I cugini difficili di Mario Bonini
I cugini difficili Testimonianze sul comunismo I cugini difficili Giulio Cerreti: « Con Togliatti e Thorez », Ed. Feltrinelli, pag. 387, lire 3800. La nuova collana « Biblioteca di storia contemporanea », diretta da Massimo L. Salvadori e Nicola Tranfaglia per l'editore Feltrinelli, è il primo esempio, crediamo, di un criterio metodologico innovativo e aperto, che lascia largo spazio alla memorialistica e alla documentazione di prima mano, cioè a elementi che certe scuole confinano a monte del lavoro storiografico vero e proprio, quasi si trattasse di materia grezza da censire e decantare per renderla attendibile, e non di un contributo in sé valido alla conoscenza di un'epoca. Accanto a due sezioni, dedicate rispettivamente a opere generali di storia italiana e non italiana e a ricerche monografiche particolari sulla storia del nostro Paese dall'unità a oggi, la collana ne comprende infatti un'altra, in cui vengono ospitati materiali di riflessione e di documentazione su esperienze politiche vissute in special modo da esponenti e militanti del movimento operaio e socialista; ed è proprio con un'opera di questo genere che l'editore ha presentato la nuova collana al pubblico. Il nome di Giulio Cerreti non dice forse molto ai giovani, e nemmeno ai militanti comunisti e socialisti della generazione di mezzo. Eppure Cerreti è uno dei testimoni più autorevoli del periodo che va dalla scissione di Livorno all'ultima fase del « toglialtismo» , passando per le fasi drammatiche dell'emigrazione antifascista, della guerra di Spagna, dell'apogeo e del declino del Komintern, della « svolta di Salerno », dello scontro frontale fra comunisti e democristiani dopo il 1947, dell'avvio del « dialogo con i cattolici ». Ma la citazione di tutte queste tappe rischia di celare alcuni dei principali motivi d'interesse del libro e di renderne difficilmente comprensibile lo stesso titolo. Cerreti, ora settantenne, è infatti un tipico esemplare di quei quadri comunisti che, costretti all'esilio dopo la i aduta del fascismo, identificai'ono la loro fede politica con una milizia che trascendeva confini, tradizioni e culture nazionali. I più scelsero fin dall'inizio l'attività nella Terza Internazionale, alcuni conservando la cittadinanza italiana, altri prendendo quella sovietica; Cerreti, dedicatosi ancora giovanissimo in Francia a un duro lavoro di propaganda e di proselitismo fra gli immigrati italiani, fu attratto dal severo esempio del partito comunista francese e ne divenne, sotto falso nome, un dirigente di primo piano. Legato a Maurice Thorez da un sentimento di ammirazione e di autentica devozione, ne ebbe l'assoluta fiducia, tanto che molti anni dopo, rientrato in Italia e ripreso il suo posto nel partito di Togliatti, potè continuare a svolgere delicate missioni di collegamento fra i due partiti, spesso divisi da divergenze politiche e tattiche non trascurabili. Queste divergenze, ricorda Cerreti, erano dovute in parte alla diversità di struttura e di composizione sociale: prevalentemente « operaistico » il partito francese, largamente « inquinato » quello italiano da intellettuali d'estrazione borghese, e « interclassista » nella misura in cui ciò era ed è reso necessario dal ritardato sviluppo sociale ed economico del Paese. Ma ad accrescere, specie in alcuni momenti critici per il movimento comunista, la difficoltà di comunicazione e di comprensione fra i due partiti contribuivano, come Cerreti non esita a dire, anche le differenze di formazione e di temperamento fra i due leaders. A un Thorez combattente e tribuno, rigido fautore di un'assoluta fedeltà al modello sovietico e di un'altrettanto assoluta preminenza dello scontro frontale di classe sul tatticismo parlamentare, l'autore contrappone infatti un Togliatti professorale e a volte sofista, alieno dagli slanci e dalle confidenze. Cerreti non contesta direttamente la teorizzazione togliattiana della « via italiana al socialismo », anzi l'assume come punto fermo della politica del partito comunista italiano; ma non manca di osservare che « sarebbe eccessivo attribuire valore di scuola a dei tentativi tattici più o meno coronati da successo, a un metodo di ricerca innovatore e a una stra¬ tegia del socialismo legata intimamente all'ambiente sociale e nazionale. Così operando si darebbe giù per scontato ciò che è ancora di là da venire: la realizzazione del socialismo per via democratica e pacifica. Al giorno d'oggi il quadro dell'apporto teorico e politico di Gramsci e di Togliatti alla ricerca di " nuove vie " per giungere al socialismo in Italia, per ricco che sia, non può assurgere a valore di scuola, mancando a esso l'ultima decisiva pennellata: quella del potere ». L'argomento può sembrare grezzo, ma non è per questo meno persuasivo; e l'autore non nasconde che, a suo giudizio, fino ad oggi « la sola grande esperienza, pur con le sue ombre, che abbia mantenuto valore universale di esempio e di scuola è quella sovietica ». Si potrebbe obiettare che, sul terreno dei fatti, il valore di questa esperienza non è stato ancora dimostrato per l'Occidente, mancando, appunto, « l'ultima decisiva pennellata: quella del potere ». Le figure di Togliatti e Thorez sono quelle dominanti, ma non le uniche nella narrazione spesso appassionata e quasi mai reticente di Cerreti. Vi sono scorci rapidi, e non di rado polemici, su personaggi chiave del movimento comunista internazionale, da Stalin a Longo, da Marty ai dirigenti del Komintern (che, nel 1943, vediamo sbalestrati e amareggiati dalla decisione sullo scioglimento dell'organizzazione, presa da Stalin senza consultarli). Ma il difficile rapporto fra Togliatti e Thorez è il motivo ricorrente di queste memorie. Di Togliatti, sempre riservato e prudente, Cerreti non è in grado di citare molti frizzi polemici sul conto del dirimpettaio francese. Questi, invece, non lesinava le frasi corrosive. Una delle più gustose è la seguente, pronunciata nel 1956, all'indomani del « rapporto segreto » di Kruscev e della famosa intervista di Togliatti a Nuovi argomenti: « Giungere a intendersi nella diversità come teorizza Togliatti è un'arte che solo la Chiesa, fino ad oggi, conosce: ina essa ha duemila anni e noi siamo appena giunti all'età della ragione ». Mario Bonini Palmiro Togliatti, visto da Levine (Copyright N. Y. Ucview of Books. Opera Mundi e per l'Italia l-a Stampa) Thorez con la moglie a Roma, in carrozzella
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