Ieri il bambino tornato a scuola

Ieri il bambino tornato a scuola Ieri il bambino tornato a scuola (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 8 giugno. Forse c'è una pista per giungere ai rapitori di Mirko Panattoni, il bimbo rilasciato dopo un sequestro di 17 giorni e un riscatto di 300 milioni. Essa parte da una rapina avvenuta circa un mese fa sul confine svizzero ai danni di un contrabbandiere di valu- j ta. Il « colpo » avrebbe fruttato 120 milioni e non è mai stato denunciato. I soldi sarebbero serviti a finanziare il rapimento: alcuni milioni ai due giovani che hanno catturato Mirko dopo il furto della Volkswagen (non erano del posto perché hanno agito a viso scoperto); altri soldi alle due donne che avrebbero vigilato sul bambino durante la prigionia; altri per l'affitto del rifugio segreto. Il capo E a a e n i e e ce o l à d ena el n a a e a e, en o meadella banda, che si sarebbe formata apposta per il sequestro di Panattoni, avrebbe compiuto la rapina e organizzato il rapimento. Egli avrebbe poi trattato per telefono da una città fuori della circoscrizione bergamasca (per evitare la localizzazione della chiamata) con Enrico Panattoni e con i complici. Questa per ora è una ipotesi. Di ufficiale c'è che vengono vagliati gli spostamenti, la posizione e le amicizie di tutte le persone sospette. Inoltre è quasi certo che l'ultima telefonata dei banditi (quella del rilascio di Mirko) non è stata fatta nella circoscrizione di Bergamo, sembra provenisse invece da una grande città: forse Milano o Torino, segno che era stato predisposto un piano con orario a scadenze precise, per cui il bimbo è stato rilasciato pochi minuti prima della telefonata. Dove è vissuto Mirko nei 17 giorni del sequestro? E' probabile in una cascina o in un casolare compreso nel triangolo formato da Vercurago, Bergamo e Treviglio: quasi al centro vi è Pontida, la cittadina dove i banditi hanno abbandonato il loro ostaggio; forse la casa è presso Sotto il Monte, paese di papa Giovanni XXIII, negli scorsi giorni affollato da pellegrini: tra tanta gente, i movimenti (come l'acquisto di vettovaglie nei negozi) di persone sconosciute non avrebbero destato alcun sospetto. E' impensabile invece che i rapitori avessero trovato rifugio nelle valli del Bergamasco alto: in questa zona, sin dal primo giorno del rapimento erano stati predisposti particolari accertamenti e il controllo è stato costante (la località è da tempo perlustrata in quanto si ritiene sia spesso rifugio di estremisti di sinistra e di destra, appartenenti ai gruppuscoli di Milano e di Bergamo). Il « triangolo » offre molte garanzie di sicurezza: verso Lecco ha strade che portano a Como (e di qui all'autostrada Milano-Torino, dove sembra sia stato consegnato il denaro del riscatto) e in Svizzera; verso Treviglio, le vie di comunicazione portano alla bassa Bergamasca. Non a caso le banche svizzere sono state avvertite che il pagamento dei 300 milioni è avvenuto in biglietti da 5 mila e 10 mila lire e sono state invitate a collaborare qualora i soldi finissero nella Confederazione. Mirko Panattoni ha fatto alcune dichiarazioni sui suoi rapitori e sulla prigionia. La volontà del bimbo però sarebbe stata condizionata dai banditi: secondo gli inquirenti, lo proverebbe il fatto che per due volte mentre era nascosto nella siepe dopo la liberazione non ha riconosciuto l'auto di suo padre e l'avv. Tremaglia, suo padrino di battesimo; anzi è fuggito, per fermarsi (alzando un braccio) soltanto quando ha visto il brigadiere Cossarino in divisa. Sembrava che avesse ricevuto l'ordine di consegnarsi a un agente o a un vigile. Il bimbo ha poi detto di essere rimasto per 17 giorni in una stanza buia: è improbabile, viste le condizioni di salute in cui è tornato a casa. I banditi sembrano poi vogliano dare di se stessi un'immagine diversa da quella reale: lo dimostrano due fatti. Enrico Panattoni, padre di Mirko, ha detto: « Durante una telefonata, che durò circa 15 minuti, uno dei banditi mi ordinò di non guardare le fotografie che la polizia mi avrebbe fatto vedere perché sarebbe stato pericoloso ». Il piccolo Mirko ha detto alla mamma: « Uno di quei signori mi raccontò che in gioventù aveva commesso un errore e allora aveva incominciato a vivere con le rapine perché la società lo aveva escluso »: un discorso insolito, se fatto ad un bimbo di 8 anni, magari con una maschera sul volto. Non c'è alternativa: o i banditi sono ingenui o tentano di accreditare l'ipotesi di una banda di pregiudicati che ritiene i sequestri di persona più lucrosi e facili delle rapine. La prima supposizione sinora non regge al riscontro dei fatti. La scelta della vittima, ad esempio: un commerciante non molto ricco e non un grosso nome, che avrebbe mobilitato maggiormente l'opinione pubblica in tutta l'Italia; la scelta dell'auto: una Volkswagen, che ha finestrini non spaziosi e non consente una buona visibilità dall'esterno all'interno; ièavpD

Persone citate: Enrico Panattoni, Giovanni Xxiii, Mirko Panattoni, Panattoni, Tremaglia