Riverniciato lo "stellone" di Giovanni Arpino

Riverniciato lo "stellone" Riverniciato lo "stellone" (Nessuna illusione: il Brasile ai "mondiali" sarà un'altra cosa) (Dal nostro inviato speciale) Roma, 9 giugno. Lo « stellone » della nazionale si è dato all'Olimpico una bella riverniciata. La vittoria degli azzurri sui « cariocas » ha commosso ed esaltato il pubblico anche al di là degli obiettivi meriti della nostra squadra. Riconosciamo che, sul finire della stagione, disputare almeno cinquanta minuti di discreto livello è già una bella consolazione. I nervi fragili dei brasiliani (troppo rissosi, tanto che il loro commissario è entrato in campo a calmarli dopo il secondo gol), un pizzico di fortuna, un arbitraggio certo non sfavorevole hanno consentito ai « nostri » di rimediare a diverse sfasature, di sfruttare alcune buone occasioni malgrado le luci alternate di un centro campo fantasma. Non creiamoci illusioni pericolose: i negroni del Brasile sono abbastanza « facili » — pur parlando con rispetto — durante questa tournée in Europa. Li abbiamo sempre battuti con una certa tranquillità, schierassero o no in loro re Pelé. Poi quando scatta l'ora dei « mondiali » ecco che la formidabile équipe carioca mostra il suo vero volto, costruito su schemi di alta classe, su automatismi di alto livello. Stavolta però i problemi di Zagalo sono molti: in Germania, nel '74, non sarà favorito dall'altura, e l'assenza di due costruttori ma anche goleador quali Tostao e Pelé impoverisce grandemente la macchina brasiliana. Non è solo dominando palla com'è costume degli Harlem Globetrotters che si vincono le grandi competizioni. Pur accanendosi con grandi dispetti e operando un forcing per quasi tutta la ripresa, gli «orfani» di Pelé hanno sbattuto il muso contro uno Zoff superlativo, contro un Sabadini e un Burgnich in gran vena. Benché il filtro del nostro centrocampo non operasse resistenze in questo periodo decisamente brutto, gli azzurri hanno potuto costruire le più facili e classiche occasioni in contropiede: segno che il calcio ali italiana è tutt'altro che superato. Ma Chinaglia, subentrato a Riva, ha buttato fuori due palloni veramente natalizi (tanto da strapparsi i capelli), non sfruttando eccellenti palloni servitigli da Rivera e da Pulici. Su tutti, tra i nostri, vanno lodati Pacchetti e Sabadini nel primo tempo, ancora Sabadini e Pulici nel secondo. Benetti ha dovuto dannarsi l'anima rischiando e soprattutto facendo rischiare caviglie e tibie per turare buchi un po' dappertutto, visto che Rivera era renitente alla copertura e che Mazzola si è esiliato qua e là con gran dispitto caratteriale. Questa vittoria ci voleva. Però non va sopravvalutata. Dimostra nei suoi limiti che il nostro football ha uomini vivi, e che se gli schemi sono avari, basta applicarli con rigore per metterli a frutto. Molte rotelline della squadra nazionale vanno ovviamente riadattate e unte con un buon olio di gomito. Burgnich è un anziano, ma sappiamo già chi può essere il suo valido sostituto. Un Re Cecconi è alle porte per dare verbo a quel dannato settore croce e mai delizia del nostro football moderno. Rivera, con la sufficienza avvocatesca che gli è nota dice che da un secolo sente parlare dei problemi riguardanti il centro campo. Non aggiunge che se ne parla proprio perché il problema è ancora da risolvere. Con maggior fortuna, e spicciandosi nel corso del loro forcing anziché dilettarsi a trucchetti di pura delizia barocca, i « cariocas » sarebbero forse riusciti a passare. Sempre che Zoff permettesse. Ma per troppe fasi i « gialli » sono stati toreati, affrontati e bloccati nella zona che sta tra la linea del centro campo e l'area dove Sabadini, Marchetti, Burgnich e Capello (con Pulici che si sacrificava nei recuperi) si sdoppiavano per difendere. Rivellino e Paulo Cesar con Luiz Pereira, un terzino dalle lunghe leve che sa scattare benissimo in avanti, sono apparsi i migliori dei cariocas. Jairzinho non è più la punta di diamante che ci era apparsa in Messico. Ma cosa può fare una tigre se i suoi domatori e maestri, cioè Pelé e Tostao, non sono presenti a rifornirlo? Il giubileo è partito bene sull'erba dell'Olimpico. Può ripetersi a Torino contro gli inglesi che mazzolano calcio fiondato anziché perdersi in giocolierismi che consumano bulloni, tempo e momenti adatti. Zio Ferruccio sorride con una bocca larga così ed ha ragione. Se i suoi uomini hanno risposto in questo modo vuol dire che la riserva della nostra pedata ha ancora qualche discreta botte in cantina. Giovedì potremo riesaminarla con la prova del nove, davanti ai « bianchi » di Sir Ramsey che arriverà a Torino con il dente avvelenato dai polacchi. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Brasile, Europa, Germania, Messico, Roma, Torino