Sì alla mozione comune

Sì alla mozione comune Sì alla mozione comune (Segue dalla V pagina) vrebbe portare dopo il congresso, per progressive fusioni, al superamento degli aspetti meno utili del sistema delle correnti». Ma se è probabile che il congresso si chiuda con un documento comune, appare sempre meno probabile che si arrivi ad una lista unica. Nel corridoio del congresso i giornalisti si sono avvicinati a Fanfani e a De Mita. Diceva Fanfani: «Evidentemente non avete letto il documento di Palazzo Giustiniani. In esso si auspica "la formazione di una chiara, salda larga convergenza su una mozione comune ed eventualmente in una lista comune"; la lista comune quindi è un'ipotesi». De Mita: «Non parliamo più di listone, parliamo di liste». De Mita è sempre stato contrario alla lista unica. Cerchiamo di dare un'interpretazione. Fanfani, dopo tanto silenzio, si è scomodato per riunire tutto il partito in un momento difficile e nella sua opera ha trovato l'alleanza di Colombo («Possiamo definire straordinario questo congresso, perché deve rilanciare l'iniziativa politica») e di Moro, il consenso di Rumor, la non opposizione di Andreotti. Delle altre due correnti (tutte e due di sinistra) quella di Donat-Cattin ha detto subito si («Se l'unità del partito si forma sulla proposta di Centro Sinistra, non si può pensare di avermi all'opposizione»). Il documento poteva anche non soddisfarlo pienamente, ma in politica non si può avere tutto. Quella di De Mita invece ha detto subito no alla lista unica e un sì non del tutto convinto al documento, che avrebbe preferito nella prima versione e non nel testo concordato nell'incontro di Palazzo Giustiniani. Il no di De Mita è giustificato da una dichiarata esigenza di chiarezza, ma potrebbe anche aprire il varco a una votazione non compatta sul documento. E quando nella de si comincia con le distinzioni non si sa dove si finisce. Per questo il no demitiano potrebbe avere conseguenze non prevedibili. Ma dopo la dichiarata esigenza di chiarezza c'è un altro motivo che spiega il suo rifiuto ed è il timore di contar meno. «Forze nuove» (Donat-Cattin) e «la base» (De Mita), una volta confuse nel listone, come si troverebbero? Donat-Cattin è con Moro, il successo di Moro è un successo di Donat-Cattin. Non solo, ma il leader di «Forze nuov» può vantarsi di aver cacciato (egli ama i termini imaginifici) Forlani dalla segreteria. Quindi c'è un suo apporto alla nuova linea che dovrebbe uscire dal congresso. La «base», invece, rischia di rimanere accantonata. Il documento presuppone un organigramma che mette (per ora) Rumor al governo, che dà tutto il potere nella de a Fanfani, che fa di Moro l'ideologo, che riporta in primo piano Colombo. Sono uomini della seconda generazione. Tutto ciò suona sconfitta della terza generazione, quella dei quarantenni di San Ginesio. Gira e rigira, in questo congresso lo scontro è anche generazionale; in tutte le correnti passa la linea di San Ginesio e in tutte le correnti (fanfaniana e doro tea soprattutto) ci sono malumori. g. tr.

Luoghi citati: San Ginesio