'odio che sono stati introdotti in quest'aula" (Dal nostro inviato speciale) Genova, 12 giugno. Lorenzo Bozano non è colpevole perché la catena degli indizi con cui l'accusa pretende di legarlo manca di anelli piuttosto importanti. Per esempio: dove e come fu rapita Milena Sutter? Ha detto il pubblico ministero che non è indispensabile conoscere l'esatta risposta quando si hanno le prove certe contro l'imputato. Ma questo è il punto: che l'accusa dà per certe prove che non sono certe. Ecco il senso dell'arringa con cui oggi il primo difensore, l'avvocato Silvio Romanelli, ha prospettato ai giudici della corte d'assise tutte le note d'incertezza che il processo, a parer suo, ha messo in luce attraverso il dibattimento. Ragionatore lucido, oratore pacato, il giovane penalista (33 anni) ha parlato per più di sette ore, ancora sotto l'incubo della terribile richiesta avanzata dal pubblico ministero: ergastolo. Una fatica dura. L'avvocato Silvio Romanelli ha sentito l'esigenza tattica di spezzare la catena degli indizi, isolandoli uno dall'altro, in modo da avvalorare la legittimità dei dubbi connessi alla natura indiziaria del processo. E da ciascun indizio ha cercato di far corrispondere una perplessità: il solo mezzo per arrivare a sostenere l'insufficienza di prove utile a giustificare una sentenza di assoluzione. «-Discuterò la causa con la pignoleria di un ragioniere», aveva premesso. Punto di partenza dell'arringa, gli indizi raccolti dall'accusa. «Erano 44 ma i patroni di parte civile ne hanno trattato soltanto nove: io ne aggiungo tre, per un totale di dodici». Eccoli: appostamenti in via Peschiera, davanti alla scuola svizzera frequentata da Milena; appostamenti in viale Mosto, davanti a Villa Sutter; rapporti di conoscenza fra Lorenzo Bozano e Milena Sutter; piano di rapimento; fossa di monte Fasce; cintura da sub; affondamento della vittima; macchie di orina sui calzoni; alibi; debiti dell'imputato; numero telefonico della scuola svizzera. Cominciamo dal primo. Appostamenti in via Peschiera. C'è stato un concerto monocorde, ha detto l'avvocato, fra tutti i testimoni, al fine di indicare nell'imputato il giovanotto che sostava davanti alla scuola svizzera. L'imputato, si sa, ha invece sostenuto di essersi fermato in via Peschiera una sola volta. E allora? «La difesa non dice che Lorenzo Bozano non abbia sostato davanti alla scuola svizzera e, forse, non una, ma anche dieci volte. Lì c'erano tante ragazze e non si può escludere che egli vi si trattenesse per guardarle all'uscita. Qui, il difensore si è mosso in lungo e in largo sul terreno delle testimonianze per concludere che almeno una, la più pesante, è contraddittoria: quella dell'allora studente Gian Paolo Collattuzzo, che ha riferito d'aver incontrato l'imputato in via Peschiera alle 17 del 6 maggio '71, ora e giorno della scomparsa di Mi- lena. Era il tempo, ha osservato l'avvocato Silvio Romanelli, in cui si diceva che il giovanotto in appostamento indossava una giacca blu. Ecco invece lo studente precisare ai carabinieri che il giovanotto aveva «una giacca a quadrettini marrone e bianchi, cravatta chiara e camicia scura». Appostamenti in viale Mosto. L'imputato non ha mai negato di aver frequentato la zona, che è quella di Albaro: vi abitava, lì c'erano i bar che frequentava, poco oltre c'era la casa della madre; ha sempre negato, invece, di essersi fermato in viale Mosto, dove c'è Villa Sutter. L'indizio si regge, soprattutto, sulla testimonianza di un ex amico dell'imputato, Mario Forzano: «Una mattina, poco prima delle otto, passando con l'autobus in via Orsini, ho visto Lorenzo Bozano davanti al cancello di Villa Sutter». Ma anche questo episodio non ha convinto il difensore: «Passando con l'autobus in via Orsini, non è possibile vedere il