In Spagna, nuovo governo e regime ancora più duro di Sandro Viola

In Spagna, nuovo governo e regime ancora più duro Si è già aperta la successione a Franco In Spagna, nuovo governo e regime ancora più duro La lista dei ministri nominati da Carrero Bianco conferma le prime valutazioni: escono i tecnocrati (timidamente progressisti) e subentrano gli uomini della Falange - Il regime rafforza ancora le sue caratteristiche oligarchiche e autoritarie (Dal nostro inviato speciale) Madrid, 11 giugno. Il post-franchismo è già cominciato. Quando il nuovo governo nominato oggi si riunirà per la prima volta (il che avverrà domani o dopodomani) Francisco Franco non sarà più lì, come aveva fatto per 35 anni, seduto a capotavola. Molto probabilmente, come vogliono le voci che circolano, cambierà anche il luogo dove si svolgeranno d'ora in poi i consigli dei ministri: non più il Pardo o la residenza di San Sebastiano (dove il Caudillo riuniva il governo durante i mesi estivi), ma la palazzina della piazza Colon dove Luis Carrero Bianco ha sempre avuto i suoi uffici. Quello che va detto subito, comunque, di questo post-franchismo, è che esso ha il volto immobile e la sostanza del franchismo. Non c'è mutamento di penna, di timbro, di contenuto. Anzi dopo circa due lustri escono dalla stanza dei bottoni gli uomini che avevano dato adito a qualche speranza (ma soprattutto a molte previsioni affrettate) circa una Spagna « diversa ». Cadono così le ambiguità, il gioco delle interpretazioni si esaurisce, e tutto ridiventa chiarissimo. Il regime spagnolo conserva intatte le sue caratteristiche oligarchiche e autoritarie, la definitiva sparizione di Franco (o un suo eventuale ritiro in vita) lascerà le cose tali e quali. La lista del nuovo governo (rivelatasi praticamente identica a quella che circolava già da sabato scorso) mostra a prima vista questo carattere di continuità rispetto al passato. Solo che non si tratta del passato recente, quello dei ministri deWOpus Dei che nelle conversazioni private rimproveravano all'interlocutore straniero di non voler ammettere che la Spagna era ormai « un'altra ». Il « continuismo », come si dice qui, si riferisce ad un passato un po' più remoto: quello del regime ripiegato su se stesso, trionfalista, alieno da qualsiasi intenzione di mutamenti. Salgono gli uomini che hanno fatto carriera nel Moviintento, la fonte ideologica del regime. Ora, al governo, sono in otto. Quattro già ministri nell'ultimo gabinetto (e che proprio in quanto del Movimiento hanno conservato i loro posti), quattro nuovi. Tra questi c'è Utrera Molina, l'ultimo spagnolo che venga definito un « falangista al cento per ce- o ». I nuovi ministri militari non sono « ultra », ma certo provengono dalle ali più rigide e tradizionaliste delle forze armate. Vice presidente del consiglio è Torcuato Fernandez Miranda, segretario generale del Movimiento, teorico della fine storica delle democrazie. Il suo ultimo intervento importante risale al novembre scorso, dinanzi alle Cortes (il Parlamento), quando affermò che i partiti politici sono « fattori di divisione, di odii e di disastro » e che pertanto non saranno mai tollerati in Spagna « neppure allo stato di embrione ». A rendere più teatrale e punitiva l'estromissione degli « aperturisti » dell'Opus e degli altri tecnici che avevano camminato all'ombra della loro bandiera, ecco promosso a ministro della pianificazione (ministero che dal '57 era tenuto dall'Opus) Cruz Martinez Esteruelas: il deputato, cioè, che li aveva accusati di corruzione al tempo dello scandalo « Matesa ». Nessuno è riuscito a salvare dalla « purga » Gregorio Lopez Bravo, neppure gli americani che vi avevano puntato sopra da anni, e che qui sono molto ascoltati. L'ex ministro degli Esteri viene sacrificato per placare le destre: i generali « africani » che lo rimproveravano d'essere troppo paziente con i marocchini, gli anticomunisti incontenibili che ormai lo ritenevano — solo perché aveva avviato rapporti consolari con l'Urss — un agente di Mosca. Ma l'operazione d'avvio della macchina post-franchista non tocca solo il governo. C'è uno strumento che ora dovrà essere messo a punto, ancora più perfezionato (in senso « continuista ») di quanto già non fosse. E il Consiglio del Regno, l'organo che sottopone al Capo dello Stato la terna di nomi da cui trarre quello del primo ministro. Sinora, il Consiglio del Regno (16 membri, sei nominati dal Capo dello Stato e 10 eletti dalle Cortes) aveva avuto un'importanza pressoché nulla, perché Franco non aveva mai chiesto consigli a nessuno. Adesso bisognerà rinvigorirlo con gli in- nmnr nesti giusti, in modo che diventi (quando a scegliere il primo ministro sarà Juan Carlos divenuto re di Spagna) un'altra garanzia di continuità franchista, e baluardo contro qualsiasi voglia, che dovesse venire al giovane re, di cambiare le carte del gioco. E' stata insomma, per la Spa¬ gna, una settimana decisiva. Naturalmente, come avviene in questo tipo di paesi, nessuno salvo Franco, Carrero Bianco e pochissime altre persone hanno avuto voce in capitolo in tutta l'operazione. Gli oppositori non possono fare altro che scuotere la testa, il popolo è indifferente. Ma non tutti quelli che con¬ tane sono soddisfatti. La Borsa è salita, è vero, ma all'inaugurazione della Fiera di Barcellona, l'altro ieri, c'erano facce di industriali preoccupate. L'Europa sembra infatti, con il governo dell'ammiraglio Carrero Bianco, un po' più lontana di prima. Sandro Viola a o . Madrid. L'ammiraglio Carrero Bianco giura alla presenza di Franco (Tel. Ansa)