cancello della villa. Si vede il cancelletto, ma questo sì trova fra due pilastri che nascondono allo sguardo del passeggero dell'autobus chi, attraverso l'inferriata, scruta all'interno della villa. E' dunque certo che la persona notata dal testimonio fosse proprio Lorenzo Bozano?». Lorenzo Bozano conosceva Milena? L'accusa ha detto di sì, ha portato in aula un supertestimonio che ha giurato di aver visto i due a fianco a fianco, e un'albergatrice che ha raccontato di aver saputo da una zia dell'imputato che i due erano fidanzati. Il difensore ha detto di no: «Le due testimonianze sono infarcite di contraddizioni tali da far | ritenere che siano inattendibili». D'altra parte, ha rilevato, due anni di istruttoria hanno lasciato insoluto proprio l'interrogativo-principe di questo «giallo»: com'è stata rapita Milena Sutter? «Sono state prospettate quattro ipotesi, e cioè violenza, rapporti di conoscenza, corteggiamento e inganno, ma a tutt'oggi l'accusa non è riuscita a dimostrarne una». Escluse le prime tre ipotesi, ha detto l'avvocato, bisogna allora concludere che Milena salì sulla spider rossa di Lorenzo Bozano, perché attratta da un inganno. «Ma l'accusa fa acqua quando ricostruisce il delitto. Visto che non ci sono prove dirette, si affida alle deduzioni facendo morire soffocata Milena tra le 17 e le 18, cioè tra l'ora in cui la ragazza è uscita da scuola e l'ora in cui Lorenzo Bozano è stato visto a monte Fasce. Un aspirante criminale ce la fa, in così angusto spazio di tempo, a rapire la ragazza, a schizzare via con la spider rossa, correre attraverso la città, ammazzare la ragazza in piena luce del giorno, infilare la strada di monte Fasce e mostrarsi alle due testimoni che hanno dichiarato d'averlo incontrato lassù? L'accusa deve ancora precisare dove e quando Milena Sutter è stata uccisa». Piano di rapimento. Lorenzo Bozano ne abbozzò uno («Affondare, seppellre, murare»), completa di azione cronologica («Ore 9,30 telefonata numero uno con fornitura prove...»), ne parlò persino con gli amici in un ristorante cittadino. Il pubblico ministero ha affermato che non vi sono dubbi: è lo stesso piano che l'imputato realizzò quando ebbe per le mani Milena; il difensore, invece, ha sostenuto che dubbi ve ne sono e tanti: «Quel piano non corrisponde al rapimento di Milena. E anche i rimanenti indizi, a giudizio dell'avvocato Romanelli non appaiono più convincenti degli altri. La cintura da sub con cui è stato zavorrato il corpo di Milena: «Lorenzo Bozano ne aveva una e l'ha venduta: il fatto che il compratore non si sia fatto vivo, non vuol dire che l'imputato abbia mentito». L'affondamento in mare della vittima: la versione del giudice istruttore è incredibile: come si può pensare che Lorenzo Bozano abbia indossato di notte la muta da sub per evitare un eventuale riconoscimento? L'alibi: «Vale il discorso fatto per la cintura da sub: se nessuno s'è presentato per dire che Lorenzo Bozano era nei grandi magazzini nelle ore che scomparve Milena, non si può affermare che egli ha mentito». Il numero telefonico della scuola svizzera: «Lorenzo Bozano lo annotò perché, nei giorni in cui era sospettato, voleva chiedere notizie della sorte della ragazza». Concludendo: la sentenza dovrà fondarsi su un giudizio di certezza: contro l'imputato vi sono indizi, ma non prove certe. E non tutti gli indizi si allineano e combaciano fra di loro; poi manca la spiegazione certa del come, del dove Milena Sutter fu rapita ed uccisa. «Giudicate secondo coscienza — ha detto l'avvocato Silvio Romanelli ai giudici — senza lasciarvi sopraffare dalla commozione e dall'odio che sono stati introdotti in quest'aula». Domani, parlerà il «leader)» della difesa, il professor Giuseppe Sotgiù. Filiberto Dani Lorenzo Itozano

Luoghi citati: Genova, Milena